Pezzi di un puzzle

a cura di Simona Lancioni*
Tredici episodi di un’unica storia, fatta di emozioni, desiderio e fantasia. Non un saggio, ma un bel racconto sulla sessualità al femminile e sulla disabilità, per riuscire a superare ogni barriera fisica, mentale e culturale, «portando alla luce un argomento socialmente importante e al contempo difficile», come scrive la stessa autrice, Criselda, nome d'arte di Cristiana Casarini

Copertina del libro «Pezzi di un puzzle»Opera di fantasia firmata da Criselda (nome d’arte di Cristiana Casarini, socia dell’Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare – UILDM di Modena), Pezzi di un puzzle è centrata sull’amicizia sessuale tra Miriam, una giovane e intraprendente donna in carrozzina, e Michele, un giovane senza particolari problemi di salute. Non un saggio, dunque, ma il pretesto letterario per affrontare il tema della sessualità femminile in presenza della disabilità.

La sessualità di Miriam è disinibita, libera, consapevole, vitale, ironica, giocosa e sensuale. Nel leggere il libro mi chiedevo se fosse davvero necessario essere così dettagliati nel descriverla, ma credo proprio di sì, perché la sessualità delle persone disabili molti si rifiutano ancora di prenderla in considerazione e – se proprio sono indotti a immaginarsela – se la raffigurano come problematica, triste, grigia, catastrofica. Invece, davanti a una sessualità esplicita, ognuno può constatare che non vi è in essa nulla di spaventoso, di imbarazzante o di vergognoso e che la sessualità della persona disabile è per certi aspetti diversa – come diversa è quella di ogni persona – ma non per questo meno degna di rispetto o meno appagante.
Penso poi che sia coraggioso avere scelto come protagonista una donna perché nell’ambito della disabilità la sessualità femminile è ancora più “nascosta” di quella maschile, meno riconosciuta, più ostacolata, più soggetta a moralismi e colpevolizzata. Penso anche che nella società sia la sessualità delle donne in generale a non essere stata ancora del tutto assimilata, acquisita. Lo dimostrano gli spaventosi dati sugli stupri e le violenze subite dalle donne nei civilissimi Paesi occidentali o anche i troppi omicidi commessi da mariti/compagni/partner lasciati o traditi. Lo dimostra il fatto che in situazioni di contrasto con una donna, spesso i primi insulti ad esserle rivolti sono proprio quelli di valenza sessuale. Che motivo ci sarebbe di rinfacciare alle donne la loro libertà in modo dispregiativo, se essa fosse davvero considerata legittima? Che tristezza vedere alcune donne porsi su questo piano…

Ma ci sono davvero nella realtà donne con disabilità che vivono la propria sessualità come Miriam, in modo così libero? Credo proprio di sì, anche se non va scordato che altre faticano ad accettare la propria differenza e a proporsi con un minimo di sicurezza. Penso che – anche a queste ultime – un personaggio come Miriam, sebbene di fantasia, potrebbe offrire interessanti spunti di riflessione.
Unico aspetto sul quale – forse – “tirerei le orecchie” a Miriam e che mai si fa cenno ad un minimo di misure contraccettive. E tuttavia, nelle opere di fantasia non si è vincolati al principio di realtà e in esse la libertà può – legittimamente – coincidere con la mancanza di responsabilità. Nella realtà, probabilmente, sarebbe meglio evitare.

*Testo già apparso nel numero 168 di «DM», periodico nazionale della UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) e qui ripreso per gentile concessione.

Per ulteriori notizie su Pezzi di un puzzle e per informazioni sull’eventuale acquisto del libro: www.pezzidiunpuzzle.it/libro.asp.
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