La nuova stella polare

Cittadini veri, fruitori di ogni diritto, non più "soggetti passivi" o "problemi da risolvere" solo con interventi medici o all'insegna della "carità": questo dovranno diventare tutte le persone con disabilità negli intenti della Convenzione approvata dall'ONU alla fine del 2006, come ha recentemente sottolineato anche Louise Arbour, alto commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani

Louise Arbour, alto commissario dell'ONU per i Diritti Umani«La rapida entrata in vigore della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità e del Protocollo Opzionale ad essa allegato va a colmare un vuoto nell’ambito della tutela dei diritti umani, che coinvolge milioni di persone nel mondo».
Lo ha recentemente dichiarato a Ginevra l’alto commissario per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, Louise Arbour, sottolineando poi come «l’importante trattato non crei nuovi diritti, ma faccia sì che i benefìci derivanti dai diritti esistenti vengano pienamente estesi alle 650 milioni di persone con disabilità attualmente stimate nel mondo. Ora l’imperativo assoluto è che quanto sancito dalla Convenzione diventi per loro una realtà concreta nella vita quotidiana».

Il diritto di tutte le persone con disabilità all’istruzione, alla salute, al lavoro, ad adeguate condizioni di vita, alla libertà di muoversi, a non essere sfruttate, alla possibilità di prendere le decisioni da sé: sono le basi stesse della Convenzione, assai chiare ai lettori abituali del nostro sito; e tuttavia è sempre importante sentirle riaffermare in sede ufficiale da figure che ricoprono cariche tanto prestigiose quali Louise Arbour.
Significativo anche il cambiamento culturale cui quest’ultima ha voluto riferirsi, dichiarando che il nuovo trattato richiede a tutti i cittadini del mondo di abbandonare il classico approccio “medico” nei confronti della disabilità o, peggio ancora, quello di tipo “caritatevole”.
«La strada – secondo Arbour – è e non può essere altro che quella dei diritti umani, superando quei comportamenti che anche quando sono animati dalle migliori intenzioni, guardano alle persone con disabilità come a dei soggetti passivi [nella dichiarazione originale “passive recipients”, N.d.R.] o semplicemente a dei “problemi da risolvere”. La Convenzione, infatti, contiene sia la “celebrazione delle diversità”, sia il rafforzamento della consapevolezza di tutte le persone con disabilità [empowerment], per renderle soggetti pienamente attivi nella società, liberi di vivere in modo indipendente nella propria comunità, di fare le proprie scelte e di portare anche il proprio contributo di esperienza e di conoscenza alla società stessa».

In conclusione, Louise Arbour – che ha rilasciato queste dichiarazioni in occasione dell’Ottava Sessione del Consiglio ONU dei Diritti Umani (The Human Rights Council) – ha affermato che quest’ultimo organismo potrà giocare di per sé un ruolo importante nel futuro della Convenzione sulla Disabilità, in quanto è «la principale struttura delle Nazioni Unite ad occuparsi specificamente di diritti umani e in tal senso è nella posizione ideale per sostenere e far procedere gli obiettivi della Convenzione presso i singoli Stati, oltre che all’interno dell’ONU».
(Stefano Borgato)

La traduzione integrale dell’intervento di Louise Arbour a Ginevra – curata per il nostro sito da Giuliano Giovinazzo – è disponibile cliccando qui.

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