Il recente Decreto Legge n. 137 del 1° settembre scorso – che ha tra l’altro anticipato all’anno scolastico 2008-2009 il ripristino del docente unico nella scuola primaria, ciò che il precedente Decreto Legge 112/08 aveva previsto per il prossimo anno – costringe il mondo della disabilità ad interrogarsi sul significato e sugli effetti di questo provvedimento. E ciò non limitando le riflessioni alle sole ricadute sul mondo della disabilità, ma con riguardo al sistema-scuola, perché l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità non è una realtà separata – come avviene con le scuole speciali – ma risente dell’andamento di tutto il sistema.
A parte la stranezza di un provvedimento oggetto di due Decreti Legge, emanati a distanza di pochi giorni, la prima impressione che si riceve è che il Governo, volendo immediatamente attuare le sue politiche di tagli alla spesa pubblica, ci abbia ripensato e abbia ritenuto necessario anticipare di un anno i tagli che poco prima aveva pensato di voler effettuare a partire dal prossimo anno.
Le motivazioni didattiche addotte dal Governo sono evanescenti, dal momento che il maestro unico già era ritenuto insufficiente alcuni decenni fa, quando si decise di sostituirlo col “modulo”, data la maggiore complessità dell’infanzia di oggi e dei saperi, nonché dei nuovi modi assai diversificati per accedervi.
Non per nulla su questa innovazione retrospettiva sono piovute numerose critiche e non solo da parte dell’opposizione, se è vero che il ministro delle Riforme Bossi ha aperto un contenzioso assai ruvido – come suo costume – con il ministro della Pubblica Istruzione Gelmini che gli ha risposto con lo stesso “stile letterario”.
Le motivazioni del ministro Bossi – ben diverse da quelle dell’opposizione, la quale ha centrato invece l’attenzione per lo più sull'”ignoranza governativa” rispetto agli odierni problemi culturali e sul megalicenziamento di quasi 80.000 docenti – sono piuttosto qualunquiste, poiché partono dal presupposto che su tre docenti ci sia maggiore probabilità che uno sia bravo, mentre se si tratta di un docente solo, la probabilità di uno cattivo sarebbe massima.
Personalmente condivido le preoccupazioni dei sindacati e di molti uomini di cultura circa l’errore compiuto con il ritorno al maestro unico, per le conseguenze negative sull’istruzione dei nostri bambini e sul mercato del lavoro dei docenti (assai più devastanti di quelle dei licenziamenti di Alitalia).
Inoltre siamo in molti a chiederci come si farà con un tale taglio di docenti a garantire il tempo pieno, fondamentale non solo per tanti alunni, ma soprattutto per moltissimi studenti con disabilità e stranieri. Dal canto suo il ministro Gelmini ha dichiarato che il tempo pieno resterà, senza però spiegare come.
Pur non essendo contrario in via di principio ad alcune innovazioni come il maggior peso del voto di condotta (che però non risolverà da solo il problema sociale del bullismo), desidero però esprimere qui una breve riflessione sull’integrazione scolastica. Infatti, ho sempre lamentato la scarsa collaborazione dei docenti curricolari all’insegnante per il sostegno nel processo di integrazione degli alunni con disabilità, che troppo spesso, salvo eccezioni, si riduce ad una delega esclusiva a quest’ultimo, con palese violazione della cultura e della prassi pluridecennale italiana di integrazione.
Se questa delega avviene quando esiste il modulo di tre docenti, sarà molto più facile giustificarla con la presenza di un solo docente, che dovrà seguire classi sempre più numerose.
E in ogni caso, se le motivazioni governative sui pro e i contro di tale pseudo-innovazione sono solo quelle finanziarie o quelle del calcolo delle probabilità, il dibattito culturale sulla riforma scolastica non fa alcun passo avanti.
Mi auguro allora che il ministro Gelmini – se non vuole sentire su questo i sindacati – voglia almeno ascoltare gli esperti del Ministero dell’Istruzione e del suo stesso partito (penso ad esempio all’onorevole Valentina Aprea, ex sottosegretario all’Istruzione e oggi Presidente della Commissione Istruzione della Camera), che hanno una più consolidata esperienza della scuola e possono, forse, farle ripensare alcune sue apodittiche certezze.
*Vicepresidente nazionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).
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