La medicalizzazione della scuola è un grave pericolo

L'allarme è stato lanciato dall'associazione "Giù le Mani dai Bambini" di fronte ad organismi composti da sedicenti esperti che promuoverebbero anche nelle scuole l'uso di psicofarmaci come il Ritalin e il Prozac tra i bambini affetti da deficit dell'attenzione e iperattività (ADHD). Ampio anche dal mondo accademico e politico il sostegno alla denuncia di "Giù le Mani dai Bambini"

Disegno con bambini e creature di fantasia«Attenzione alle associazioni che promuovono pure nelle scuole l’uso di psicofarmaci (Ritalin e Prozac) tra i bambini affetti da ADHD, il disturbo da deficit di attenzione e iperattività»: questo il messaggio lanciato nei giorni scorsi con forza dall’Associazione “Giù le Mani dai Bambini” in occasione di quanto emerso recentemente in Emilia Romagna, ove, secondo Gianni Zappoli, delegato del Centro Formazione e Ricerca Don Lorenzo Milani, «anche a Bologna c’è chi caldeggia l’uso degli psicofarmaci come il Ritalin e il Prozac tra i bambini. Visto però che l’AUSL è cauta sulla prescrizione “facile” di questi farmaci, alcuni genitori sulle spine cancellano i figli dalle liste nei centri di Bologna e li portano altrove, ad esempio a San Donà di Piave, dove si ottengono le prescrizioni senza problemi».

Com’era facile intuire, la vicenda ha sollevato varie reazioni, a partire da quella dello stesso Luca Poma, portavoce nazionale di “Giù le Mani dai Bambini” che ha dichiarato: «Sono due anni che presso la competente Direzione Generale del Ministero della Pubblica Istruzione giace una richiesta, completa di documentazione scientifica, per una circolare nazionale che ponga ordine nella scuola ed eviti l’assalto da parte di “sedicenti esperti” che stanno letteralmente invadendo le scuole in varie città d’Italia (segnalazioni ci sono pervenute non solo da Bologna, ma anche da Roma, Frosinone, Sassari, Palermo, Messina, Belluno e altre ancora), propagandando l’uso degli psicofarmaci come soluzione ai disagi comportamentali dei minori e il ministro Fioroni ne è al corrente, dal momento che in tal senso ci sono stati anche appelli di risonanza pubblica. Il problema, però, è stato ignorato e ora chi di dovere dovrà prendersi responsabilità tecniche e politiche per quanto sta accadendo in molte zone del nostro Paese: in particolare, il messaggio che si cerca di far passare con alcuni “corsi di informazione e specializzazione” per insegnanti è che la strada per la soluzione del disagio è la medicalizzazione, con numerose associazioni di genitori, sedicenti esperti della materia, che si improvvisano conferenzieri nelle scuole e se del caso anche medici, consigliando psicofarmaci ad altri genitori. Per forza poi assistiamo a “migrazioni” come quelle avvenute a Bologna, dove i bambini vengono sottratti all’ASL di competenza, giustamente prudente nel somministrar loro molecole psicoattive, e portati presso strutture dalla “ricetta facile”. Questo dimostra tra l’altro che i protocolli dell’Istituto Superiore di Sanità sono carenti: perché un bambino, infatti, sarebbe sano a Bologna e malato altrove?».

Dal canto suo, l’Ufficio Scolastico Regionale dell’Emilia Romagna – chiamato in causa dall’Associazione “Giù le Mani dai Bambini” per il fatto di avere patrocinato alcuni di questi corsi – ha rigettato l’accusa, affermando, per tramite del dirigente Luigi Catalano, che comunque «le singole scuole, in regime di autonomia, godono di piena discrezionalità, tramite i loro organi (collegio dei docenti e consiglio d’istituto), nell’accettare una proposta di carattere informativo o formativo, riconosciuto o meno».

E in ogni caso le prese di posizione sono arrivate anche da altre parti. Ad esempio la CISL Scuola si è espressa chiaramente con le parole del segretario nazionale Francesco Scrima: «Queste ingerenze nella scuola devono essere fermate, e a questi “sedicenti esperti” non dev’essere più permesso di mettere piede in un istituto scolastico, se del caso si faccia appello alla magistratura. Inoltre, la medicalizzazione della scuola è davvero un pericolo: infatti, i problemi comportamentali dei bambini sono spesso attribuibili alla situazione educativa e la soluzione non può che essere quella di recuperare il rapporto della scuola con le famiglie, che sovente è compromesso».

