«Caccia al tesoro» (l’accessibilità) nel centro di Bari*

di Michele Pacciano
A Bari il nuovo tratto di metropolitana recentemente inaugurato corre a singhiozzo per le persone con disabilità: per prenderlo, infatti, devi essere "Indiana Jones", con tanto di mappa, soprattutto nel centro cittadino e per espressa ammissione della direzione aziendale, la situazione non sembra destinata a cambiare tanto presto. Il reportage di un'avventura tra le barriere, mentre la FISH della Puglia (Federazione Italiana per il Superamento dell'Handicap) chiede e ottiene un incontro a breve con gli amministratori locali e i progettisti, per discutere della questione

Incomincia la «caccia al tesoro»...È nata il 22 dicembre, inaugurazione in pompa magna, la Metropolitana del Norbarese, quattro chilometri di circuito cittadino nel centro di Bari. È stata sbandierata come una delle più accessibili d’Europa. Peccato che i disabili debbano ancora fare la “caccia al tesoro”!

Arrivo dunque dalla provincia e l’avventura inizia al “mitico” snodo degli autobus di Viale Capruzzi, con personale corredo di carrozzella e stampelle, per fortuna. La biglietteria del metrò è in Piazza Moro, dall’altra parte della stazione e per raggiungerla bisogna affidarsi alle scale di binario – quelle del sottopasso – gialle, verdi e rosse per intenderci.
Ci avevano avvertito che una delle gradinate, quella gialla, in corrispondenza del Piazzale Ovest, era munita di servoscala. Una sola su tre ingressi. Non c’è molto tempo, per attivare il servoscala c’è bisogno di chiamare le maestranze, la scala sembra invisibile, la troviamo dopo mezz’ora, su indicazione di una vecchia rom, accoccolata a chiedere l’elemosina. La donna non sa neanche se la fatidica scala sia gialla o rossa.
«Abbiamo chiuso la carrozzina e ci siamo decisi a salire a piedi...»Intanto abbiamo chiuso la carrozzina e ci siamo decisi a salire a piedi, con buona pace dei nostri muscoli e dei passanti che si offrono attoniti per darci una mano, se avessimo aspettato, avremmo sicuramente perso il treno, ma non importa… È possibile che ci sia una sola scala agibile?

Decidiamo allora di rivolgerci all’Ufficio Disabili delle Ferrovie e dopo averlo raggiunto con un’altra arrampicata, lo troviamo, momentaneamente, chiuso.
Poco male, siamo “tornati a riveder le stelle”, in fondo cercavamo la metropolitana, la biglietteria è a pochi passi. Ma… Porte scorrevoli, sale accoglienti, ma ci sono due gradini in marmo da superare, che fare?
Quando li superiamo, a forza di braccia, col fotografo improvvisato barelliere, la direzione ci risponde di avere pazienza, sono ancora in rodaggio. Hanno una pedana mobile, la montano alla bisogna. Quando arriva un disabile, una solerte e gentile impiegata spinge un pulsante rosso e avverte gli addetti che si precipitano e la apprestano, come un ponte di barche. Ma come si fa ad individuare il disabile che arriva? Bisogna avere pazienza – ribadisce la direzione – l’accompagnatore dovrebbe bussare e avvertire.«E se non c'è l'accompagnatore?...» E quando non c’è l’accompagnatore? Sconsolata scrollata di spalle del gentilissimo funzionario: «Abbiate pazienza, è una situazione provvisoria, provvederemo al più presto, anche noi dobbiamo fare i conti con la burocrazia…».

Il biglietto costa un euro, per arrivare ai binari c’è un modernissimo servoscala, carrelli elevatori per salire sul treno, personale ausiliario in tutte le quattro fermate del San Paolo. In tutti gli snodi forniti di sottopasso è possibile usufruire di un servizio sicuro ed efficiente. Ma…
Ebbene sì, c’è un altro ma e riguarda le stazioni intermedie, le fermate, di Via Quintino Sella, Via Brigata Bari e Via Francesco Crispi. Queste sono stazioni vecchie – si giustifica la direzione – non ci sono gli spazi per attrezzarle. E allora? Per ora rimangono così. E chissà per quanto tempo. L’azienda rincara la dose: «Ci sono dei cartelli in tutte le fermate – dice – alla partenza il disabile è avvertito che queste fermate sono sprovviste del servizio».
In effetti i cartelli ci sono, ma bisogna trovarli col lanternino. E allora? O se la cava da solo, o non prende la metropolitana. Peccato che le cosiddette “fermate intermedie” corrispondano ai punti nevralgici della città. Se un disabile non può viversi da solo il centro e i quartieri più accorsati, a che serve la metropolitana? L’handicappato non sarà mai autonomo. E anche accompagnato, avrà le sua difficoltà.
È la solita storia: «Sei disabile, bravo, tanta comprensione, tanta buona volontà, ma alla fine, veditela tu!».

La solita storia, dunque, ma al peggio non c’è mai fine. Apprendiamo infatti che le stazioni di Macchie, Sovereto e… udite udite, Barletta Centrale, non sono attrezzate per il trasporto delle persone con disabilità, ci sono solo due binari d’entrata e – sempre secondo la direzione aziendale – è difficile prevedere la messa a norma in tempi brevi.
La situazione provvisoria, dunque, rischia di farsi endemica come sempre. Il «tra poco» rischia di diventare mai. La nuova metropolitana sferraglia già su traversine vecchie e forse invecchierà anzitempo.

Come segnala Vincenzo Falabella, presidente della FISH Puglia (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), la Federazione stessa ha già chiesto e ottenuto un incontro con gli amministratori baresi e con i progettisti dell’infrastruttura, per discutere la questione della nuova metropolitana.
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*Testo già presentato dal quotidiano «La Gazzetta del Mezzogiorno» del 19 gennaio 2009, con il titolo Il nuovo Metrò di Bari, impossibile per i disabili, e qui ripreso per gentile concessione.

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