Questo chiedo per la disabilità a Roma

di Pietro Pellillo
Una lettera aperta rivolta ad Antonio Guidi, che dal luglio di quest'anno è il delegato alle Politiche della Disabilità per il Comune di Roma. Un messaggio che si rifà alla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, per chiedere che i fondamentali princìpi sanciti da quel Trattato diventino impegni e azioni concrete anche nella Capitale, pensando ad esempio ad un'Agenzia Comunale sulla disabilità e a una sorta di "carta d'identità" che eviti alle persone di dover continuamente dimostrare la propria disabilità

Gentile Professor Guidi, non rappresento un’Istituzione, né un’Associazione nazionale o locale, ma solo e soltanto una vita, simile a quella di milioni di esseri, che come me hanno forse (?) il diritto/dovere di dire qualcosa (per me tutto).
Fondamentale è stata, il 13 dicembre del 2006, l’approvazione della Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità, da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ma altrettanto fondamentale dovrà essere ora che a questo importante documento seguano veri e propri impegni e azioni concrete da parte degli Stati e dei Governi. Perché dietro ad ogni disabilità c’è una vita pulsante che può spegnersi.

Particolare di mano di persona con disabilità che stringe la ruota di una carrozzinaPer quanto riguarda Roma, la mia città, dove le contraddizioni sociali, culturali, storiche e architettoniche sono evidenti dietro ogni angolo – seppure spesso nascoste – mi auguro che per quanto di Sua competenza e autorevole influenza venga presa seriamente in esame l’istituzione di un’Agenzia Comunale che:
– coinvolga tutti i disabili residenti;
– risponda direttamente al Sindaco;
– abbia vita e autonomia proprie;
– attui e istituisca altre Agenzie Comunali impegnate nel settore, finalizzando e sintetizzando il lavoro di queste ultime e dei vari Uffici Handicap;
– colloqui direttamente con le ASL e con le molteplici associazioni presenti nel territorio.

A parer mio la vera e profonda discriminazione nasce da una profonda e inquietante ignoranza sociale e culturale circa la disabilità il che arreca danni gravissimi a persone già di per sé in condizioni precarie. Può sembrare grottesco, ma attualmente in Italia le Istituzioni, la Sanità Nazionale e quelle Regionali, i Comuni e lo stesso Istat non sanno con precisione quanti disabili vivono nel proprio territorio e allora mi chiedo: com’è possibile poter alleviare le difficoltà di persone deboli, di cui non si conosce l’esistenza? Non è questa già una sorta di discriminazione?
E ancora, come si può non vedere che la disabilità viene affrontata in maniera diversa da Regione a Regione? Non è paradossale che nell’essere considerati “diversi in quanto disabili”, siamo anche ghettizzati a secondo del luogo dove viviamo? È come un insieme di “scatole cinesi”, dove una non sa cosa c’è nell’altra.
Per questo mi auguro anche che Lei possa finalmente incentivare, come Delegato alle Politiche della Disabilità della Capitale, l’istituzione di un documento di riconoscimento giuridico del disabile (una sorta di “carta d’identità”), il cui possesso indichi automaticamente tutti i diritti e le agevolazioni collegate, senza più dover dimostrare la disabilità, offendendo la dignità di tante persone che devono chiedere e ancora chiedere, per ottenere (forse) qualcosa.

Tutto ciò potrebbe segnare una precisa indicazione del pieno e attuativo recepimento della storica Convenzione Internazionale sui Diritti delle Persone con Disabilità. Questo se, con serietà, vorremo far seguire alle tante e roboanti parole anche i fatti e le azioni, riflessi di una migliore società e dignità di Vita.

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