A Napoli si è appena conclusa la tornata elettorale del 6 e 7 giugno e tra le le polemiche che “impazzano”, è tornato a far capolino il solito problema – mai discusso né tantomeno risolto – dei seggi non adatti a ospitare votanti con disabilità. Difatti, in alcuni seggi delle scuole di Miano – quartiere di circa 30.000 abitanti alla periferia nord del capoluogo partenopeo, noto “baluardo” di forze politiche “poco genuine” della Provincia – alcune persone con disabilità, arrivate per esprimere il loro voto, hanno creato non poco imbarazzo al personale dei seggi stessi, che pur di garantir loro la segretezza della volontà elettorale, li hanno coperti con un lungo telo verde, per nasconderli da occhi indiscreti, non essendo le cabine elettorali abbastanza capienti da ospitare le carrozzine, spesso motorizzate.
Tra copie infinite di registri e montagne di circolari spesso inutili, sembra ancora ben lontana, dunque, la possibilità che le “vittime” delle barriere architettoniche possano esprimere il proprio voto telematicamente o – se non in casi estremamente gravi – direttamente al proprio domicilio supportati dal personale del seggio elettorale. Nel “migliore” dei casi, infatti, pur di poter dichiarare la propria idea politica, il disabile deve superare un vero e proprio percorso a ostacoli. E la conclusione sin troppo semplice è che Miano, così come l’intera Napoli, è ben lontana dall’uguaglianza sostanziale e formale professata dall’articolo 3 della nostra Costituzione («Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese»). (Maria Anna Filosa)
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