Ruoli imposti e ruoli negati: è questo il titolo di un seminario promosso qualche tempo fa dal Gruppo Donne UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), nell’ambito delle Manifestazioni Nazionali di tale Associazione, a Lignano Sabbiadoro (Udine), che ha suscitato una riflessione sui ruoli e sulle aspettative di ruolo nei confronti delle donne (anche con disabilità).
L’evento è stato condotto da Virginia Del Re e Massima Baldocchi dell’Associazione Casa della Donna di Pisa, mentre l’introduzione e le conclusioni sono state curate da Gaia Valmarin del Gruppo Donne UILDM.
Per far capire di cosa stiamo parlando, chiariamo subito che il ruolo sociale indica l’insieme dei comportamenti attesi, delle aspettative e degli obblighi attribuiti ad un individuo in ragione della sua posizione sociale (status). Lo status si caratterizza per la staticità (ad esempio essere o non essere genitore), il ruolo per la dinamicità (ad esempio scegliere come interpretare il ruolo di genitore).
L’attribuzione di ruolo e le aspettative ad esso associate svolgono sia la funzione di rendere prevedibili i comportamenti delle persone, sia quella di garantire un certo controllo sociale.
Cosa si aspetta dunque la nostra società dalle donne? Posti i limiti cui sono soggette tutte le generalizzazioni, le aspettative di ruolo sembrano essere molteplici e talvolta contrastanti tra di loro. Ci si aspetta che la donna sia seducente e provocante (al limite dell’ossessione), che si affermi nel lavoro, ma anche nella famiglia, che scelga la maternità, che abbia una particolare predisposizione alla cura.
Cosa si aspetta invece la nostra società dalla donna con disabilità? Che non possa essere né seducente, né provocante (spiegava una donna con disabilità intervenuta all’incontro: «Le altre donne sono tranquille con me perché mi considerano innocua, non in grado di competere con loro»), che non possa adeguatamente svolgere il ruolo di partner nella coppia e dunque non sappia crearsi una famiglia propria (sono state diverse le testimonianze di donne con disabilità non accettate dalla famiglia dei rispettivi partner in ragione della propria disabilità), che non sia in grado di prendersi cura (raccontava una donna con disabilità: «La casa la gestisco io con l’aiuto di una collaboratrice, io stabilisco cosa fare, ma c’è sempre qualcuno che si complimenta col mio compagno per l’ordine che regna in casa nostra…»).
La sensazione è dunque che nei confronti della donna la definizione dei ruoli richiami i modelli del genere femminile (che includono comportamenti, doveri, responsabilità e aspettative stereotipati/e), mentre nei confronti della donna con disabilità lo status di donna passi in secondo piano rispetto a quello di persona con disabilità e che, in quest’ultimo caso, le aspettative di ruolo attingano ai modelli – anche questi stereotipati e spesso farciti di pregiudizio – della disabilità. Pensare alla donna disabile come donna e basta, a quanto pare, non è ancora patrimonio condiviso.
Come invertire la tendenza? Assumendosi la responsabilità di disattendere i ruoli, se non proprio imposti, fortemente caldeggiati dalla società, ma vissuti dalla donna come eccessivamente costrittivi (ad esempio quelli dell’ossessiva ricerca della perfezione corporea o della seduzione a tutti i costi), e rivendicare i ruoli ancora socialmente negati, ma percepiti in armonia con la propria idea di sé (ad esempio far prevalere la propria femminilità e la propria personalità rispetto alla disabilità).
Valutiamo molto positivamente il coinvolgimento nelle attività del Gruppo Donne UILDM di una realtà – quale quella della Casa della Donna di Pisa – esterna al mondo della disabilità. È difficile infatti credere che possa esservi inclusione senza un contatto, un confronto e uno scambio con l’ambiente esterno.
Per chi fosse a questo punto interessato ad approfondire la questione, è consultabile l’ormai consueta relazione sulle nostre attività anche nella pagina web del Gruppo Donne UILDM (www.uildm.org/gruppodonne), la quale, tra l’altro, ha in copertina una striscia della nota vignettista Pat Carra.
*Gruppo Donne UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare).
Testo tratto dal n. 166 (luglio 2008) di «DM», periodico nazionale della UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) e qui riprodotto per gentile concessione.
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