Insegnanti di sostegno «in deroga»: le norme e le questioni costituzionali

di Francesco Marcellino*
Come stabiliscono alcune leggi recenti, risulta quanto mai importante - per l'imminente anno scolastico 2009-2010 - che i documenti scolastici certifichino correttamente le «effettive esigenze rilevate» dell'alunno con disabilità e che le scuole si comportino poi di conseguenza. Il tutto con l'auspicio che i pronunciamenti dei vari giudici siano sempre meno numerosi e che quelle effettive esigenze trovino concreta applicazione. Un'ampia e approfondita analisi che prende le mosse dalle assegnazioni di insegnanti di sostegno "in deroga"

Bimbo con carrozzina entra a scuolaNon è un argomento facile, quello che intendiamo qui trattare, ma è fervida la volontà di rendere scorrevole una questione tanto complessa quanto di interesse dei familiari delle persone con disabilità – e, forse, anche dei dirigenti scolastici – a garanzia del diritto allo studio.

È ormai noto che le Leggi Finanziarie del 2007 e del 2008 (Legge 296/06, articolo 1, comma 605, lettera B e Legge 244/07, articolo 2, commi 413-414) hanno abrogato la previgente modalità di assegnazione degli insegnanti di sostegno per gli alunni con disabilità (sostanzialmente fondata sul criterio del rapporto 1 insegnante di sostegno : 138 alunni). Afferma infatti la Legge Finanziaria del 2007 che con uno o più decreti del Ministro della Pubblica istruzione sono adottati interventi concernenti «il perseguimento della sostituzione del criterio previsto dall’art. 40 comma 3, della legge 27 dicembre 1997 n. 449, con l’individuazione di organici corrispondenti alle effettive esigenze rilevate, tramite una stretta collaborazione tra regioni, uffici scolastici regionali, aziende sanitarie locali e istituzioni scolastiche, attraverso certificazioni idonee a definire appropriati interventi formativi». Le parole magiche del presente testo legislativo sono «effettive esigenze rilevate». E queste ultime sono ricavate dalla stretta collaborazione tra Enti – ovvero dalle certificazioni – quindi dalle Diagnosi Funzionali, dai Profili Dinamici Funzionali (PDF), dai Piani Educativi Individualizzati (PEI) e dai Piani Educativi Didattici di ogni singolo alunno.
Secondo la Finanziaria del 2007, dunque, l’assegnazione dell’insegnante di sostegno (e, quindi, anche dell’ammontare delle ore che l’insegnante di sostegno stesso deve seguire in classe lo studente con disabilità) è il frutto delle «effettive esigenze rilevate e certificate dalle documentazioni sanitarie, sociali e scolastiche».
La Finanziaria del 2008, poi, tenendo espressamente fermo il principio sancito da quella dell’anno precedente (si legga l’articolo 2, commi 413-414 della citata Legge 244/07) ha tra l’altro aggiunto che «criteri e modalità devono essere definiti con riferimento alle effettive esigenze rilevate, assicurando lo sviluppo dei processi di integrazione degli alunni diversamente abili anche attraverso opportune compensazioni tra province diverse ed in modo da non superare un rapporto medio nazionale di un insegnante ogni due alunni diversamente abili».
I familiari delle persone con disabilità, invece, affermano che gli Uffici Scolastici Regionali e gli Uffici Scolastici Provinciali hanno applicato le normative appena menzionate solo mediante calcoli matematici (rapporto 1 insegnante di sostegno ogni 2 alunni con disabilità), anziché tramite la lettura normativa complessiva che richiedeva l’assegnazione in base alle «effettive esigenze rilevate» del singolo alunno.
E a conferma di ciò – durante lo scorso anno scolastico 2008-2009 – non pochi Tribunali Amministrativi Regionali (si richiama per tutti TAR Puglia, Ordinanza n. 100/92, per un approfondimento della quale si legga in questo stesso sito il testo elaborato da chi scrive, intitolato Lesione del diritto all’insegnante di sostegno e stato dell’arte (giudiziaria), disponibile cliccando qui) hanno chiaramente affermato che «il raggiungimento del tendenziale rapporto di 1:2» è da seguire «solo come media nazionale e non come limite normativo».
L’unico limite normativo, quindi (rectius: diritto dello studente con disabilità quale diritto fondamentale all’istruzione e all’integrazione scolastica), è quello dell’assegnazione dell’insegnante in base alle «effettive esigenze rilevate» e non già – come forse amaramente accaduto – la mera suddivisione matematica della metà di insegnanti di sostegno rispetto al numero complessivo di alunni disabili e, poi, a seguito di questo, l’assegnazione “possibile” di ore.
Bimba in carrozzina insieme a compagna di scuolaD’altra parte, a conferma di ciò è chiarissimo il Decreto del Ministero della Pubblica Istruzione emesso il 24 aprile 2008 di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, laddove, all’articolo 9, afferma: «per l’anno scolastico 2008/09 il numero dei posti di sostegno complessivamente attivabili in ciascuna regione […] tende a realizzare al livello regionale il graduale raggiungimento del rapporto medio nazionale di un insegnante ogni due alunni diversamente abili».
Insomma, risulta evidente e agevole formulare la seguente lettura normativa:
1) il principio normativo è quello delle «effettive esigenze rilevate» dell’alunno con disabilità, il quale, di per sé, garantisce il diritto fondamentale dell’alunno all’istruzione e all’integrazione;
2) il rapporto 1:2 non è un vincolo normativo, ma una tendenza media;
3) il rapporto 1:2 non è immediato, ma dev’essere gradualmente raggiunto;
4) il rapporto 1:2 – che non è un vincolo normativo, ma una media matematica – non può ledere il vincolo normativo delle «effettive esigenze rilevate»;
5) La disciplina normativa, nel suo complesso, deve migliorare (o, quantomeno, garantire) la qualità dell’integrazione scolastica degli alunni con disabilità e non già, invece, peggiorarla.

