I «fannulloni» e i permessi lavorativi

di Carlo Giacobini
Le azioni del ministro Brunetta per combattere l’assenteismo hanno raccolto facili entusiasmi nell’opinione pubblica, complice anche una ben orchestrata campagna di stampa. Il problema esiste, ma il “sacro fuoco” purificatore rischia di intaccare anche diritti legali a bisogni reali. In barba anche alle Direttive Comunitarie...

Ragazzo con disabilità insieme alla madreGli interventi normativi per contrastare il fenomeno dell’assenteismo nella Pubblica Amministrazione si sono articolati in diversi passaggi. Il primo con l’inserimento nel Decreto Legge 112/08 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria) di specifiche misure elaborate dal ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione, Renato Brunetta, e ben sostenute da tutto il Governo Berlusconi: controlli sulla malattia, visite fiscali, contenimento dei permessi sindacali e dei permessi per l’assistenza dei familiari con disabilità, limitazioni dei premi incentivanti (parte significativa degli stipendi) per i lavoratori non “virtuosi”, cioè assenti, anche legittimamente, dal lavoro.
Il Decreto Legge è entrato in vigore dopo la sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Immediatamente dopo il Ministro Brunetta ha emanato, il 17 luglio, la Circolare n. 7, immediatamente applicativa. Le indicazioni sono molto perentorie, rigide e vanno, in molti passaggi, al di là delle disposizioni vigenti.
Il Parlamento ha convertito poi il Decreto 112 con la Legge 133/08 (6 agosto 2008). Per le parti che riguardano i permessi previsti per i lavoratori con disabilità e per quelli che assistono familiari con handicap grave, le modificazioni in sede di conversione sono quasi del tutto irrilevanti.
E tuttavia, ai primi di settembre, il ministro Brunetta ha emesso una nuova Circolare, la n. 8 del 5 settembre 2008, che è molto meno rigida, più conciliante e soprattutto più sostenibile sotto il profilo normativo: si temevano, infatti, una vera e propria “valanga di contenziosi” (che comunque ci saranno) in cui le Amministrazioni Pubbliche sarebbero state soccombenti.

La Circolare più recente
E veniamo, più nel dettaglio, proprio a quest’ultima Circolare, la n. 8 del 5 settembre, come detto.
Essa interessa i soli dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni, in relazione alle novità introdotte dal Decreto Legge 112/08, con l’intento di contenere fenomeni di assenteismo o presunti tali. Le nuove norme introducono restrizioni e controlli in materia di assenze per malattia o per visite mediche specialistiche e di permessi retribuiti, in particolare quelli previsti dalla Legge 104/92 (articolo 33) per l’assistenza ai familiari con handicap grave e per i lavoratori con grave disabilità.
Va detto, purtroppo, che  l’equivalenza “permessi lavorativi 104 = assenteismo e furberia” è ancora fastidiosamente strisciante.
Vediamo di seguito le varie novità, alla luce anche dell’ultima Circolare, che riguardano direttamente le persone con disabilità e i loro familiari.

Lavoratori con handicap grave e permessi
La Circolare 8 fornisce l’interpretazione della Legge 133/08 in materia di fruizioni dei permessi da parte dei lavoratori con handicap grave, confermando in sostanza quanto previsto dalla Legge 104/92 e ribadito nel corso degli anni da numerose Circolari.
Il lavoratore con disabilità, in possesso di certificazione di handicap grave (articolo 3, comma 3 della Legge 104/92), ha diritto alternativamente a due ore di permesso giornaliero (una sola se l’orario è inferiore alle sei ore giornaliere) o a tre giorni di permesso lavorativo al mese.
Il limite delle 18 ore mensili previsto dalla Legge 133/08 – precisa il Ministero – è da prendere in considerazione solo nel caso in cui i tre giorni vengano frazionati in ore.
Si tratterebbe – a nostro avviso – di una scelta irrazionale da parte del lavoratore disabile, poiché non avrebbe alcuna convenienza nel frazionare i permessi in ore, visto che può scegliere direttamente la fruizione delle due ore giornaliere di permesso. Inoltre, sottolinea il Ministero, tale limitazione è per ora applicabile solo nel caso che i Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro di riferimento abbiano già previsto una corrispondenza in ore dei tre giorni di permesso. Pertanto, ad oggi, il lavoratore che fruisce dei permessi lavorativi in ore giornaliere, non può vedersi opporre il limite delle diciotto ore mensili.
Un deciso passo indietro, dunque, da parte del Ministero, rispetto a quanto espresso dalla precedente Circolare n. 7.

Familiari di persone con handicap grave
La stessa considerazione riguarda i lavoratori che assistono familiari (coniuge o parenti e affini fino al terzo grado) con handicap grave.
Il limite delle diciotto ore mensili è da applicarsi solo nel caso in cui il dipendente pubblico decida di frazionare in ore i tre giorni di permesso mensili e solo nel caso che il suo Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro di riferimento abbia già previsto una corrispondenza in diciotto ore dei tre giorni di permesso. In tutti gli altri casi – lo dice il Ministero – non va effettuato alcun limite di ore.
Pertanto, il lavoratore che sceglie di fruire dei permessi di tre giorni di lavoro, il cui orario corrisponda a un totale superiore alle diciotto ore, non può essere limitato.

