L’applicazione dello screening neonatale allargato a tutte le Regioni italiane [l’esame sistematico della popolazione per individuare le persone affette da una malattia in fase preclinica o precoce, N.d.R.] non è più rinviabile, così come la realizzazione di un’organizzazione logistica, con laboratori, macchinari e medici specializzati, che ne garantisca l’effettiva applicazione, ma che possa anche supportare in modo efficace e quotidianamente i pazienti e le loro famiglie.
In questi ultimi anni, nel campo delle malattie metaboliche ereditarie, sono stati ottenuti risultati scientifici confortanti grazie, però, al lavoro di pochissimi medici e ricercatori. Per molte patologie sono state individuate cure e terapie adeguate e i risultati ottenuti dicono che una buona parte di queste gravi sindromi sono curabili o quantomeno contenibili nelle loro manifestazioni, con il rischio, però, che tutto venga vanificato, quando manca il sostegno da parte delle istituzioni nazionali e regionali.
Associazioni e famiglie, infatti, fanno letteralmente la spola davanti alle porte di Assessorati Regionali, Direzioni Sanitarie, Ministeri, per spiegare che anche solo poche ore di ritardo nell’ottenere il risultato di un test o la scarsa assistenza possono fare la differenza tra la vita e la morte per i loro bambini, ma si scontrano contro un muro di incompetenza quando non anche di indifferenza.
È quanto è successo ad esempio ai genitori di Stefano, il bimbo sardo affetto da aciduria metilmalonica con omocistinuria [malattia che consiste in un difetto del metabolismo della vitamina B12, N.d.R.]: «Con la forza del nostro amore e della disperazione abbiamo ottenuto che la multinazionale che fabbrica il farmaco salvavita per nostro figlio, la cui commercializzazione è assolutamente poco redditizia, lo rimettesse in produzione – spiega Silvio Pedditzi, padre di Stefano – ma abbiamo anche chiesto all’Assessorato alla Sanità della Regione Sardegna tempi certi per l’applicazione dello screening neonatale allargato e il ripristino del Centro di Riferimento per le Malattie Rare dell’Ospedale di Cagliari, i cui laboratori sono stati chiusi perché non è stato riconfermato il personale, precario ormai da diciassette anni!».
«In Regione non comprendono il problema – secondo Franco Lilliu, referente per le Malattie Rare dell’Ospedale di Cagliari – poiché il Piano Sanitario Regionale prevede l’inserimento dello screening neonatale allargato, l’identificazione e il potenziamento della nostra struttura come Centro di Riferimento Regionale, ma nella realtà non si muove nulla. Sono anni che tentiamo di spiegare ai vertici regionali l’importanza di potenziare il laboratorio e loro oggi ci dicono che i test possono essere effettuati nei Centri della penisola, senza rendersi conto che anche solo poche ore di differenza possono salvare una piccola vita o determinarne sofferenze inenarrabili».
Va ricordato anche che lo screening allargato ha un costo irrisorio (circa 5-6 euro a bambino), mentre un bambino diagnosticato tardivamente porta con sé per tutta la vita gli enormi danni della sua malattia non trattata precocemente, con una notevole ricaduta dal punto di vista sociale.
Da una parte, dunque, pressione sulle autorità locali, politiche e sanitarie, dall’altra sensibilizzazione dell’opinione pubblica: sono queste le strade scelte dall’AISMME (Associazione Italiana Studio Malattie Metaboliche Ereditarie), che raccoglie le famiglie di bimbi affetti da queste patologie – rare se prese singolarmente, ma frequenti se sommate insieme – la quale si batte da anni per l’applicazione dello screening neonatale allargato su tutto il territorio nazionale.
L’AISMME ha recentemente siglato un gemellaggio con Cometa Sardegna, la ONLUS isolana che grazie anche al tam tam mediatico dei giorni scorsi sul caso del piccolo Stefano, intende riportare all’attenzione il problema delle malattie metaboliche ereditarie, un gruppo di oltre seicento patologie che se identificate precocemente – grazie appunto allo screening allargato che ne individua ben quaranta tipi diversi – possono essere se non completamente curate, almeno arginate nei loro effetti e che – proprio per la loro complessità e scarsa diffusione – vengono trascurate e abbandonate alla buona volontà di pochi medici e ricercatori.
E del resto tanto lavoro, studio e dedizione sono stati in parte vanificati anche in un altro centro per la cura di queste patologie, quello cioè esistente presso l’Azienda Ospedaliera di Padova che da oltre vent’anni vede “in trincea” un unico medico, Alberto Burlina, il quale si occupa della salute e del benessere di oltre 450 pazienti tra adulti e bambini, ai quali le istituzioni sanitarie regionali non hanno ancora dato una risposta concreta e duratura in termini di cura e assistenza.
In questo contesto, quindi, sono necessarie risposte concrete: i 570.000 bimbi che ogni anno nascono in Italia, i pazienti e le loro famiglie hanno urgenza di ottenerle e non possono certo adeguarsi ai tempi lunghissimi e all’indifferenza della politica e della burocrazia.
*Associazione Italiana Studio Malattie Metaboliche Ereditarie ONLUS.
Sulla medesima questione si suggerisce anche – sempre nel nostro sito – la lettura del testo: Non abbassare la guardia sulle malattie rare, disponibile cliccando qui.
Ufficio Stampa AISMME (Giuliana Valerio)
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