Ha scritto Andrea Canevaro, uno dei pedagogisti più importanti e noti per l’impegno in favore dell’integrazione scolastica degli alunni con disabilità, in un testo ripreso anche da Superando.it [disponibile integralmente cliccando qui, N.d.R.]: «Non perdiamo la speranza. A chi deve guardare e a chi deve rispondere chi educa e si educa? A un ministro o a chi cresce? A chi cresce. E deve farlo guardando oltre, avanti, cioé non fermandosi a quello che ora vede, non solo al fatto che chi cresce è, ma aprendosi al domani, a ciò che sarà. È la dimensione “profetica” di don Lorenzo Milani, propria dell’educazione (educare/educarsi). Chi cresce non può essere solo “commentato”, magari sapientemente, per quello che è; deve ricevere indicazioni per quello che forse sarà… […] Quando arriva un po’ di sconosciuto (un soggetto non diagnosticato o con diagnosi non chiara; un soggetto particolare per i comportamenti o per la cultura di provenienza), chi educa dev’essere contento. È come quando in un villaggio sperduto arrivava un viaggiatore, uno straniero, che portava novità e notizie, anche difficili da capire. Benvenuto l’imprevisto!».
Bellissimo, no? Il fatto è che queste parole sono la spiegazione del senso che Andrea Canevaro annette alla propria decisione, assieme a Dario Ianes, di dimettersi dall’Osservatorio per l’Integrazione Scolastica del Ministero della Pubblica Istruzione.
«Questa nuova politica scolastica fatta di tagli, economie presunte, annunci e smentite, rigore, disciplina, ordine, divise, autorità, voto in condotta, bocciature, selezione – spiega Canevaro – produce in tutti ulteriore insicurezza, diffidenza e conflitti. Queste politiche scolastiche sono evidentemente gestite da finalità economicistiche, per risparmiare: ma questo avverrà sulle spalle delle famiglie, sulla pelle degli alunni e sulla credibilità della Scuola pubblica, come la vuole la nostra Costituzione» [la citazione è tratta dal testo disponibile cliccando qui, N.d.R.].
In un Paese che giustamente solidarizza con Roberto Saviano, mi aspetterei uno scatto d’orgoglio e di consapevolezza, perché il gesto di Canevaro e Ianes non può essere banalizzato come una reazione ideologica al cambio di governo: sono note, infatti, le sue criticità anche nei confronti di chi ha preceduto la Gelmini. È invece, la sua, la conferma che dobbiamo ripartire da capo, per non perdere la nostra migliore cultura. Pensiamoci.
*Testo già apparso nel settimanale «Vita» e qui ripreso per gentile concessione.
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