Per chi si occupa di questo ramo del diritto, al momento della promulgazione degli atti normativi in commento, non è stato difficile rendersi immediatamente conto di una “novità” rispetto al panorama complessivo delle norme a tutela delle persone con disabilità. Sia la Legge Finanziaria del 2008, sia (ovviamente) il Decreto del Ministero della Pubblica Istruzione affermano: «un rapporto medio nazionale di un insegnante ogni due alunni diversamente abili».
Due alunni diversamente abili: a differenza di quasi tutta la legislazione in tema di tutela delle persone con disabilità, nessuna distinzione ha previsto il Legislatore tra tipologie di disabilità, tra connotazioni di gravità (o meno). Insomma, la legge non fa distinzione se l’alunno con disabilità è (o non è) connotato da gravità. Anche il previgente sistema di assegnazione dei docenti di sostegno determinava distinzioni di trattamento fondate sulla connotazione di gravità. Ciò non risulta invece più previsto dalle Leggi Finanziarie e dal Decreto in commento.
Ovviamente questo determinò perplessità tra gli operatori del diritto. Anche se occorre riferire che qualora funzionasse realmente il sistema vigente dell’assegnazione in base alle effettive esigenze rilevate, probabilmente non si sentirebbe la mancanza del “regime speciale” della deroga giustificata dalla connotazione di gravità dell’alunno. Anzi. Proprio la Finanziaria del 2008 espressamente abroga l’articolo 40 della Legge 449/97 nella parte in cui consentiva «la possibilità di assumere con contratto a tempo determinato insegnanti di sostegno in deroga al rapporto docenti alunni indicato al comma 3, in presenza di handicap particolarmente gravi».
Dall’analisi delle norme in atto, quindi, credo risulti chiaro che il sistema delle “deroghe” non è più presente nel nostro ordinamento giuridico. Al momento, perciò – salvo in alcuni sporadici casi – credo che si parli di deroghe in modo non consono con il dettato legislativo vigente.

Compiuta questa premessa, si può adesso approfondire quanto ha già divulgato l’avvocato Salvatore Nocera riguardo la sollevata questione di legittimità costituzionale (si veda ad esempio, nel sito dell’AIPD – Associazione Italiana Persone Down, la scheda intitolata Il Consiglio di Giustizia Amministrativa siciliana solleva questione di costituzionalità sull’abolizione delle deroghe per il sostegno (Sentenza CGA Sicilia 12/03/09), disponibile cliccando qui).
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Sicilia è stato da ultimo chiamato a pronunciarsi con riferimento all’assegnazione di insegnanti di sostegno per alunni con disabilità. Il suddetto CGA – con diverse argomentazioni – ha ritenuto «rilevante e non manifestamente infondata» la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 2, commi 413 e 414 della Legge 244/07, ritenendo sostanzialmente che la mancanza di distinzione tra connotazione di gravità vanifichi per i disabili gravi la possibilità di accedere all’istruzione.
Si ritiene prematuro e inopportuno immaginare come potrebbe pronunciarsi la Corte Costituzionale, anche se la tempestività del pronunciamento potrebbe aiutare familiari e operatori nel definire l’assetto complessivo della materia. Alcune osservazioni di ampio respiro possono tuttavia compiersi.