Limitazioni alla retribuzione
La Circolare 8/08 conferma poi quanto già espresso dalla legge di conversione del Decreto Legge 112/08 e dalla precedente Circolare 7/08 del Dipartimento della Funzione Pubblica, rispetto agli effetti negativi sulla retribuzione per i lavoratori che fruiscono dei permessi per l’assistenza ai familiari con handicap.
Nel comparto pubblico esistono dei “fondi per la contrattazione integrativa” che possono essere usati distribuendo ai dipendenti somme che assumono la valenza di incentivi, premi o altre denominazioni. Hanno spesso una valenza anche significativa nella retribuzione finale dei dipendenti pubblici.
Le nuove disposizioni mirano ad impedire che le Amministrazioni Pubbliche possano considerare l’assenza dal servizio come presenza ai fini della distribuzione delle somme dei fondi per la contrattazione integrativa. In estrema sintesi: più si è assenti dal lavoro e meno si percepisce in termini di premi, incentivi ecc.
Assistente con persona in carrozzinaLa disposizione riguarda, in generale, tutte le assenze, con esclusione di quelle esplicitamente individuate e cioè per maternità (compresa l’interdizione anticipata dal lavoro) e paternità, permessi per lutto, per citazione a testimoniare e per l’espletamento delle funzioni di giudice popolare, assenze, queste, previste dall’articolo 4, comma 1, della Legge 53/00, e i permessi per i dipendenti portatori di handicap grave di cui all’articolo 33, commi 6 e 3, della legge 104/92.
Sono invece considerate assenze, ad esempio, il congedo retribuito di due anni (anche frazionato) previsto dall’articolo 42, comma 5, del Decreto Legislativo 151/01 per l’assistenza ai figli con grave handicap, ai fratelli, alle sorelle conviventi, o al coniuge e i permessi lavorativi di cui all’articolo 33 della Legge 104/92 (commi 1, 2 e 3), cioè quelli che spettano ai genitori, ai parenti e agli affini delle persone con handicap grave.
Le persone che fruiscono di questi permessi avranno quindi una retribuzione inferiore. Sono esclusi da queste limitazioni, lo ricorda la Circolare 8/2008, i lavoratori con handicap grave che fruiscano dei permessi mensili o giornalieri.

Corte di Giustizia delle Comunità Europee
Dunque: i permessi lavorativi di cui alla Legge 104/92 se fruiti dai disabili lavoratori non incidono sullo stipendio reale, se fruiti invece dai familiari la retribuzione diminuisce.
Lo ripetiamo perché – nessun commentatore o analista l’ha ancora rilevato – questa discriminazione è proprio quella che la Corte di Giustizia delle Comunità Europee ha sanzionato con la Sentenza del 17 luglio 2008, per il Procedimento C-303/06. Il 17 luglio… proprio il giorno in cui il ministro Brunetta ha emesso la prima Circolare. Il 17 luglio: prima che il Parlamento discutesse la conversione in legge di quell’articolo discriminatorio…
In sostanza la Direttiva Comunitaria 2000/78/CE (recepita anche dall’Italia con il Decreto Legislativo 216/03) stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro e viene richiamata dalla citata Sentenza per il Procedimento C-303/06.
La causa: una segretaria inglese riteneva di essere stata spinta alle dimissioni a causa di un comportamento discriminatorio in quanto madre di una persona disabile con necessità di assistenza. Il Governo inglese – affiancato da quello italiano –  sosteneva che la Direttiva Comunitaria 2000/78/CE vieta ogni discriminazione e sancisce la parità di trattamento, ma solo per i lavoratori disabili e non già per i familiari che li assistono.
La Corte ha invece recisamente respinto l’interpretazione di Italia e Gran Bretagna: la Direttiva riguarda anche i familiari di persone con disabilità che non possono essere discriminati. Le normative nazionali a favore delle pari opportunità e contro le discriminazioni dei lavoratori con handicap grave dovrebbero valere quindi anche per i lavoratori che assistono familiari con disabilità grave.
Pertanto possiamo affermare che la norma contenuta nella Legge 133/08 – e nelle Circolari del ministro Brunetta – che limita la retribuzione per i lavoratori che assistono familiari con disabilità grave è contraria alla Direttiva Comunitaria 2000/78/CE.

Monitoraggio sui permessi lavorativi
Ma torniamo alla Circolare: in chiusura di essa, si esprime a chiare lettere l’intenzione di avviare un monitoraggio sulla fruizione dei permessi lavorativi previsti dalla Legge 104/92 «anche in previsione di un eventuale riordino della disciplina allo scopo di garantire un autentico ed efficace supporto sia ai dipendenti pubblici portatori di handicap grave, sia ai dipendenti pubblici ai quali incombe la necessità di assistere, in maniera continuativa ed esclusiva, familiari con handicap in situazione di gravità».
Tale monitoraggio «sarà volto ad acquisire i dati relativi alla consistenza delle situazioni di handicap grave certificate dalle strutture competenti, la loro reale incidenza sull’organizzazione del lavoro, e anche le difficoltà riscontrate dagli stessi dipendenti pubblici, titolari di permessi, nell’applicazione complessiva della legge».

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