La distrofia facio-scapolo-omerale (FSH) è la forma di malattia ereditaria muscolare più frequente dopo la distrofia di Duchenne e la distrofia miotonica di Steinert (DM1). Essa ha una frequenza di un caso su 20.000 nati vivi e il termine con il quale viene designata fa riferimento alla caratteristica distribuzione del difetto di forza.
L’FSH è inclusa nell’elenco delle Malattie Rare individuate dal Ministero della Sanità per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria.
Cause e trasmissione
Le cause vanno ricercate in un particolare errore di una regione sul cromosoma 4 che determina frammenti di DNA in sequenza più piccoli che di norma.
C’è una certa relazione tra l’entità dell’errore genetico e la gravità della sintomatologia clinica: in genere, più piccolo è il frammento di DNA più severo e precoce è il quadro clinico.
A causa di questo errore si crea una disregolazione di un gran numero di geni diversi e le differenze nel numero e nel tipo dei geni “sregolati” possono giustificare la grande variabilità clinica della malattia. La ricerca sta cercando di individuare quali tra questi geni “impazziti” abbiano un ruolo chiave nel determinismo della malattia.
L’FSH è una malattia ereditaria che si trasmette con modalità autosomica dominante. Questo significa che un individuo affetto ha una probabilità del 50% di trasmetterla ai propri figli, indipendentemente dal sesso.
Per quanto riguarda la possibilità di diagnosi prenatale, essa si può fare nei casi di gravidanze da coppie in cui sia stata precedentemente identificata l’anomalia genetica in uno dei due genitori. In questi casi è consigliabile comunque rivolgersi ad un Centro di Genetica prima di intraprendere la gravidanza stessa.
Manifestazione e sintomi
L’FSH può essere già ben evidente fin dalla prima infanzia, con sintomatologia completa oppure manifestarsi in età giovane-adulta, con sintomi anche molto sfumati. Si tratta – come già accennato – di una malattia di gravità estremamente variabile, ma generalmente con sintomi di moderata entità e discretamente stabili nel tempo.
Il difetto di forza e l’ipotrofia muscolare riguardano il cingolo scapolare, determinando l’impossibilità delle scapole a rimanere “fissate” al dorso (anzi esse ne sono “scollate”), impedendo quindi all’articolazione della spalla di sollevare il braccio. Vi saranno perciò difficoltà nel prendere oggetti posti in alto, nell’asciugarsi i capelli, nel pettinarsi. Il paziente potrà riuscire a fare almeno in parte queste cose “lanciando” l’arto verso l’alto e tuttavia potrà non riuscire a sollevare le braccia in alto contemporaneamente.
La muscolatura del volto è coinvolta sia per la componente mimica che per quella masticatoria, mentre quella oculare è colpita solo in rarissimi casi. Ne derivano difficoltà nel masticare, nel soffiare, nell’esprimere le emozioni, nell’ammiccare.
Viene talora riportato dai familiari che la persona “dorme con gli occhi aperti”, “non ride mai” o “non chiude la bocca”. Quando la malattia si manifesta in maniera conclamata fin dall’infanzia, si crea una severa malocclusione che compromette ulteriormente la masticazione, ma anche l’eloquio. L’intervento ortodontico in questi casi è di fondamentale importanza per correggere tali distorsioni dello scheletro facciale.
Un altro problema caratteristico è rappresentato dalla compromissione della muscolatura anteriore distale delle gambe [quella più lontana dall’asse mediano del corpo, N.d.R.], per cui risulta difficile alzare la punta del piede mentre si cammina o si salgono le scale. Ne consegue la facilità ad inciampare con possibilità di cadute. In questo caso l’utilizzo di ortesi può diventare necessario.
Se poi la muscolatura del bacino viene coinvolta, come talora accade in maniera prevalente, anche alzarsi da terra e dalla sedia può diventare impossibile, così come il cammino, se non con aiuto. Possono svilupparsi retrazioni muscolo-tendinee specie alle caviglie.
