Parkinson e «neuroni a specchio»

Uno studio clinico tutto italiano, che applica in fisioterapia i cosiddetti "neuroni a specchio", è stato recentemente presentato al congresso internazionale organizzato a Giardini Naxos dall'AIFI (Associazione Italiana Fisioterapisti) e dalla Società Scientifica Italiana di Fisioterapia e Riabilitazione. Incoraggianti i risultati ottenuti con dieci pazienti affetti dal morbo di Parkinson

Mano di persona con morbo di ParkinsonUn video mostra semplici gesti quotidiani: bere un bicchiere d’acqua, rispondere al telefono, vestirsi, camminare. Un gruppo di pazienti affetti dal morbo di Parkinson – la nota affezione del sistema nervoso centrale che colpisce quella parte del cervello responsabile del controllo dei movimenti prova a imitarli, per scoprire che un movimento prima impossibile può essere compiuto, che un gesto prima eseguito male può essere migliorato.

Sono questi i risultati di uno studio clinico tutto italiano condotto dall’Ospedale San Raffaele di Milano e dall’Università di Parma i cui dati preliminari sono stati presentati nei giorni scorsi durante il congresso internazionale organizzato dall’AIFI (Associazione Italiana Fisioterapisti) e dalla Società Scientifica Italiana di Fisioterapia e Riabilitazione, svoltosi a Giardini Naxos, Taormina (Messina) e intitolato Fisioterapia neurologica. Razionale e approcci terapeutici per la riabilitazione nelle lesioni del sistema nervoso centrale [se ne legga la nostra presentazione al testo disponibile cliccando qui, N.d.R.].
Lo studio è l’applicazione in fisioterapia dei sistemi dei cosiddetti “neuroni a specchio”, un tipo particolare di cellule scoperte da Giacomo Rizzolatti, neurofisiologo di fama mondiale, capaci di attivarsi sia quando compiamo un’azione che quando osserviamo altri mentre la compiono.

«Siamo solo agli inizi e non vogliamo creare illusioni – dichiara Roberto Gatti, fisioterapista e coordinatore della parte riabilitativa della ricerca partita un anno fa, oltre che dirigente del Servizio Tecnico Riabilitativo dell’Ospedale San Raffaele di Milano – e tuttavia i primi risultati sono incoraggianti. I dieci pazienti con Pakinson coinvolti hanno migliorato le loro funzioni motorie, riescono a fare gesti che prima non riuscivano a compiere, in alcuni casi hanno affinato il movimento. I filmati riprendono persone sane mentre svolgono venti gesti della vita di tutti i giorni, a volte inquadrati da varie angolazioni, in modo da segmentare i movimenti più complessi».

Quindi, i pazienti osservano più volte i filmati e da “spettatori” diventano attori, provando a ripetere i movimenti: afferrare una tazzina, sollevare la cornetta del telefono, girare su se stessi.
«Sembra l’uovo di Colombo e in effetti lo è», prosegue Gatti, che sta conducendo lo studio con un allievo di Rizzolatti, Giovanni Buccino, del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Parma, il quale ha presentato i risultati durante il congresso dell’AIFI. «Il prossimo passo sarà quello di raddoppiare o anche triplicare il numero dei pazienti, per ottenere dati più certi».

Il congresso di Giardini Naxos è stato sostanzialmente organizzato per andare incontro alla crescente richiesta di riabilitazione neurologica registrata in Italia. Infatti, le principali patologie che coinvolgono il sistema nervoso centrale sono in aumento in tutto il mondo e solo per rimanere nella sfera delle malattie cronico-degenerative, secondo i più recenti dati Istat, la percentuale di cittadini affetti da cronicità è in crescita, arrivando oggi a toccare il 36,6% della popolazione, contro il 35,9% del 2001. (P.P.)

Per ulteriori informazioni:
Patrizia Pallara, tel. 330 889838, papera@mclink.it.
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