È stata approvata la scorsa settimana dal Parlamento Europeo una proposta di Direttiva volta a istituire un quadro comunitario sull’assistenza sanitaria transfrontaliera all’interno dell’Unione Europea, tentando soprattutto di precisare le competenze nazionali nell’ambito delle prestazioni dei servizi sanitari, di chiarire e rafforzare le norme sui rimborsi dei costi delle prestazioni stesse e di garantire la sicurezza, l’informazione e i diritti dei pazienti.
La procedura proseguirà ora nel corso della prossima legislatura europea, dopo le elezioni di giugno.
Cure in altri Stati
Basata anche su alcune sentenze della Corte di Giustizia Europea, la proposta intende sostanzialmente chiarire i diritti dei pazienti a ottenere cure in uno Stato membro diverso da quello d’origine e il livello dei rimborsi delle spese sanitarie, fissando in tal senso princìpi comuni a tutti i sistemi sanitari dell’Unione e istituendo un quadro per la cooperazione europea in settori quali il riconoscimento delle prescrizioni mediche rilasciate in altri Paesi.
Parallelamente, resterebbero in vigore l’attuale quadro e tutti i princìpi relativi al coordinamento dei regimi di sicurezza sociale (compreso il diritto del paziente di essere assistito in un altro Stato membro in condizioni di parità con i residenti), nonché l’attuale tessera europea di assicurazione per malattia.
La “mobilità del paziente”
È stata la votazione sulla relazione presentata dal ministro inglese della Salute John Bowis a portare a numerosi emendamenti volti innanzitutto a precisare che la Direttiva si dovrebbe applicare ai pazienti e alla loro mobilità all’interno dell’Unione Europea e non, come indicato dalla precedente proposta della Commissione, alla prestazione transfrontaliera di cure sanitarie (anche temporanea) e alla mobilità dei professionisti della sanità. Più in particolare, il concetto di “assistenza sanitaria” dovrebbe abbracciare «esclusivamente il ricorso all’assistenza sanitaria in uno Stato membro diverso da quello in cui il paziente risulta persona assicurata», e trattarsi quindi della cosiddetta «mobilità del paziente».
Altri emendamenti suggeriscono poi di escludere dal campo d’applicazione della direttiva i servizi di assistenza di lunga durata, prestati allo scopo di sostenere le persone nei compiti quotidiani e di routine (come quelli per gli anziani), così come i trapianti di organi che, «in considerazione della loro specifica natura», dovranno essere disciplinati da un atto legislativo distinto.
Rispettare le competenze nazionali
E ancora, i deputati hanno voluto chiarire che la Direttiva dovrà rispettare appieno le competenze nazionali relative all’organizzazione e alla prestazione dell’assistenza sanitaria. A tal proposito è stato sottolineato che il presente testo «non pregiudica la facoltà di ciascuno Stato membro di decidere il tipo di assistenza sanitaria che ritiene opportuno». Nessuna sua disposizione, inoltre, «dev’essere interpretata in modo tale da compromettere le fondamentali scelte etiche degli Stati membri», in particolare per quanto riguarda l’eutanasia, i test sul DNA e la fecondazione in vitro, senza pregiudicare quindi la facoltà di ogni Stato membro «di decidere il tipo di assistenza sanitaria che ritiene opportuno».
Agli Stati dovrà poi essere riconosciuta la possibilità di organizzare i propri sistemi di assistenza sanitaria e sicurezza sociale a livello regionale e locale.
I rimborsi
Sul fronte dei rimborsi, la Direttiva impone allo Stato membro di affiliazione di non impedire a una persona assicurata di recarsi in un altro Stato membro per avvalersi dell’assistenza sanitaria, «qualora le cure in questione siano comprese tra le prestazioni cui ha diritto» in forza alle norme nazionali.
Lo stesso Stato membro di affiliazione dovrà inoltre rimborsare i costi che sarebbero stati coperti dal suo sistema obbligatorio di sicurezza sociale se la medesima o analoga assistenza sanitaria fosse stata erogata sul suo territorio.
I deputati sono stati concordi su questa impostazione, precisando però che le spese, oltre che alla persona assicurata, possono anche essere rimborsate allo Stato membro di cura. Fermo restando, poi, che spetta allo Stato membro di affiliazione determinare quale assistenza sanitaria venga pagata, indipendentemente da dove viene prestata, un emendamento propone che ogni rifiuto di rimborso dovrà essere giustificato da un punto di vista medico.
Gli Stati membri, infine, dovranno dotarsi di un sistema trasparente per il calcolo dei costi dell’assistenza sanitaria prestata in un altro Paese dell’Unione Europea, basato su criteri obiettivi, non discriminatori e preventivamente noti.