Innanzitutto risulta chiaro che il diritto della persona con disabilità ad ottenere un insegnamento di sostegno non può essere condizionato, nella sua concreta attuazione, dalle disponibilità finanziarie dello Stato. Anche se l’equilibrio di finanza pubblica, infatti, è un interesse di rango costituzionale – che si “dubita” possa considerarsi superiore agli interessi giuridici di tutela dell’integrazione scolastica degli alunni con disabilità – occorre ricordare che la modifica del sistema previgente è stata voluta dalle due ultime Finanziarie «per meglio qualificare il ruolo e l’attività dell’amministrazione scolastica attraverso misure e investimenti, anche di carattere strutturale, che consentano il razionale utilizzo della spesa e diano maggiore efficacia ed efficienza al sistema istruzione» (si veda l’articolo 1, comma 605 della Legge 296/06).
Ragazza in carrozzina con insegnante di sostegnoDi certo il sistema dell’effettiva esigenza rilevata rende “personalizzata” alle obiettive necessità l’integrazione scolastica e quindi (dovrebbe automaticamente essere) efficace ed efficiente. Non si comprende, pertanto, come questa – senza tra l’altro ledere altri fondamentali princìpi – possa inficiare l’equilibrio della finanza pubblica (se non ammettendo, automaticamente, che si è promulgato un sistema normativo inadatto o che risulta essere adatto solo con il rispetto normativo – e, quindi, non più statistico – del rapporto 1:2!).
D’altra parte è nota – e deve esserlo sempre più – l’eterogeneità del mondo della disabilità che per sua intrinseca natura presenta aspetti soggettivi e variabili da caso a caso (per tipologia, connotazione, gravità e condizione anche dell’intero nucleo familiare oltre che dell’intero sistema di risorse – anche diverse dalla scuola – presenti sul territorio).
Il sistema dell’effettiva esigenza rilevata, quindi, è certamente commisurato alla personalizzazione delle esigenze, non essendo personalizzata, invece, la mera divisione/distribuzione di 1 insegnante ogni due alunni disabili. Mentre infatti l’effettiva esigenza rilevata determina – inequivocabilmente e inconfutabilmente – la rilevazione di esigenze diverse tra alunno con disabilità lieve e alunno con disabilità grave, ciò, invece, non accade più se matematicamente si devono dividere le risorse assegnate indistintamente tra gli alunni disabili.
Forse, allora, il diritto alla «priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici» scaturente dal riconoscimento della gravità di cui all’articolo 3, comma 3 della Legge 104/92, dovrebbe condurre non già ad una norma di riferimento diversa in tema di attribuzione di insegnante di sostegno, ma all’effettiva fornitura di risorse per programmi, interventi e servizi che renda esigibile il diritto soggettivo della persona con disabilità (evitandone, così, un possibile affievolimento o vanificazione già solo per il doverlo “condividere” con altri).

Insomma, come spesso affermano i familiari di persone con disabilità, sarebbe auspicabile evitare una “lotta tra poveri” e forse una sentenza di tipo “interpretativo” potrebbe aiutare gli operatori del settore. D’altra parte – come riferito da alcuni familiari – «la scuola non è un ospedale che cura i sani e respinge gli ammalati» e al di là del diritto, cosa si può dire al genitore che ritiene che «economizzare le risorse istituzionali a scapito dei bambini meno fortunati ha il sapore dell’immoralità e che da genitori si ha il dovere, prima ancora che il diritto, di salvaguardare la crescita del figlio»?
Ad avviso di chi scrive, una lettura normativa fondata e ragionevole conduce ad affermare che è la tendenza matematica nazionale di 1:2 derogabile; e derogabile proprio in base alle effettive esigenze rilevate e se queste (e quando queste) riguardano alunni con disabilità grave. Non già, quindi, una deroga normativa o una deroga che conduca alla possibilità di assumere personale (così da evitare la formazione di ulteriore precariato), ma la vera e profonda applicazione di una norma che finalmente vuol vedere alunni e persone con disabilità e non già numeri!
Per l’imminente prossimo anno scolastico, dunque – come già confermato dallo scorso anno e dai pronunciamenti giurisprudenziali – risulta importante che i documenti scolastici abbiano correttamente certificato le «effettive esigenze rilevate». Se tra queste ultime e i servizi di integrazione scolastica effettivamente assegnati/forniti all’alunno (assistenza igienico-personale; insegnante di sostegno e numero di ore; assistente per l’autonomia e la comunicazione: per approfondimenti, sia consentito il rinvio a un testo elaborato da chi scrive, pubblicato in questo stesso sito e disponibile cliccando qui) dovesse esserci discrepanza, si ha ragionevole motivo per fondare una domanda di giustizia innanzi all’autorità giudiziaria.
Con l’auspicio che i pronunciamenti siano sempre meno numerosi e le effettive esigenze rilevate trovino concreta applicazione.

*Avvocato (fmarcellino@videobank.it). 

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