Tra i seminari promossi a Roma dalla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) nell’ambito del Forum PA 2008 – mostra-convegno dedicata all’innovazione nella Pubblica Amministrazione e alla gestione territoriale, da noi presentata nei giorni scorsi – ve n’è stato anche uno riguardante il ruolo delle cosiddette “deleghe per la disabilità”, istituite da alcune amministrazioni locali, delle quali si è parlato attraverso le testimonianze dirette delle esperienze più significative condotte in questo ambito sul territorio nazionale.
«Deleghe assolutamente innovative – ha affermato ad esempio Ombretta Fortunati, consigliera con Delega alla Disabilità della Provincia di Milano – che devono essere il più possibile valorizzate perché permettono un’interlocuzione con il territorio che va fuori dagli schemi classici di un Assessorato».
Molto indicativo della sperimentazione rappresentata da queste nuove istituzioni è proprio il percorso condotto in questo ambito nella Provincia di Milano e dalla stessa Ombretta Fortunati, nominata nel 2005 dal presidente Filippo Penati a pochi mesi dal suo insediamento, in un ruolo per il quale tutto era ancora “da costruire”, dalla sede fino al personale, ma soprattutto per quanto riguarda gli obiettivi e gli ambiti di azione. E oltretutto, se si esclude il caso di Roma – dove a ricoprire una carica analoga era Tiziana Biolghini – anche i punti di riferimento sul territorio nazionale erano assai pochi.
E in ogni caso, non trattandosi di un Assessorato e non potendo quindi realizzare nuovi servizi per la promozione del riconoscimento dei diritti e per l’inclusione sociale dei cittadini con disabilità, l’intuizione dell’esperienza milanese è stata quella di dar vita, attraverso la Delega, ad un centro di osservazione e di promozione di politiche attive – con una visione il più unitaria possibile – per coordinare tutti gli interventi della Provincia in ambito di disabilità.
Tra le molteplici attività condotte in questi anni a Milano – che come molte altre azioni hanno visto il pieno coinvolgimento delle associazioni per i diritti delle persone con disabilità presenti sul territorio – si segnalano ad esempio gli sforzi fatti per promuovere la Vita Indipendente.
«I nostri interventi connessi alla grande area della vita autonoma – ha spiegato Ombretta Fortunati durante il seminario di Roma – sono stati indirizzati alla valorizzazione del lavoro delle associazioni e hanno riguardato la realizzazione di una mappatura dei servizi residenziali presenti sul territorio, promuovendo le piccole realtà, attivando lo sportello Spazio Residenzialità, istituendo un tavolo di lavoro sulla residenzialità con l’Assessorato agli Affari Sociali, creando infine una residenza integrata che sta per diventare operativa».
Non del tutto dissimili gli obiettivi dell’esperienza siciliana, dove a livello regionale l’Assessorato alla Famiglia e alle Politiche Sociali – all’interno di un processo relativo alla definizione degli indirizzi per l’attuazione della Legge 328/00 – ha costituito un tavolo tecnico per la realizzazione delle politiche sulla disabilità nella Regione Sicilia, con l’obiettivo di approvare un Piano Triennale per la Disabilità.
Il tavolo, composto dai rappresentanti di tutti gli Assessorati interessati ai temi della disabilità e del Terzo Settore, ha impiegato due anni per redigere il Piano.
«Si è trattato di un lavoro interessante – secondo Saverino Richiusa, dirigente dell’Assessorato alla Famiglia, alle Politiche Sociali e alle Autonomie Locali della Regione Sicilia – e anche se non siamo riusciti a risalire a quanto ogni Assessorato investe per la disabilità, siamo almeno riusciti a trovare delle risorse che erano rimaste inutilizzate nelle pieghe dei bilanci e che sono state reinvestite, finanziando, ad esempio, interventi per l’abbattimento delle barriere architettoniche».
I principi del Piano Triennale, approvato nel 2006, promuovono un’impostazione culturale basata sulla presa in carico della persona e sul potenziamento di servizi che sappiano dare risposte adeguate. Concetti “semplici”, ma che si rivelano troppo spesso difficili da costruire.
I maggiori ostacoli incontrati nella specifica realtà siciliana – comuni per altro a molti territori – si sono dimostrati la già citata difficoltà a capire quante risorse vengono utilizzate (e in quale modo), l’estrema frammentazione del Terzo Settore e la mancata integrazione sociosanitaria tra gli Assessorati competenti.
«Questo succede un po’ in tutte le regioni – ha commentato Paolo Anibaldi, responsabile del Coordinamento delle Politiche dell’Handicap dell’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) – ed è un problema proprio della Legge 328/00, dove non si capisce il limite tra la fine dell’assistenza sanitaria e l’inizio di quella sociale. E questo, purtroppo, sui Comuni e nell’elaborazione dei Piani di Zona ha un effetto negativo per l’utilizzazione di alcune risorse».
«I Comuni – ha proseguito Anibaldi – sono il terminale della Pubblica Amministrazione, cioè il luogo in cui i cittadini arrivano chiedendo risposte e non demagogia e per dare risposte non dobbiamo costruire un nuovo apparato nella Pubblica Amministrazione, ma cercare di snellirla. Al di là quindi degli aspetti formali della costruzione della delega, vorrei immaginare un sistema snello, più rapido, in cui la prassi viene accelerata e non rallentata per mancanza di conoscenze, per poca disponibilità o per carenza di personale».
Se non si riuscirà insomma a creare un modello di welfare locale, un sistema di rete territoriale in cui ci sia dialogo tra i Comuni e vengano messe insieme le competenze migliori, oltre che le migliori pratiche, la conclusione di Anibaldi è perentoria: molti dei problemi emersi nel corso dell’incontro saranno destinati a rimanere irrisolti.
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