Il 24% dei minori italiani, quasi uno su quattro, è esposto a rischio di povertà. Sono circa 900.000, inoltre, i giovani che abbandonano prematuramente gli studi. E ancora, permangono, sebbene continuino a rimanere sommersi, fenomeni di sfruttamento e abuso, quali lavoro minorile, prostituzione e pedopornografia on line. C’è infine una tendenza ad utilizzare la detenzione preventiva per i minori, in particolare per quelli stranieri, e a non rispettare le misure di protezione previste per quelli che vengono ascoltati in un processo.
Sono solo alcuni dei problemi che emergono da I diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia – 4° Rapporto di Aggiornamento sul monitoraggio della Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza in Italia, ampio dossier pubblicato in questi giorni, riguardante la condizione dei minori nel nostro Paese e il grado di rispetto della Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, ratificata dall’Italia il 27 maggio 1991.
Il rapporto è stato redatto dal Gruppo di Lavoro per la CRC* (Convention of the Rights of the Child), una rete di settantatré organizzazioni e associazioni del Terzo Settore, coordinata da Save the Children Italia e della quale fa parte anche il CND (Consiglio Nazionale sulla Disabilità).
Il dossier identifica tra le sue Raccomandazioni l’adozione di un Piano Nazionale per l’Infanzia, la non più rinviabile istituzione di un Garante Nazionale per l’Infanzia e l’Adolescenza, politiche e risorse espressamente destinate alla tutela dei minori, soprattutto a quelli che vivono in situazioni di indigenza e sfruttamento o che sono sottoposti a varie forme di violenza e discriminazione, come i minori stranieri o quelli che fanno parte di minoranze.
«L’attività di monitoraggio che abbiamo condotto nel corso di quest’anno – commenta Arianna Saulini, coordinatrice del Gruppo di Lavoro per la CRC -fornisce una chiara fotografia sulle necessità e i problemi dell’infanzia nel nostro Paese, sull’attuazione o la violazione dei diritti dei bambini/e e degli adolescenti presenti in Italia. Il rapporto tuttavia non vuole essere solo un momento di denuncia sulle carenze del nostro sistema, ma anche un utile strumento di lavoro per coloro che nella nuova legislatura saranno responsabili delle politiche dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia, nell’ottica del consolidamento del confronto istituzionale avviato negli scorsi anni e volto a migliorare l’attuazione dei diritti garantiti dalla Convenzione».
Le lacune non ancora colmate
In Italia non esiste un Piano Nazionale per l’Infanzia, nonostante le sollecitazioni del Comitato ONU e contrariamente a quanto previsto dalla normativa che ne stabilisce l’adozione ogni due anni. L’ultimo risale infatti al biennio 2002-2004. «Si auspica – afferma Saulini – che il nuovo Governo approvi al più presto un nuovo Piano, prevedendo idonee risorse per la sua attuazione».
Nemmeno nel corso della quindicesima legislatura, poi, il Parlamento Italiano ha approvato una legge istituiva del Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza. Unici passi in avanti nel corso dell’ultimo anno sono stati fatti su base locale: pur persistendo infatti la disomogeneità tra le leggi istitutive, altre due regioni, il Lazio e il Molise, hanno formalmente nominato un Garante Regionale, andando ad aggiungersi a Marche, Friuli Venezia Giulia e Veneto, mentre la Provincia Autonoma di Trento ne ha approvato la legge istitutiva.
Riguardo alle risorse economiche, l’ammontare dei fondi destinati all’Osservatorio Nazionale per l’Infanzia e l’adolescenza e al Centro Nazionale di Documentazione e Analisi è pari ad un milione e mezzo di euro per il 2008.
«Ancora una volta – secondo Saulini – non possiamo non sottolineare una sostanziale disparità rispetto all’Osservatorio Nazionale sulla Famiglia, che ha avuto esattamente il doppio degli stanziamenti, sproporzione ancora più evidente se ad esso si aggiungono altri 10 milioni di euro espressamente allocati per l’elaborazione del Piano Nazionale per la Famiglia».
