L’occasione offerta dall’organizzazione del Forum Regionale dell’Umbria sul Welfare [svoltosi a Perugia dal 23 al 24 aprile scorsi, N.d.R.] è un passaggio politico e culturale di importanza strategica per contribuire alla definizione di un documento come il 2° Piano Sociale della Regione Umbria e alla riforma della Legge Regionale 3/97 (Riorganizzazione della rete di protezione sociale regionale e riordino delle funzioni socio-assistenziali), in modo tale da saper rispondere e governare uniformemente i bisogni e le aspettative delle persone e in particolare di quelle esposte ai rischi sempre crescenti di emarginazione ed esclusione sociale.
Si tratta di una sfida che non può essere rinviata né tanto meno persa, soprattutto oggi dove a fronte di un costante attacco teso a sottrarre risorse da questo settore da parte del Governo in carica, si rende ineludibile – da parte delle Regioni e degli Enti Locali – rilanciare e investire senza indugi sia sul versante delle risorse economiche proprie, sia sulla necessità di ripensare culturalmente l’intero modello di welfare, superando il modello risarcitorio e residuale che considera la persona come un costo e non invece come una risorsa e un investimento.
In tal senso, porre al centro la persona e la sua famiglia dev’essere un modello che – superata la sterile retorica dei proclami – si traduca in un sistema di servizi e di interventi appropriato ed efficace, per rispondere alle diversità dei bisogni espressi dai Cittadini e dalle Cittadine. Bisogna dunque partire e ripartire dalla rilevazione e dalla lettura dei bisogni, per offrire sempre più servizi diversificati, soggettivi e personalizzati, in una logica di sperimentazione e di forte innovazione organizzativa e funzionale.
In questa particolare e per certi aspetti difficile congiuntura socio-economica, si rende necessario recuperare all’Istituzione Regione un ruolo di indirizzo autorevole e di efficace e reale programmazione territoriale, dove tutti i diversi ruoli istituzionali territoriali possano liberare con forza le energie sprigionate da un consapevole e maturo rapporto di sussidiarietà verticale e orizzontale. Tutti i diversi servizi devono insomma sentirsi parte integrante e attiva per migliorare la qualità della vita dei Cittadini e delle Cittadine che vivono sull’intero territorio regionale.
In un momento sociale delicato e difficile come quello in cui viviamo, si rende necessario altresì il recupero e la valorizzazione delle competenze, dei saperi e delle esperienze provenienti dai diversi territori, un valore aggiunto fondamentale per la costruzione di un modello organizzativo e funzionale che sappia governare le sfide poste dalla riorganizzazione della riforma endo-regionale e dal nuovo modello di federalismo fiscale.
In merito ad alcune questioni importanti come il PRINA [Piano Regionale Integrato per la Non Autosufficienza. 2008-2010, N.d.R.], la FISH dell’Umbria (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) ha avuto già modo di esprimersi pubblicamente. Pur apprezzando lo sforzo fatto di portare a sintesi i diversi pensieri emersi dalla lunga discussione, non ci piace l’impostazione eccessivamente sanitarizzata della disabilità contenuta nel PRINA e non ci piace nemmeno il nuovo strumento di valutazione per l’accesso alle prestazioni previste dal PRINA stesso, che di fatto modifica un impianto di valutazione in seno alle Unità Multidisciplinari di Valutazione (UMV) esistenti, collaudato da tempo quale strumento fondamentale per un’effettiva e reale valutazione di tutti i bisogni delle persone con disabilità.
Il restringimento a una dimensione quasi esclusivamente sanitaria nella valutazione della gravità della persona disabile non autosufficiente per l’accesso alle prestazioni aggiuntive previste dal PRINA, di fatto esclude una larga parte di persone con disabilità non autosufficienti, che si vede limitata di fatto la possibilità di trovare sostegno socio-assistenziale dalla nuova normativa. In ultima analisi, percepiamo un rischio latente in cui l’intervento effettivo rivolto alla persona con disabilità si riduca di fatto al consolidamento o al solo tentativo di mantenimento dell’attuale sistema assistenziale, piuttosto che all’effettiva attivazione di un modello di presa in carico globale che possa superare il concetto di «pacchetti di prestazioni assistenziali» previsti dal PAP [Programma di Assistenza Personalizzato, N.d.R.] della Legge Regionale 9/08, verso invece un vero e proprio Progetto Individuale, in grado di ricomprendere e razionalizzare tutti quegli interventi indispensabili per il potenziamento del progetto di vita della persona con disabilità e quindi l’effettivo riconoscimento dei diritti a prescindere dalla stessa condizione di disabilità.
Le persone con disabilità e le loro famiglie – che costituiscono la FISH – auspicano che i valori, i princìpi e soprattutto le azioni enunciate in questo Piano Sociale Regionale – che noi per larga misura condividiamo e sosteniamo – possano trovare effettiva attuazione nel territorio regionale, nel pieno rispetto delle linee e dei princìpi enunciati nella Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, approvata dal Parlamento Italiano e oggi legge dello Stato [Legge 18/09, N.d.R.].
Chiediamo dunque a tutti gli attori interessati a vario titolo di assumersi le necessarie responsabilità, per tradurre consapevolmente in azioni gli indirizzi di questo Piano. Auspichiamo inoltre un significativo miglioramento nei rapporti di collaborazione e di coinvolgimento nei processi decisionali di costruzione delle politiche dedicate, con i diversi livelli istituzionali. Chiediamo ancora di aprire tavoli permanenti di confronto alla vigilia di nuovi e significativi processi di riorganizzazione dei diversi livelli Istituzionali, per concertare e valutare risposte efficaci ed appropriate ai bisogni delle persone con disabilità e delle loro famiglie. Chiediamo infine che le diverse competenze che risiedono nella «presa in carico» delle persone con disabilità, di cui all’articolo 14 della Legge 328/00 (istruzione, sanità, trasporti, abitazione, lavoro, sport, tempo libero ecc.), possano essere governate in maniera uniforme sul territorio regionale dai diversi livelli istituzionali, con un’unica cabina di regia, per ottimizzare sia le risorse che l’effettiva efficacia dei servizi offerti.
In questa logica democratica di pesi e contrappesi si pone il ruolo partecipativo attivo e consapevole delle Associazioni aderenti alla FISH dell’Umbria, persone con disabilità e loro familiari che intendono assumersi direttamente la responsabilità di far crescere il valore dell’intero sistema di welfare regionale. Questo considerando il nostro ruolo che – oltre ad essere quello di persone portatrici di interessi – è anche quello di persone titolari di diritti, soprattutto quando si parla di politiche e di interventi che incidono direttamente sulla nostra vita, sulla nostra salute e sul nostro benessere. Una volta di più, quindi, Niente su di Noi senza di Noi.
*Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap. Il documento è firmato – per il Consiglio Direttivo della FISH Umbria – dal presidente della stessa Raffaele Goretti.
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