XXI secolo: il diritto allo studio nelle università di Roma

a cura di Barbara Pianca*
Come funzionano le università italiane nel XXI secolo? Accolgono con efficienza gli studenti con disabilità? Lo abbiamo chiesto direttamente ad alcuni di loro, incominciando da tre atenei di Roma e contando di dare spazio prossimamente alle esperienze vissute in altre città

Qual è lo stato attuale dell’accessibilità delle università italiane, intesa in senso ampio e non limitatamente alle barriere architettoniche? Proviamo a chiederlo direttamente agli utenti, ovvero proprio ad alcuni studenti con disabilità e lo facciamo partendo da Roma, per la quale abbiamo preso in considerazione tre diverse università, due pubbliche e una privata.
Si tratta, rispettivamente, della Sapienza, di Roma Tre e della Luiss (Libera Università Internazionale degli Studi Sociali). Per ognuna di esse abbiamo parlato con uno studente iscritto.

Luiss: una scelta di tranquillità
Non mancano mai le barriere e gli scalini, nemmeno nelle università del XXI secolo!Alla Luiss studia Giacomo Spartano, venticinque anni, che sogna di diventare presentatore televisivo. Dal 2001, intanto, frequenta la Facoltà di Scienze della Comunicazione ed è prossimo alla laurea specialistica.
Ci spiega che la Luiss non è dotata di un ufficio dedicato agli studenti con disabilità, ma che per lui non è un problema: «Ho scelto la Luiss perché non ci sono molti studenti. Il rapporto con i professori è abbastanza personale e anche i servizi e l’apparato burocratico, servendo ad un numero contenuto di utenti, sono efficienti».

Quindi non senti il bisogno di un ufficio specializzato?
«No. C’è un ufficio di orientamento per tutti e mi sembra sufficiente. Inoltre la Luiss mette a disposizione un servizio di trasporto attrezzato e gratuito. Mi è utilissimo. Il pullman mi trasporta dalla residenza universitaria, dove abito, alle aule in cui assisto alle lezioni. In questo momento ne usufruiamo in quattro».

Quali sono le tue difficoltà principali nella vita studentesca?
«I motorini dei miei colleghi: molte volte la passerella di accesso all’edificio universitario ne è letteralmente ingombrata ed è una cosa che succede molte volte. A Roma infatti, com’è ben noto, è difficile trovare parcheggio e così, chi non trova di meglio, lascia il motorino senza riflettere. A volte li faccio spostare e più spesso chiedo all’autista di sollevarmi sul marciapiede… ci ho rimesso la spalliera della sedia. Solo da un po’ i vigili hanno ricominciato con le multe. Più in generale devo dire che la maggior parte degli edifici sono accessibili. Il bar ha degli scalini, ma non ci vado molto spesso. Inoltre, come la maggior parte dei bar e ristoranti della zona, ha dei tavolini all’aperto e mi metto lì».

Ritieni di aver vissuto delle limitazioni rispetto alle tue possibilità di socializzazione?
«Soprattutto per via dei trasporti. Sono uno studente fuori sede, originario di Lecce, e non ho la residenza qui. Come non residente, non ho dunque diritto ai servizi gratuiti che il Comune di Roma offre ai propri cittadini e perciò, ogni volta che devo spostarmi e non si tratta di andare a lezione, mi rimetto alla disponibilità degli amici, anche se non mi piace chiedere sempre aiuto. Oppure devo pagare un servizio attrezzato (51 euro per mezz’ora di strada!)».

Come miglioreresti il servizio offerto?
«Nel mio caso non avverto problemi strutturali od organizzativi. Punterei soprattutto sulla sensibilizzazione, una parola bella a cui non è sempre facile dare contenuto. Da alcuni anni penso che mi piacerebbe organizzare conferenze e giornate a tema all’interno dell’università, per comunicare il lato “umano” della disabilità».

Quindi, nel complesso, la tua è un’esperienza felice?
«Sono stato abbastanza fortunato, ho trovato una bella accoglienza e una struttura attrezzata, non ho sentito limiti. I problemi li ho incontrati più all’esterno, quando ho dovuto relazionarmi con la città di Roma».

Roma Tre: gli esami al bar
Trentatré anni, Andrea Venuto si è laureato l’anno scorso in Scienze dell’Educazione nella Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università Roma Tre. Vi si era iscritto nel 2001.

Roma Tre è dotata di un ufficio specializzato?
Andrea Venuto si è laureato in Scienze dell'Educazione all'Università Roma Tre«Sì. Si chiama Ufficio Handicap ed è un’interfaccia tra studenti disabili e università. Aperto dal 2000 circa, all’inizio forniva servizi di tutoraggio. Oggi la struttura è molto più organizzata. A me è stato utile soprattutto come tramite con la segreteria studenti. Infatti gli sportelli hanno orari rigidi e non sempre è possibile farli coincidere con gli orari di un accompagnatore. Inoltre, l’ufficio si occupa di orientamento, tutoraggio e anche di accompagnamento».