Un colpo di spugna sui diritti
I bambini e gli adolescenti residenti in Italia al primo gennaio 2007 erano 10.089.141, di cui 666.393 di origine straniera (fonte: Istat, si veda all’indirizzo che si trova cliccando qui).
La maggioranza è di sesso maschile ed è residente nel Nord Italia (i bambini e gli adolescenti di sesso maschile residenti in Italia risultano essere esattamente 5.186.523, di cui 346.997 di origine straniera, mentre le bambine e adolescenti sono 4.901.618, di cui 319.296 di origine straniera; si veda alla stessa fonte Istat già citata).
«Ancora oggi – sottolinea Arianna Saulini – troppi di loro vivono privati in tutto o in parte di diritti fondamentali, come quello ad una vita dignitosa, all’istruzione, al gioco, alla salute. Sono inoltre preoccupanti la disuguaglianza e la disomogeneità geografica nella tutela dei diritti tra le varie aree del nostro Paese».
Secondo il 4° Rapporto del Gruppo CRC, in Italia è esposto a rischio di povertà il 24% dei minori, quasi uno su quattro, e tale percentuale sale al 35% se si considerano i minori che vivono in famiglie numerose, raggiungendo il 40% nel caso di minori che vivono in famiglie monoparentali.
I minori più a rischio sembrano essere quelli che vivono in famiglie con entrambi i coniugi lavoratori, ma i cui bassi livelli di reddito non riescono ad essere una garanzia di benessere. Tra le famiglie monoreddito, l’esposizione a rischio di povertà per i figli è del 30%, mentre avere due genitori che lavorano riduce il rischio al 7%, con poche differenze se uno dei due è un lavoratore part-time. La quota di famiglie povere nel Mezzogiorno, infine, è cinque volte quella del resto del Paese.
Preoccupante poi è la forte correlazione che emerge tra il rischio di povertà minorile e l’investimento percentuale in spesa sociale: facendo riferimento infatti al Prodotto Interno Lordo ed escludendo le pensioni, la media europea di investimento sociale si attesta intorno al 14% e ad essa corrisponde un 19% di rischio di povertà minorile; nel nostro Paese, invece, dove si investe meno del 10%, il rischio di povertà minorile balza al 24%.
Relativamente al diritto all’educazione, nell’anno scolastico 2007-2008 in Italia erano iscritti 7.742.294 alunni. Il dossier del Gruppo CRC di quest’anno lamenta la carenza di dati a livello nazionale relativi al confronto tra alunne straniere e popolazione femminile residente per età corrispondente e per nazionalità, che permetterebbe di leggere la scolarizzazione femminile secondo i criteri dell’età e della nazionalità di provenienza, nonché i dati disaggregati del numero di bambini, bambine e adolescenti rom nelle scuole.
In ogni caso, la novità più rilevante attuata a partire dall’anno scolastico in corso al momento della stesura del Rapporto è senz’altro l’innalzamento dell’obbligo scolastico a 16 anni, previsto dalla Legge Finanziaria per il 2007 [Legge 296/06, N.d.R.]. «Il nostro auspicio – commenta Saulini – è che questo provvedimento abbia una ricaduta positiva sul problema della dispersione scolastica, che è grave in Italia». Sono infatti circa 900.000 i giovani che abbandonano prematuramente gli studi, ovvero il 20,6% della popolazione tra i 18 e i 24 anni, con un’incidenza nella componente maschile maggiore di quella femminile (rispettivamente il 23,9% e il 17,1%) (si veda la già citata fonte Istat).
A tal proposito va aggiunto che seppure in calo negli ultimi anni (22,9% nel 2004 e 22,4% nel 2005), il tasso di ragazzi tra i 18 e i 24 anni in possesso della sola licenza media e definitivamente fuori dai circuiti formativi registrato in Italia è superiore a quello medio europeo (pari al 14,9%) e ancora molto lontano dall’obiettivo fissato a Lisbona nel 2000.