Due volti di bambiniSu un’analoga linea si esprime Angela Nava, presidente nazionale del CGD (Coordinamento Genitori Democratici), secondo la quale «siamo dinanzi ad una vera e propria “delega educativa” che coinvolge genitori e docenti: si dice che il problema è di competenza medica e si chiama in causa lo specialista. I genitori devono fare il loro lavoro di educatori, non entrare nelle scuole e disegnare scenari che inducono all’uso di psicofarmaci. Lo psicofarmaco “tranquillizza”, in fondo noi adulti vogliamo stare più tranquilli e non siamo pronti ad accettare la sfida del disagio. Ormai poi sono “tutti esperti di qualcosa”, meno che di ciò di cui dovrebbero essere esperti davvero, vale a dire le dinamiche educative».

Un vero e proprio “fuoco di fila” proviene poi dal mondo scientifico e accademico. Emilia Costa, ad esempio, decana di psichiatria dell’Università La Sapienza di Roma, afferma: «In quarant’anni di psichiatria ne ho viste tante, ma superficialità a questi livelli davvero mai: “tuttologi’ improvvisati che consigliano farmaci ai bambini. Si tratta di un fatto gravissimo e i “nomadi della ricetta” che vanno a caccia dello psicofarmaco anche quando non serve, si rivelano ignoranti e creduloni».
Enrico Nonnis, poi, neuropsichiatra infantile di Psichiatria Democratica, sottolinea trattarsi di «una cosa folle. Al giorno d’oggi qualsiasi situazione che va ad interferire con i processi scolastici deve avere una risposta medico-psichiatrica, e genitori ed insegnanti vedono la malattia come “rifugio”, abdicando al proprio ruolo di educatori».
E ancora, secondo Marco Catalano, psichiatra del San Raffaele di Milano, «si attende l’ultimo minuto e poi ci si aggrappa allo psicofarmaco come fosse la “bacchetta magica”. La responsabilità è anche delle istituzioni, poiché questi genitori dovrebbero essere formati in modo più adeguato».
Il noto psicoterapeuta Federico Bianchi di Castelbianco evidenzia infine come «questi disagi del comportamento ci siano sempre stati. Il problema è che adesso sono tutti incanalati verso soluzioni farmacologiche. I genitori non capiscono che le cause del disagio di un bimbo sono decine e tutte diverse, e quindi “etichettano” tutto sotto un’unica voce: l’iperattività, che ha la soluzione già pronta, lo psicofarmaco. Poi ovviamente propagandano malamente questa soluzione nelle scuole e tra gli altri genitori, una specie di “mal comune mezzo gaudio”, che allevia il peso delle loro responsabilità».

Sostegno all’allarme lanciato da “Giù le Mani dai Bambini” è arrivato anche da alcuni esponenti del mondo istituzionale, tra cui quello della deputata Federica Rossi Gasparrini, presidente del Consiglio Nazionale dell’Udeur, che ha dichiarato: «La scuola deve ritrovare centralità, basta con queste “ingerenze interessate” dall’esterno. Il mestiere di genitore è già difficile: bisogna essere educatori, non promoter di psicofarmaci» e quello di Tiziana Valpiana, deputata di Rifondazione Comunista, che in più di un’occasione si era direttamente occupata di questi temi a legislatura in corso. La sua riflessione è che «i genitori di oggi non sono pronti ad affrontare le difficoltà di un bimbo che cresce. Chiediamoci infatti come li facciamo vivere, questi piccoli, chiusi tra quattro mura, invece di medicalizzare i loro disagi con terapie dannose per i bambini che risolvono solo i problemi degli adulti».
(S.B.)

Per ulteriori informazioni:
tel. 338 7478239 – 337 415305, info@giulemanidaibambini.org.

Segnaliamo anche che nel nostro sito (al testo disponibile cliccando qui), si può visionare la Carta dei Diritti delle Famiglie dei Bambini e degli Adolescenti affetti dal Disturbo da Deficit dell’Attenzione/Iperattività (ADHD).

Share the Post: