Nella tradizionale domanda – talvolta esplicita, più spesso sottintesa – di chi viene a contatto per la prima volta con una “famiglia con disabilità grave” e che suona più o meno «Come fate a vivere in una situazione del genere?», c’è sempre un forte riferimento all’ansia e all’angoscia che accompagnano tale stato esistenziale.
Ma tale “accompagnamento” è reale? E se reale, è “obbligatorio”? No, non sempre, non obbligatoriamente, non nel modo che si crede possa essere. Qualche volta, però, è drammaticamente vero. Cerchiamo dunque insieme di capire meglio.
Innanzitutto cerchiamo di definire quale significato dare alle parole, partendo da quello tradizionale, consueto, del linguaggio di tutti i giorni.
Chiamiamo ansia uno stato emotivo di tensione, di allarme, di sensazione di non essere all’altezza della situazione, di precarietà. E angoscia l’aggravamento e l’enfatizzazione della precedente situazione ansiosa.
Perché l’ansia e l’angoscia possano essere correlate ad una situazione di disabilità grave è intuitivo. Ma esse sono sovente più riferibili ai familiari – essenzialmente ai genitori – che non alla persona con disabilità stessa. E riguardano il presente, ma ancor più il futuro.
Se dall’esterno ci chiedono «Come fate a vivere in una situazione del genere?», noi rispondiamo «come faremmo a vivere senza?», intendendo con questo due cose.
La prima è che la disabilità anche grave è una condizione di vita e può essere persino considerata una “normale” condizione di vita; che c’è vita anche nella disabilità più estrema e che può anche essere “una buona vita”, la miglior vita possibile.
La seconda è che pensiamo che sarebbe difficilissimo, se non impossibile, vivere senza la disabilità grave in casa, cioè senza avere in casa la figlia o il figlio gravissimo oppure, mille volte peggio, senza averlo più.
Queste considerazioni aiutano a trasformare l’ansia in qualcosa di positivo e di costruttivo e a contenerla entro limiti “non usuranti”.
L’angoscia, invece, riguarda essenzialmente il futuro e qui molto può essere fatto, sia da parte della famiglia che della società: poter disporre, ad esempio, di servizi adeguati dedicati alla persona con disabilità grave e poter contare su questi servizi anche quando i genitori non ci saranno più.
Dunque, una valida assistenza domiciliare integrata e coprogettata con la famiglia e un “dopo di noi” a misura di persona con disabilità grave priva di un sufficiente supporto familiare: ecco due formidabili rimedi anti-angoscia.
*Federazione Italiana ABC (Associazione Bambini Cerebrolesi).
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