Analizzando poi il dato a livello territoriale, si osservano importanti differenze: nella Provincia Autonoma di Bolzano, ad esempio, si registra l’incidenza più bassa (10,5%), seguita dalla Regione Lazio (12,3%); al contrario i tassi più alti si registrano in Sardegna (28,3%) e in Sicilia (28,1%). L’indice si traduce con la quota di 18-24enni che hanno conseguito un titolo di studio al massimo ISCED 2 (scuola secondaria di primo grado) e che non partecipano ad attività di educazione o formazione sul totale della popolazione 18-24enne (fonti: Istat, Rapporto Annuale 2006 e Istat, Indicatori di contesto chiave e variabili di rottura, gennaio 2008).
Per quanto concerne poi i bambini e gli adolescenti particolarmente vulnerabili, si denota una carenza di dati relativi ai numerosi fenomeni di sfruttamento e abuso, che pertanto restano sommersi, rendendo più difficile l’adozione di politiche di contrasto. Nel 2007, ad esempio, non è stata fatta alcuna rilevazione sul lavoro minorile, per cui continua a mancare una rappresentazione quantitativa attendibile del lavoro minorile in Italia.
Esistono delle aree in cui il mancato rispetto del diritto si traduce nel più terribile degli abusi: la pedopornografia on line continua infatti ad essere un fenomeno in continua espansione, nonostante l’acquisita consapevolezza e l’impegno per il contrasto delle istituzioni e delle forze di polizia, sia a livello nazionale che internazionale.
La prostituzione minorile straniera femminile coinvolge inoltre giovani minori provenienti soprattutto dalla Romania, dall’Albania, dalla Moldova e dalla Nigeria, molte delle quali sono vittime di tratta.
E ancora, oramai comprovata da tempo è l’esistenza della prostituzione minorile straniera maschile, rivolta ad uomini, esercitata da adolescenti o neomaggiorenni provenienti soprattutto dall’Europa dell’Est, in particolare dalla Romania e dalla Moldova – di origine rom e non – e in misura inferiore dal Maghreb. Sono stati registrati anche casi di coinvolgimento di bambini di 8-9 anni, principalmente di origine rumena e rom.
La prostituzione minorile italiana riguarda principalmente due distinti gruppi: il primo è composto da minori appartenenti a famiglie con condizioni sociali, economiche e culturali molto disagiate, che utilizzano la prostituzione (in forme coatte o in parte autonome) quale strategia di sopravvivenza per sé e per il proprio nucleo familiare; il secondo, invece, è composto da ragazzi e ragazze che occasionalmente e autonomamente si prostituiscono per soddisfare bisogni non primari, come acquistare beni di consumo o sostanze stupefacenti.
I minori e la giustizia
Nel rapporto del 2007, il Gruppo CRC aveva constatato gravi carenze e, in ogni caso, una disomogeneità di fondo nell’applicazione delle misure di protezione previste per i minori che prendono parte ad un processo.
«La situazione – sottolinea Saulini – è purtroppo rimasta immutata, in quanto nessuna delle Raccomandazioni contenute nel Rapporto del 2007 è stata accolta. Le procedure relative all’ascolto del minore non hanno ancora raggiunto i necessari livelli di uniformità rispetto alla normativa vigente in materia di tutela dei diritti del minore».
Altro dato che viene evidenziato nel rapporto è l’eccessivo ricorso alla detenzione cautelare in carcere, dato stigmatizzato dal Comitato ONU con riferimento a molti Stati che hanno ratificato la Convenzione sui Diritti del’Infanzia e dell’Adolescenza. In Italia, su 393 minori presenti negli Istituti Penali Minorili a giugno 2007, 341 erano detenuti in misura cautelare e 52 in espiazione di pena.
«La tendenza a ricorrere alla detenzione cautelare in carcere – secondo Saulini – è diffusa nel sistema penitenziario italiano, ma paradossalmente per i minori è persino più forte che per gli adulti. Alcune categorie di minori, poi, come quelli stranieri, rom, quelli minori residenti nel Sud Italia hanno un’evidente disparità di trattamento, in palese violazione del principio di non discriminazione, sancito dall’articolo 2 della Convenzione».
Sono infatti questi gruppi di minori, insieme ad alcuni minori italiani provenienti da famiglie con difficoltà economiche e con un basso livello di istruzione e di inserimento sociale, ad essere detenuti in carcere, mentre per tutti gli altri minori la riforma del processo penale minorile consente in genere di evitare la carcerazione.
Al mese di giugno del 2007, i minori stranieri detenuti in Italia erano 198 (195 gli italiani), più della metà del totale, dunque, nonostante le denunce a loro carico fossero poco più di un quarto del totale (fonte: Ministero della Giustizia, Dipartimento per la Giustizia Minorile, Servizio Statistico, 2007).
Media, nuovi media e sport: i rischi del tempo libero
In Italia i beni tecnologici più diffusi sono la televisione, presente nel 95,9% delle famiglie e il cellulare (85,5%); seguono il videoregistratore (62%), il lettore DVD (56,7%), il personal computer (47,8%) e l’accesso a internet (38,8%).
Tra i beni tecnologici presenti nelle famiglie, hanno un certo rilievo anche l’antenna parabolica (28,6%), la videocamera (26,1%), il decoder digitale terrestre (19,3%) e la consolle per videogiochi (17,5%) (fonte: Istat, Indagine Multiscopo Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione: disponibilità nelle famiglie e utilizzo degli individui – Anno 2007, 16 gennaio 2008).
Per quanto riguarda le famiglie italiane con almeno un minorenne che possiedono il personal computer e l’accesso a Internet, esse sono rispettivamente il 71,2% e il 55,7% dei casi, mentre il telefono cellulare ha raggiunto il 97,9% di diffusione.
Rispetto a internet, l’enorme successo che i siti di social networking [reti sociali, N.d.R.] hanno riscontrato nel mondo, e oggi anche nel nostro Paese, è testimonianza di come le modalità di interazione offerte da questi strumenti consentano di soddisfare bisogni di comunicazione e di espressione importanti, soprattutto tra i più giovani. E tuttavia il Gruppo esprime preoccupazione in quanto sembrerebbero emergere, da parte degli adolescenti italiani, tendenze di comportamento che denotano una scarsa attenzione ai propri dati personali e ai possibili rischi derivanti dall’incontro da soli di persone conosciute in rete.
Parlando poi di sport, i bambini e gli adolescenti italiani trovano in questo ambiente il secondo luogo di aggregazione, dopo la scuola.
A praticare uno sport è il 22,5% dei bambini tra i 3 e i 5 anni, il 59,5% tra i 6 e i 10 anni, il 65% dei ragazzi tra gli 11 e 14 anni e il 61,9% tra i 14 e i 17 anni (fonte: Istat, La pratica sportiva in Italia – Anno 2006 – Famiglia e Società), per un numero complessivo di circa 3 milioni di giovani tra i 6 e i 18 anni.
Dal 4° Rapporto sulla CRC, emergono per altro forti preoccupazioni legate all’utilizzo di doping: la percentuale di giovani tra i 14 e i 19 anni che assumono sostanze dopanti oscilla infatti tra l’1% e il 3%, mentre il 15% fa uso di integratori.
Le Raccomandazioni del Gruppo CRC
Il dossier, nelle intenzioni delle organizzazioni che hanno partecipato alla sua elaborazione, vuole essere uno strumento utile all’Esecutivo appena insediatosi, per affrontare il prossimo Rapporto Periodico del Governo Italiano al Comitato ONU sui Diritti del Fanciullo, previsto per il mese di ottobre del 2008, in cui il nostro Paese sarà chiamato a relazionare sulle azioni intraprese in questi anni per migliorare i diritti dell’infanzia e per attuare le Osservazioni Conclusive del Comitato ONU sullo stato di attuazione della CRC in Italia e dei due Protocolli Opzionali, stilate nel gennaio del 2003 e inviate nel giugno del 2006.
Il 4° rapporto del Gruppo CRC intende dunque promuovere la piena attuazione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia e a tal fine il network di associazioni e organizzazioni che ne fanno parte ha prodotto le seguenti Raccomandazioni:
– la nomina in tempi brevi della Commissione Parlamentare per l’Infanzia e la promozione di un maggior coordinamento in merito alle politiche per l’infanzia, nonché la continuità dei lavori dell’Osservatorio Nazionale Infanzia come organismo principe deputato all’indirizzo e alla promozione generale delle politiche per l’infanzia e l’adolescenza;
– l’adozione in tempi brevi del Piano Nazionale Infanzia;
– l’approvazione immediata della legge istitutiva del Garante Nazionale Infanzia;
– la previsione di un sistema di monitoraggio delle risorse destinate all’infanzia a livello nazionale e regionale, che venga reso pubblico annualmente;
– un’attenzione trasversale alla non discriminazione, in modo che tutti i diritti della CRC siano garantiti ad ogni minore presente sul territorio italiano, indipendentemente dall’etnia, dalla nazionalità, dallo status socio-economico o dalle regioni di provenienza;
– la promozione di un’effettiva partecipazione dei minori in tutti i contesti che li riguardano, in particolar modo in ambito scolastico e istituzionale, sia locale che nazionale, con la previsione di adeguati strumenti di consultazione.
(Ufficio Stampa Save the Children Italia)
*La Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza è stata approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre del 1989 a New York ed è entrata in vigore il 2 settembre 1990. L’Italia l’ha ratificata il 27 maggio 1991 con la Legge 176/1991.
Per verificare che i principi sanciti dall’importante documento siano effettivamente rispettati, le Nazioni Unite chiedono ad ogni Stato di redigere e presentare ogni cinque anni un rapporto. Il prossimo Rapporto del Governo Italiano dovrà essere presentato nell’ottobre di quest’anno.
Inoltre, per dare voce anche al punto di vista della società civile, le Organizzazioni Non Governative e del Terzo Settore hanno la possibilità di elaborarne uno supplementare.
Per questa ragione nel 2000 nasce in Italia il Gruppo di Lavoro per la CRC che l’anno successivo redige un rapporto sulla condizione dell’infanzia in Italia supplementare a quello che il Governo italiano aveva precedentemente presentato alle Nazioni Unite.
Successivamente il Gruppo di Lavoro ha deciso di proseguire nella sua opera di monitoraggio, redigendo annualmente un rapporto di aggiornamento che verifica lo stato di applicazione della Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza nel nostro Paese.
Il Gruppo di Lavoro predisporrà nuovamente nel 2009 un rapporto supplementare a quello che il Governo italiano è tenuto a presentare al Comitato ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza.
Il Gruppo è andato crescendo di anno in anno: infatti, sono oggi ben settantatré le associazioni e organizzazioni non profit a far parte di esso che hanno sottoscritto il rapporto del 2008. A coordinarle è Save the Children Italia e tra esse vi è anche il CND (Consiglio Nazionale sulla Disabilità) e, da quest’anno, l’ANFFAS (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale), il cui presidente del Comitato Tecnico-Scientifico Michele Imperiali ha collaborato alla stesura del Rapporto di quest’anno.
– Capitolo II, Principi generali della CRC, 1. Il principio di non discriminazione (art. 2 CRC)
– Capitolo IV, Ambiente familiare e misure alternative, 4. Il panorama dell’adozione nazionale e internazionale in Italia
– Capitolo V, Salute e assistenza, 1/e, Bambini e adolescenti, salute e disabilità
– Capitolo VI, Educazione, gioco e attività culturali, 1/a, Il diritto all’istruzione per i bambini e gli adolescenti con disabilità e 3. Gioco, attività ricreative e culturali
Per ulteriori informazioni:
Ufficio Stampa Save the Children Italia
tel. 06 48070071 – 48070023, press@savethechildren.it.
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