Malati rari e persone con disabilità
Particolari provvedimenti sono stati previsti anche per i pazienti affetti da Malattie Rare ai quali verrà concesso il diritto di accesso all’assistenza sanitaria e il rimborso «anche se il trattamento in questione non è tra le prestazioni previste dalla legislazione dello Stato membro di affiliazione». D’altro lato, un emendamento consente agli Stati membri di decidere di coprire altri costi collegati, come ad esempio il trattamento terapeutico e le spese di viaggio e di soggiorno.
A determinate condizioni, dovrebbero poi essere rimborsati i costi supplementari che potrebbero subire le persone con disabilità a causa del loro stato.
Un sistema di autorizzazione preventiva
La nuova proposta di Direttiva consente allo Stato membro di affiliazione di prevedere un sistema di autorizzazione preventiva per il rimborso da parte del proprio sistema di sicurezza sociale, in riferimento ai costi delle cure ospedaliere prestate in un altro Stato membro, purché siano rispettate determinate condizioni; ad esempio, quando le cure sanitarie sarebbero state prese a carico del proprio sistema di sicurezza sociale se fossero state fornite sul proprio territorio, oppure se vi è il rischio di compromettere l’equilibrio finanziario del proprio sistema di sicurezza sociale. L’Europarlamento accoglie dunque tale impostazione, ma propone che la definizione di “cure ospedaliere” sia stabilita dallo Stato membro di affiliazione e non dalla Commissione. Precisa inoltre che il sistema di autorizzazione non deve rappresentare «un ostacolo alla libera circolazione delle persone».
Un emendamento chiede inoltre di esentare dall’autorizzazione preventiva i pazienti affetti da patologie potenzialmente letali che sono in lista d’attesa per terapie nel proprio Stato membro e che abbiano urgente necessità di assistenza.
L’incertezza sui rimborsi
D’altro lato, per evitare l’incertezza dei pazienti in merito ai rimborsi, il Parlamento propone di garantire loro il diritto di richiedere un’autorizzazione preventiva e di conoscere in anticipo l’importo che sarà loro corrisposto. La conferma scritta di ciò dovrebbe quindi poter essere presentata all’ospedale in cui vengono somministrate le cure, che pertanto otterrebbe direttamente il rimborso dallo Stato membro di affiliazione.
Quest’ultimo, secondo i deputati, dovrebbe inoltre assicurare ai pazienti – i quali abbiano ottenuto un’autorizzazione preventiva – che sarà loro richiesto di effettuare solo i pagamenti anticipati o supplementari al sistema sanitario e/o agli operatori dello Stato membro ospitante, «nella misura in cui tali pagamenti verrebbero richiesti» in quello di affiliazione.
Un altro emendamento chiede alla Commissione di realizzare – entro due anni dall’entrata in vigore della Direttiva – uno studio di fattibilità riguardo alla creazione di una stanza di compensazione al fine di agevolare i rimborsi transfrontalieri delle spese.
Mediatore Europeo dei Pazienti e Info Point
Numerosi emendamenti sono tesi poi a rafforzare la sicurezza, l’informazione e i diritti dei pazienti. Il Parlamento, ad esempio, ha proposto di istituire la figura del “Mediatore Europeo dei Pazienti” – una sorta di Difensore Civico Europeo – ncaricato di esaminare le denunce in materia di autorizzazione preventiva e di rimborso delle spese o dei danni.
Si è chiesto anche che gli Stati membri di affiliazione offrano al paziente un mezzo per effettuare denunce e che gli siano riconosciuti strumenti di tutela e risarcimento del danno subìto a causa delle cure ricevute. E ancora, gli standard di qualità e sicurezza dello Stato membro ospitante dovrebbero essere resi pubblici in un linguaggio accessibile e in un formato chiaro e contemplare il diritto alla continuità delle cure, in particolare tramite la trasmissione dei dati medici pertinenti. In caso di complicazioni, inoltre, dovrebbero essere coperti i costi risultanti dall’assistenza prestata all’estero.
I deputati hanno infine accolto con favore l’istituzione di “Punti di Contatto Nazionali” (“Info Point“), precisandone i compiti a tutela dei pazienti.
Cure ospedaliere
In conclusione, riguardo alle cure non ospedaliere, il Parlamento ha accolto l’idea della Commissione secondo cui lo Stato membro di affiliazione non può subordinare all’autorizzazione preventiva il rimborso dei costi delle cure prestate in un altro Stato membro, nel caso in cui il proprio sistema di sicurezza sociale «si fosse fatto carico dei costi di queste cure se esse fossero state prestate sul suo territorio».
Riferendosi a una sentenza della Corte di Giustizia Europea, si è però aggiunto che lo stesso vale per l’acquisto in un altro Stato membro di prodotti inerenti alle cure stesse.
Si ringrazia per le informazioni Federico Rossetto, addetto stampa per l’Italia del Parlamento Europeo e Giuliano Giovinazzo per la segnalazione della notizia.
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