Sessualità e affettività, ognuno con i suoi tempi e modi

Appuntamento praticamente inedito nel panorama dei convegni italiani, il convegno di Pordenone sulla sessualità e l’affettività nella disabilità mentale ha raccolto un grande interesse, consentendo di approfondire temi di cui si parla ancora assai poco, nonostante siano fondamentali per la vita di ogni persona

Gioachino Chiesa, «Il bacio»Che la questione fosse “scottante” non avevamo dubbi, che fosse però anche una questione aperta con cui familiari e operatori fanno i conti tutti i giorni è altrettanto vero, altrimenti non si spiegherebbe il successo della giornata nazionale di studi su Sesso e affetti nella disabilità mentale, promossa il 20 ottobre scorso dalla Fondazione Bambini e Autismo ONLUS di Pordenone, in collaborazione con enti pubblici e privati [se ne legga la presentazione, in questo stesso sito, al testo disponibile cliccando qui, N.d.R.].

Alcune cifre: 150 iscritti in prevalenza residenti nel territorio regionale, ma anche provenienti da altre parti di Italia; 8 ore di lavori (reali) seguiti fino alla fine da un numerosissimo pubblico; la proiezione serale a Cinemazero e il dibattito sul film di Craig Gillespie Lars e una ragazza tutta sua; 2 soli relatori, assai esperti, però, sull’argomento, per dare informazioni e risposte appropriate.
Con questi “ingredienti”, dunque, è stata organizzata la giornata di studio di Pordenone, scoprendo che in Italia si è trattato del primo convegno a dare così tanto spazio all’argomento trattato.
Di solito, infatti, di questi temi si parla poco, e anche se relatori come Fabio Veglia del Centro di Scienza Cognitiva dell’Università di Torino, che da oltre vent’anni si occupa di sessualità, vengono spesso invitati a tenere relazioni in convegni dove genericamente si parla del disturbo mentale – quindi anche di sessualità e affettività – il tempo, però, è sempre tiranno (venti minuti, mezz’ora, non di più). A Pordenone, invece, i relatori hanno avuto a disposizione mezza giornata, quattro ore reali per approfondire gli argomenti e per rispondere ai molti quesiti posti da familiari e operatori sul che fare.

Ma che cosa è uscito da un convegno così unico, da un tipo di approfondimento così ampio e anche in un certo senso “scomodo”? Ad esempio che nei Piani Educativi Individualizzati – ovvero i Progetti Individualizzati per le varie persone con disabilità – dev’essere inserito anche questo aspetto, quello della sessualità, che normalmente manca.
E ancora che la sessualità si esprime in molti modi e per la persona adolescente con disagio mentale magari può essere già una “conquista sessuale” tenersi mano nella mano con la persona a cui vuole bene e via dicendo.

Per quanto riguarda specificamente l’autismo, Flavia Caretto, psicologa dell’Università di Roma Tor Vergata, ha sottolineato che è giusto e doveroso interrompere, da parte dei genitori e dei familiari, quel processo di infantilizzazione che rende gli adulti sempre bambini, in quanto persone con handicap.
«Non si possono grattare i piedini al congiunto – ha aggiunto Cinzia Raffin, presidente e responsabile scientifico della Fondazione Bambini e Autismo – quando i piedini hanno raggiunto la taglia 45 di scarpe! Bisogna capire che le carezze e le coccole che si davano al bambino non possono essere riservate nelle stesse modalità all’adulto autistico, se lo si vuole aiutare a crescere».

Vi è poi una questione etico-culturale sulla quale i relatori hanno insistito: l’affetto e il sesso danno il senso della vita alle persone. Se infatti oggi non chiamiamo più le persone con handicap mentale handicappati, subnormali o soggetti con autismo, ciò significa che si è fatto un preciso salto semantico, che porta a definirle persone con disabilità o diversamente abili, e allora bisogna anche riconoscere che le persone in quanto tali fanno tante cose nella vita, tra cui innamorarsi, fare l’amore e anche soffrire di pene d’amore, come tanta letteratura e poesia ci hanno raccontato per secoli.
Quindi alle “persone speciali”, ovvero alle persone con disabilità, con i loro modi e con i loro tempi, va data la possibilità di affrontare anche questo aspetto della vita, se si vuole che la qualifica stessa di persone abbia un senso.

*Direttore generale della Fondazione Bambini e Autismo ONLUS di Pordenone.

Please follow and like us:
Pin Share
Stampa questo articolo