Non più rigidi schemi, ma «vestiti su misura»

di Francesco Marcellino*
È quanto ribadisce una recente Sentenza della Corte di Cassazione sull'amministrazione di sostegno, parlando letteralmente di "progetto di sostegno" e dando probabilmente ragione, in tal modo, a tutte quelle persone che in diverse Regioni d'Italia si battono per la corretta applicazione della Legge 328/00, ove parla di "Progetti individuali per le persone disabili"

Disegno con la bilancia della giustizia, il martelletto del giudice e il libro dei codiciL’inchiostro sulle pagine dell’ultima sentenza della Corte di Cassazione in tema di amministrazione di sostegno è ancora fresco e con questo breve commento mi accingo a riferirne, dando appunto notizia della Sentenza n. 9628/09, emessa dalla Corte nell’aprile scorso, che suggella parole importanti, alcune di queste già sostenute da tempo dagli operatori del diritto.

In particolare deve ormai darsi per pacifico il discrimen tra istituti di tutela tradizionali (interdizione e inabilitazione) e l’amministrazione di sostegno. Infatti, i diversi interventi della Corte di Cassazione (tra cui quest’ultimo), nonché l’orientamento già espresso – in tempi non sospetti – dalla dottrina prevalente, non destano più dubbi che non è il “criterio quantitativo” (gravità o meno della malattia; consistenza o meno del patrimonio ecc.) che induce il Giudice alla scelta tra quale istituto di tutela applicare al caso singolo, ma è il criterio funzionale”, ovvero «…che soltanto la specificità delle singole fattispecie e delle esigenze da soddisfare di volta in volta, possa determinare la scelta tra i diversi istituti».
Insomma: quale tra i diversi istituti risulta essere più idoneo in concreto – rispetto alla valutazione complessiva delle condizioni personali del soggetto riguardo le risorse sociali, di salute, di economia, di assistenza, di rete ecc. – per la protezione del singolo? Non più, quindi, una tutela fondata solo sul principio capacità/incapacità, ma anche su una terza possibilità – che poi deve essere la prima che il Giudice deve analizzare – ovvero mediante la «minore riduzione possibile delle capacità di agire» del soggetto. E ciò tramite uno strumento «elastico, modellato a misura delle esigenze del caso concreto», che si chiama amministrazione di sostegno, in cui il Giudice non può limitarsi a dichiarare l’interdizione o l’inabilitazione del soggetto, ma, invece, deve applicarsi, deve valutare, deve verificare, deve controllare, deve statuire, con il provvedimento di nomina, «gli atti che l’amministratore di sostegno ha il potere di compiere in nome e per conto del beneficiario e quelli che il beneficiario può compiere soltanto con l’assistenza dell’amministratore di sostegno».

La Corte di Cassazione riconosce così che l’amministrazione di sostegno è un «progetto di sostegno» della persona (si veda a pagina 17 della Sentenza n. 9628/09) che, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 404 del Codice Civile, «per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi».
Non già, quindi, una “semplice” statuizione sullo «stato giuridico di una persona» (capace/incapace), ma una decisione – con decreto – che può essere sempre modificata, migliorata, adattata, così come dev’essere modificato e adattato al susseguirsi delle vicende della vita un «progetto di sostegno» della persona con disabilità.
La Corte di Cassazione, allora, forse dà ragione a quelle tante persone, ai tanti familiari, alle tante associazioni che in diverse Regioni d’Italia (e fra queste, la mia Sicilia) si stanno battendo per la corretta applicazione dell’articolo 14 della Legge 328/00 intitolato Progetti individuali per le persone disabili.
La via maestra – non solo per una corretta tutela giuridica delle persone con disabilità, ma anche per garantire loro la «piena integrazione negli ambiti della vita familiare, sociale, scolastica e lavorativa» – non può che essere quella del progetto di vita, frutto della cooperazione di più soggetti (Ente Locale, USL, Scuola ecc.) e dell’adattamento ragionevole che necessita di volta in volta al succedersi dei fatti della vita e del sopraggiungere di nuove necessità o capacità. Non più dunque rigidi schemi, ma “vestiti su misura”.

*Avvocato.

La Sentenza n. 9628/09 della Corte di Cassazione è disponibile cliccando qui.
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