Sembra che grazie ad un semplice test – un’ecografia sulla fronte – sarà possibile individuare i portatori sani della sordità congenita ed evitare che dei neonati siano riconosciuti come sordi profondi. Una ricerca condotta a Trieste ha stabilito infatti che i portatori sani di una mutazione assai comune nel gene GJB2 (connessina 26) presentano un ispessimento dell’epidermide più marcato nelle persone prive di udito.
Il test è stato ideato dal Laboratorio di Genetica Medica e dalla Struttura Complessa di Radiologia dell’IRCCS Burlo Garofolo di Trieste, insieme all’ateneo della città giuliana, e dopo essere stato brevettato, è già nella sfera d’interesse di una multinazionale.
La sordità congenita colpisce un bambino su mille nati ed è dovuta alla mutazione di un gene. Come in altre Malattie Rare, due portatori sani (e inconsapevoli di possedere il gene mutato) hanno il 25% di possibilità di generare un figlio sordo profondo, il 50% di generarlo portatore sano e il restante 25% di generarlo senza patologia.
Il test ideato al Burlo nasce dall’intuizione del genetista Paolo Gasparini, che lavorando da decenni sulle cause genetiche della sordità, ha associato a questa grave patologia una particolare caratteristica della pelle, ovvero l’ispessimento dell’epidermide, che della pelle stessa costituisce lo strato più esterno.
Tre anni di lavoro, oltre mille volontari – pazienti sordi e loro familiari provenienti da tutta Italia, che hanno accettato di prendere parte allo screening – hanno consentito dunque ai genetisti e ai radiologi, questi ultimi diretti da Pierpaolo Guastalla, di verificare l’effettiva correlazione tra lo spessore dell’epidermide e la sordità congenita.
«Le potenzialità di questo sistema di screening sono molteplici – ha dichiarato Paolo Gasparini – e il test ecografico sulla fronte è indolore, poco costoso, immediato e semplice da effettuare; i risultati fino ad ora ottenuti sono ottimi, tanto da averci portato immediatamente a un brevetto».
«Le implicazioni sanitarie di questa scoperta – sottolineano dal canto loro Mauro Delendi e Giorgio Tamburlini, rispettivamente direttore generale e direttore scientifico dell’IRCCS Burlo Garofalo – sono molto importanti: troppo spesso, infatti, i bambini sordi dalla nascita rischiano di diventare sordomuti perché la loro patologia viene riconosciuta solo all’età di sei mesi, compromettendo la possibilità di insegnar loro a parlare».
Ora il sistema dovrà essere testato su scala più ampia per confermare la sua validità anche in altre popolazioni. (S.B.)
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