Per un servizio civile di uguaglianza e inclusione

Solo con il lavoro comune l'investimento sulle giovani generazioni potrà realmente contribuire ad un mondo più giusto e solidale, superando anche lo stigma sociale negativo che accompagna ancora le persone con disabilità: è questo il senso di un recente incontro tra la CNESC (Conferenza Nazionale Enti Servizio Civile) e la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell'Handicap), durante il quale sono emerse numerose linee comuni per un servizio civile più utile e culturalmente più avanzato

Persona con disabilità insieme ad una persona in servizio civileDurante un incontro del 9 aprile scorso, tra i responsabili della CNESC (Conferenza Nazionale Enti Servizio Civile) e Pietro Barbieri, presidente della FISH (Federazione Italiana Superamento Handicap) – che ha permesso anche di superare alcune incomprensioni del passato – sono stati approfonditi i rispettivi percorsi in materia di servizio civile e di promozione e tutela dei diritti delle persone con disabilità, individuando una serie di linee comuni per arrivare ad una crescita qualitativa dell’esperienza di servizio civile e per la promozione e la realizzazione integrata di esperienze, progetti e iniziative che rafforzino la centralità dei temi dell’uguaglianza e della partecipazione del cittadino quali concrete declinazioni dei principi di difesa della patria.

Partendo dunque dalle positive collaborazioni che anche attraverso le rispettive reti di enti aderenti vedono già la FISH e la CNESC impegnate con approcci e visioni affini e spesso sovrapposte – pur nella specificità delle rispettive missioni – sono state individuate alcune direttrici di sviluppo, che una volta esaminate dai rispettivi organi dirigenti, potranno presumibilmente essere articolate secondo il seguente piano di lavoro:

– Sviluppare proposte comuni
di revisione dell’attuale sistema normativo che diano piena dignità e centralità all’area della disabilità quale “luogo” di crescita, educazione e formazione, per il superamento del paradigma negativo dell’handicap e dello stigma sociale che accompagna le persona con disabilità.

– Sempre in quest’ottica di cambio di prospettiva, rilanciare il tema dell’uguaglianza, dell’inclusione e della vita indipendente, che attraversi tutto il servizio civile e pertanto non possa e non debba essere più relegato a quota di riserva a “protezione” di una o più categorie di “soggetti svantaggiati”, né tanto meno di singole associazioni o tipologie di disabilità.

– Lavorare assieme
per l’elaborazione di modelli formativi, generali e specialistici, nonché per la predisposizione e l’attuazione di progetti di servizio civile che affermino una cultura dell’inclusione, della centralità della persona, dell’uguaglianza formale e sostanziale e della lotta a ogni forma di discriminazione diretta e indiretta, riconoscendo il valore dell’investimento sulle giovani generazioni per la creazione di un mondo più giusto e solidale.

– Potenziare il legame e, ove possibile, la sovrapposizione tra le due reti, sia a livello nazionale che territoriale, per una crescente capacità di entrare in relazione con il territorio, con i giovani, con i cittadini con disabilità, secondo modelli culturali, linguaggi e sensibilità comuni.

– Condividere un servizio civile autonomo, non sostitutivo di politiche di settore, né “tappabuchi”, ma con un proprio disegno strategico in grado di assorbire, rielaborare e mettere a sistema in modo originale – in ottica di difesa della patria – azioni, persone, risorse.

– Affermare, infine, la valenza del servizio civile quale opportunità di empowerment (ovvero di “rafforzamento”, di “crescita dell’autoconsapevolezza») per le persona con disabilità e le loro famiglie, per metterle in condizione di rappresentare agli Enti Locali il loro diritto ad una vita indipendente e di raggiungere quest’ultima attraverso prestazioni pubbliche di assistenza indiretta, a partire dalla ri-costruzione delle relazioni e dei legami sociali finora negati. (P.B.)

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