Incidenti stradali nel mondo: l’OMS denuncia la strage quotidiana*

Non accade solo in Italia che la maggior causa di paraplegia e tetraplegia sia data dagli incidenti stradali: secondo un rapporto recentemente presentato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, infatti, sono un milione e 300.000 le persone che ogni anno perdono la vita sulle strade di tutto il mondo, tra i 20 e i 50 milioni quelle che riportano lesioni non letali. Una vera e propria ecatombe, rispetto alla quale l'OMS invoca da parte degli Stati leggi migliori sulla sicurezza stradale o un'applicazione più rigorosa di quelle che già ci sono. Dato solo in apparenza sorprendente è che la metà di quanti perdono la vita dopo un incidente stradale sono i pedoni, i motociclisti e i ciclisti

Due modellini di veicoliCirca un milione e 300.000 persone perdono la vita ogni anno sulle strade di tutto il mondo, mentre coloro che riportano lesioni non letali si attestano tra i 20 e i 50 milioni. Non sembra dunque essere un dato strettamente legato alla realtà italiana quello che vede gli incidenti stradali quali la maggiore causa di para e tetraplegia.

È del 15 giugno scorso l’ultimo forte richiamo dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) a norme più severe sulla sicurezza stradale e alla stretta applicazione delle legislazioni esistenti, con l’obiettivo di ridurre il numero degli incidenti stradali in tutto il mondo.
In tale occasione, infatti, l’OMS ha presentato un “Report sullo stato globale della sicurezza stradale”, dove 178 Paesi sono stati valutati nel loro impegno per l’implementazione di misure sulla sicurezza stradale, riguardanti i limiti di velocità, la limitazione della guida in stato di ebbrezza, l’utilizzo delle cinture di sicurezza, dei sistemi di ritenuta per bambini e dei caschi per chi si muove sulle due ruote.
Ebbene, dato solo in apparenza sorprendente, da questo studio (consultabile in lingua inglese cliccando qui) è emerso come circa la metà delle persone che ogni anno perdono la vita a seguito di un incidente stradale non sono automobilisti, ma pedoni, motociclisti e ciclisti. In aggiunta, solo il 57% dei Paesi presi in considerazione hanno leggi che obbligano tutti i passeggeri di un’automobile a indossare le cinture di sicurezza e meno di un terzo di loro viene incontro ai criteri basilari per la riduzione della velocità nelle aree urbane.
Il 50% degli Stati, inoltre, non è dotato di leggi che prescrivono l’obbligo dell’utilizzo dei sistemi di ritenuta per bambini, mentre nonostante le leggi per l’uso del casco siano presenti nel 90% dei Paesi, solo il 40% di essi ha una legge che fissa l’obbligo del casco per ambedue i passeggeri e impone per i caschi stessi degli standard specifici.

Ancora, l’OMS ha rilevato come negli Stati dove sono presenti delle buone norme, queste sono spesso «inadeguatamente applicate», in particolar modo nei Paesi a basso reddito. Come ha confermato anche Margaret Chan, direttore generale dell’OMS, in molti Paesi le leggi necessarie per proteggere i cittadini non sono state ancora adeguatamente sviluppate o sono carenti su alcuni punti, mentre ove sia in vigore una legislazione valida, la sua applicazione è generalmente molto bassa. «Non si sta prestando la sufficiente attenzione ai bisogni dei pedoni, dei ciclisti e dei motociclisti – ha commentato Chan – e dobbiamo fare di meglio se vogliamo davvero arrestare o invertire la crescita di lesioni, disabilità e morti dovute a incidenti stradali».
Da non trascurare infine il dato prodotto dall’OMS, secondo il quale più del 90% delle morti su strada si verificano in Paesi a basso e medio reddito, ovvero in quegli Stati che da soli possiedono il 48% dei veicoli di tutto in mondo.

*Testo curato da Giuliano Giovinazzo per il sito della FAIP (Federazione Associazioni Italiane Para-tetraplegici), con il titolo L’OMS denuncia: per la sicurezza stradale gli Stati devono fare di più e qui ripreso per gentile concessione.

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