Non ci facciamo trascinare in questa guerra senza quartiere

di Pietro Barbieri
Con "l'operetta italiota" di questi giorni, il caso di Eluana Englaro c'entra poco e c'entra ancor meno Rosanna Benzi, con le sue battaglie per i diritti e per l'emancipazione, le sue sistematiche considerazioni che il problema è il contesto e non la condizione biologica personale. E a chi cerca disperatamente di "trascinare" le associazioni di persone con disabilità e dei loro familiari bisogna innanzitutto chiedere perché i Diritti Umani e la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità non sono mai stati richiamati per tutelare le persone segregate in istituti in tutta Italia, persone che vivono la restrizione delle libertà personali senza avere commesso alcun reato

Rosanna BenziÈ un’iperbole piuttosto ardita quella di Riccardo Bonacina* nel blog di «Vita» il 4 febbraio scorso [il riferimento è al testo intitolato Dalla Benzi a Marino, la voce delle persone disabili che non c’è più, disponibile cliccando qui, N.d.R.]. Già nel titolo – Dalla Benzi a Marino, la voce delle persone disabili che non c’è più – si prefigura un audace parallelo tra Rosanna Benzi** e Ignazio Marino***: la prima come “simbolo della vita” e il secondo “della morte”. È il frutto di queste ore avvelenate da un manipolo di sanfedisti che hanno portato il caso di Eluana Englaro sul piano pro life (“per la vita”) e pro choice (“per la scelta”) che negli Stati Uniti ha visto militanti dell’una e dell’altra parte affrontarsi con violenza, cagionando persino la morte a qualche avversario. Altro che pietas

No, caro Riccardo, non ci facciamo trascinare in questa guerra senza quartiere che asserve al proprio interesse qualsivoglia faccenda, anche la vita di Eluana Englaro: alcuni cattolici “rigorosi” che vogliono creare il solco con i più liberal e conquistarsi definitivamente le gerarchie ecclesiali; i laici conservatori, che tuttora vedono nei teo-con statunitensi la loro musa ispiratrice, senza accorgersi che con McCain sono spariti dalla circolazione; i laici conservatori, non catalogabili tra i “cervelli all’ammasso” ai quali è stato sottratto il diritto di parola e di voto dal Premier; i cattolici “adulti” che sentono il terreno franare sotto i loro piedi e quindi si lanciano in una disperata rincorsa dei “rigorosi”; i laici sinistresi e “sinistrati” che sparano anche roba inascoltabile al limite della teoria eugenetica, a cui essi stessi mostrano di credere poco.
Rubén GallegoOgni area si è trovata il suo nucleo interpretativo di riferimento, con annessi scienziati, filosofi e intellettuali. Specie la prima area cerca disperatamente le associazioni delle persone con disabilità e dei loro familiari e i loro leader per testimoniare sulla vita, su quanto è bella e su come ci sia il pericolo di un piano scivolato verso l’eugenetica… No, caro Riccardo, non riesco neanche sforzandomi ad immaginare Ignazio Marino nelle vesti del “nuovo Mengele”. Marino ha passato la sua vita professionale a salvare vite. Non confondere un richiamo alla correttezza di informazione – così come molti altri fanno su terreni opposti – con lo sterminio di massa delle persone con disabilità ad opera dei nazisti.

Nella peggior tradizione della politica nostrana, la vita e la morte di Eluana si sono trasformate in una resa dei conti “da operetta”, con ululati tanto virtuosi quanto inutili: nel campo cattolico, ruiniani e martininani tornano a fronteggiarsi per misurare se per il popolo “gregge” è più forte il richiamo antirelativista (la vita senza se e senza ma) o la carità e la speranza (la vita e il suo pieno sviluppo); nel campo laico si consumano molte vendette e la più succulenta è quella degli ex socialisti di Forza Italia che come falchi puntano la preda – i postcomunisti – ai quali possono impartire finalmente una lezione etica dopo averne subite di enormi con Tangentopoli. Come nella migliore tradizione, l’operetta italiota si spegnerà nel nulla, una tragedia che non fa né morti né feriti.

Il caso di Eluana Englaro c’entra poco. È un’occasione come un’altra. Ma vedi, Rosanna Benzi c’entra ancor meno. Dove sta in tutto questo la sua battaglia per i diritti e per l’emancipazione? Dov’è la sua considerazione sistematica che il problema è il contesto e non la condizione biologica personale? Perché i Diritti Umani e la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità non sono mai stati richiamati per tutelare persone segregate tuttora in istituti in tutta Italia, ovvero per liberare persone che vivono la restrizione delle libertà personali senza aver commesso alcun reato?
Ti prego, Riccardo, prima di parlare di Rosanna, rileggi il libro Bianco su nero di Rubén Gallego [se ne legga, in questo sito, il testo intitolato Il fascino di Rubén Gallego, disponibile cliccando qui, N.d.R.] e fai con noi una verifica delle migliaia di persone che in Italia ancora oggi vivono quella situazione in istituzioni religiose o laiche. Gallego, come del resto chiunque vi è passato, lo descrive come un luogo dove si attende la morte e basta.

*Presidente del Consiglio di Amministrazione di Vita.it.
**Rosanna Benzi morì nel 1991 a 43 anni, dopo averne passati 29 nel polmone d’acciaio. Fondò la rivista «Gli Altri», dedicata all’emarginazione delle persone con disabilità e delle “fasce deboli” in genere.
***Senatore dal 2006, è presidente della Commissione Parlamentare di Inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del Servizio Sanitario Nazionale, nonché Capogruppo del Partito Democratico alla Commissione igiene e Sanità del Senato.

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