Signor Presidente, vorrei portare alla sua attenzione il problema riguardante l’assistenza in base alla Legge 162/98 per le persone con disabilità. Facendo io parte della categoria, con un doppio handicap – invalida civile al 100% e anche non udente – sono sicuramente uno di quei soggetti che, avendo più bisogno di assistenza, potrebbe usufruire di tale legge per avere degli indubbi benefìci per una sana e consapevole vita indipendente, nonché fare avere alla casse dello Stato un risparmio non da poco, qualora dovessi invece, come potrebbe succedere, ricoverarmi presso qualche struttura pubblica, in quanto mio marito – unico altro componente della mia famiglia – potrebbe non farcela più ad aiutarmi oppure se dovesse cercare un lavoro, in quanto, come lei ben saprà, pensioni e indennità che lo Stato ci elargisce non permettono a persone come me di avere una vita dignitosa.
In varie Regioni – pur tradendone a volte lo spirito – da anni si attuano le norme contenute nella Legge 162/98 e in alcuni casi si raggiunge il 100% dell’assistenza garantita anche a disabili gravissimi come me che abbisognano di assistenza continuata ventiquattr’ore su ventiquattro. In Sicilia, invece, tutto questo ci è precluso. Eppure sarebbe così semplice da parte degli Enti Locali emanare direttive che imponessero sempre la facoltà di scelta alla persona disabile in merito all’assistenza desiderata, invece di “calare dall’alto” le loro offerte, ancor più quando queste si sa che comportano soltanto aggravi per le spese dello Stato e un cattivo funzionamento dell’assistenza, spesso sviluppata con personale non formato, che ruota di continuo e che non può garantire un supporto in orari extralavorativi o in giornate festive. Come se l’handicap avesse le sue regole orarie!
Signor Presidente, io sono disabile da un lunedì all’altro con continuità! Non posso accettare un intervento di sole sei ore settimanali come aiuto per i miei bisogni e non posso accettare i contributi che a vario titolo ci vengono offerti senza soluzione di continuità, come fossi una “mendicante”. Ho una dignità che voglio preservare e proprio per questo vorrei mi fosse concessa la facoltà di poter decidere il genere e la qualità dell’assistenza a me destinata, scegliendo – secondo la legge – da chi voglio essere assistita e in quali termini.
Trovo inoltre ingiusto scaricare sempre sulle famiglie il maggior onere dell’assistenza che compete allo Stato e agli Enti Locali. Enti Locali “che non hanno soldi”, o dicono di non averli, per poi magari finanziare progetti di altro genere, che continuano a relegare le persone come me nel ruolo di assistiti senza potere decisionale.
Signor Presidente, non è possibile per noi restare calmi ad ascoltare voci che ci dicono di pazientare, di non conoscere la tale o tal’altra legge, di non trovare risposta nell’organo direttamente superiore per poterne dare conto a noi: è avvilente e mortificante dover sempre chiedere che vengano garantiti i nostri diritti e non ottenere mai nulla.
Signor Presidente, io chiedo a dunque a lei di far sentire forte la sua voce, emanando direttive chiare che mettano in evidenza come prima si debba chiedere alle persone come me il genere di assistenza desiderata e poi, in base alle risposte, venga fornito il servizio richiesto. Come Sindacato SFIDA (Sindacato Famiglie Italiane Diverse Abilità), al quale mi onoro di appartenere, siamo fortemente impegnati a far sì che ciò avvenga anche nella nostra amata Sicilia.
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