Altri organi coinvolti
Anche organi come la retina o quelli dell’udito possono essere coinvolti dalla distrofia facio-scapolo-opmerale, ma spesso con problemi rilevabili con esami strumentali piuttosto che clinicamente significativi. E in ogni caso è comunque indicato fare periodicamente controlli oculistici e otorinolaringoiatrici.
Inoltre, può essere presente ipertensione, ma il cuore non è specificatamente colpito in questa malattia. E ancora, quando la malattia è conclamata, è utile il monitoraggio respiratorio periodico in veglia e sonno.
L’FSH, infine, non comporta problemi intellettivi, se non nelle forme con più severa alterazione genetica.
Diagnostica ed evoluzione della malattia
Quando i sintomi clinici sono completi e a caratteristica distribuzione facio-scapolo-omerale – tanto più se vi sono più componenti affetti nella famiglia, distribuiti secondo le regole mendeliane dominanti – la diagnosi clinica è agevole.
E tuttavia non è infrequente che la malattia si presenti con una distribuzione prevalente alla muscolatura del bacino e delle spalle con così scarsa o addirittura assente compromissione facciale, da evocare una forma di distrofia dei cingoli, tanto che vari pazienti con quest’ultima diagnosi risultano poi affetti da FSH. Ne deriva che in soggetti con una forma dominante di distribuzione ai cingoli del difetto di forza, va certamente ipotizzata un’FSH e avviato il test genetico diagnostico, a disposizione solo da pochi anni.
Data la grande variabilità di compromissione muscolare anche all’interno di diversi componenti affetti di una stessa famiglia, può accadere che vi siano parenti con il quadro conclamato della malattia anche nella forma più severa, con perdita del cammino in età adulta e parenti con sintomi molto sfumati e lievi, tanto da non essere riconosciuti come affetti dalla malattia.
L’FSH può evolvere in maniera tale da lasciare l’individuo affetto quasi privo di sintomi visibili o comunque piuttosto stabile anche per tutta la vita. In altri casi può esservi una progressione nel corso degli anni, con possibile perdita del cammino autonomo in età adulta o anziana. In altri casi ancora, quando la malattia è già conclamata e completa fin dalle fasi più precoci della vita, si assiste – con la crescita – a un declino delle funzioni motorie, con perdita del cammino autonomo in giovane età. In particolare può verificarsi la tendenza all’estremo inarcamento della schiena all’indietro (iperlordosi), come compenso allo squilibrio muscolare che si viene a creare. Può presentarsi inoltre scoliosi.
La malattia generalmente non comporta riduzione delle aspettative di vita.
Esami necessari e trattamento dei pazienti
Una volta sollevato il dubbio diagnostico, devono essere avviati gli esami di accertamento che possono consistere nel dosaggio della CK [creatinfosfochinasi, N.d.R.] – la quale può essere moderatamente elevata, ma anche normale – nell’elettromiografia, nelle tecniche di immagine muscolare (TAC o RMN muscolare), nella biopsia muscolare (spesso con elementi “infiammatori”). E in ogni caso l’esame dirimente è l’analisi del DNA.
Per quanto riguarda infine il trattamento dei pazienti, non esistendo ancora una cura risolutiva, si devono innanzitutto attuare strategie riabilitative che limitino i problemi funzionali del paziente.
Come già accennato, sono utili le ortesi per il piede cadente, è di fondamentale importanza l’intervento ortodontico in caso di malocclusione, il controllo della possibile evoluzione scoliotica del rachide, la sorveglianza delle retrazioni alle caviglie (che tuttavia possono talora rappresentare un utile compenso).
Interventi chirurgici tesi a “fissare” le scapole non hanno portato i risultati sperati.
Dal punto di vista farmacologico, poi, è stato tentato il trattamento con un farmaco comunemente usato nell’asma (l’albuterolo, equivalente al salbutamolo in Italia), con un incremento della massa muscolare, ma non proporzionalmente della forza-funzione muscolare nel suo complesso.
*Unità Operativa di Neuropsichiatria Infantile, Sezione Malattie Neuromuscolari, dell’Ospedale Maggiore di Bologna. Segretario della Commissione Medico-Scientifica Nazionale UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare).
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