Fornisce un servizio di trasporto?
«Vale solo per i residenti nella Provincia di Roma. Anch’io, quindi, che abito in un paese vicino alla capitale, potrei usufruirne, ma è molto rigido e non consente variazioni di orario o destinazione. Così mi sono organizzato con un mezzo privato, d’accordo con un compagno di studi».

I locali universitari sono accessibili?
«Non tutti. In particolare in centro città, dove ho studiato, alcuni palazzi vecchi di pregio non possono essere adeguati. Così mi è capitato di dare esami al bar e perfino in auto… Ci sono poi alcuni bar con barriere e anche biblioteche interrate senza ascensore accessibile. Ho dovuto contare soprattutto sulla disponibilità delle persone e sono stato fortunato: la mia facoltà è piccola e questo, già di per sé, mi ha aiutato».

Ritieni di aver vissuto delle limitazioni rispetto alle possibilità di socializzazione?
«Non poter accedere a un luogo pubblico come una biblioteca porta anche un disagio rispetto alla socializzazione, un limite all’autonomia».

Quali sono state le difficoltà principali nella vita studentesca?
«Tutte le difficoltà normali si amplificano. Credo sia più difficile per uno studente con disabilità grave, perché l’Università fornisce un servizio di accompagnamento e non di assistenza. Si sono attrezzati per eventuali corsisti non vedenti, hanno alcuni libri in braille, possono registrare le lezioni, ma molte situazioni di difficoltà rimangono scoperte».

Com’era la situazione all’inizio, quando ti sei iscritto?
«Si parla di oltre dieci anni fa, un’epoca in cui di servizi non ce n’erano e molti più locali di oggi erano inaccessibili. Attualmente vorrei che, pur nei limiti di una necessaria standardizzazione, i servizi specializzati si rivolgessero ad ogni persona e non ad ogni categoria di disabilità. E poi sarebbe certamente necessario un buon servizio per i trasporti».

Studente-lavoratrice alla Sapienza
Per ultima, ma non ultima, la principale università statale di Roma, La Sapienza, della quale ci parla Maura Peppoloni, quarantunenne, iscritta alla Facoltà di Psicologia (corso di laurea in Scienze e Tecniche Psicologico-Sociali di Analisi e Intervento nel Lavoro, nelle Organizzazioni, nelle Istituzioni).
Maura è una “studente-lavoratrice”: ha infatti un impiego a tempo pieno e studia nei momenti liberi. Le mancano ancora un po’ di esami.

Perché ti sei iscritta all’università?
Maura Peppoloni lavora e studia Psicologia all'Università della Sapienza di Roma«Per studiare psicologia. Avrei voluto farlo appena diplomata, nell’ormai lontano 1983, ma allora i miei genitori lavoravano e nessuno mi poteva accompagnare. In seguito, con l’istituzione dei servizi supportati dagli obiettori di coscienza, ho potuto accedere almeno agli esami (non ho mai frequentato le lezioni), farmi comprare i libri, disbrigare pratiche universitarie e così via».

Ti piace quello che studi?
«Sono molto soddisfatta degli argomenti; studiare psicologia è sempre stato il mio sogno. Inizialmente pensavo di prendere l’indirizzo clinico, ma quando è uscito questo corso, ho pensato che mi potesse offrire maggiori sbocchi lavorativi senza allontanarmi dal mio sogno».

La Sapienza è dotata di un ufficio specializzato?
«Sì. All’inizio è stata importante per me la presenza del SID (Servizio Informazioni Disabili), uno sportello molto dinamico che provvedeva a diversi servizi per gli studenti con disabilità di psicologia. Oggi non c’è più e al suo posto c’è lo Sportello per i Diritti delle Persone Disabili, con il quale francamente ho avuto alcuni problemi: esami non prenotati, non sempre attenzione alle nostre esigenze».

I locali universitari sono accessibili?
«All’università vado solo in occasione degli esami e per i colloqui con i professori; l’accessibilità in facoltà è buona, ma a volte, per sostenere esami fuori facoltà, vengono prenotate aule non accessibili. È così che sono finita da sola in una stanza con un “controllore” a vista…».

Quali sono le tue difficoltà principali nella vita studentesca e come miglioreresti il servizio offerto?
«Un problema in cui ultimamente mi sono imbattuta è stato l’orario degli esami: alle otto del mattino. Immaginate per una persona con disabilità, completamente dipendente da un’assistente, dover essere all’università alle otto del mattino a Roma! L’ho fatto presente allo Sportello per i Diritti delle Persone Disabili e mi sono sentita dire che era un problema mio e lo dovevo risolvere da sola. A parte il fatto che credo che sia un problema di molti studenti con disabilità, mi sono veramente sentita “disabile”. In generale, poi, ritengo che sarebbe auspicabile un servizio di trasporto più mirato e maggiore supporto e attenzione alle nostre esigenze».

*Testo già apparso nel n. 161 di «DM», giornale nazionale della UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) e qui ripreso per gentile concessione di tale testata.

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