Sono una delle tante persone disabili in carrozzina che abitano a Roma e che vorrebbero avere le stesse opportunità degli altri. Qualsiasi persona con disabità potrà raccontare molti aneddoti sulla miopia di coloro che hanno incontrato nella loro vita. Solitamente sono “soggetti normali”, gestori di piccoli esercizi commerciali, a volte anche personale sanitario. Mai però mi era successo con così tante istituzioni messe insieme, dal CONI alla FIN (Federazione Italiana Nuoto), dal Comune alla Provincia di Roma, dalla Regione Lazio allo IUSM (l’Italian University Sport and Movement dell’Università) ecc., ovvero di tutti gli attori coinvolti nell’organizzazione degli ormai imminenti Campionati Mondiali di Nuoto a Roma.
Quest’ultimo evento, infatti, si svolgerà dal 17 luglio al 2 agosto prossimi e sarà una manifestazione importante e imponente cui mi sarebbe piaciuto assistere. Mi sono messa quindi alla ricerca dei biglietti per disabile più persona di accompagnamento. Con mio immenso stupore non è stato difficile avere informazioni; una signorina al telefono, infatti, mi ha detto di scrivere un’e-mail specificando gli eventi a cui ero interessata e loro mi avrebbero risposto. La risposta, però, non è mai arrivata e così, dopo cinque giorni, ho richiamato io per avere notizie. A quel punto mi è stato detto che non c’era più posto, ma che comunque sarei stata inserita in una sorta di lista di attesa. Ho chiesto allora alla signorina quanti posti fossero stati riservati ai disabili e lei mi ha risposto: «A seconda delle piscine tra i 10 e i 20». Secondo gli organizzatori, infatti, sono previste circa 400.000 persone in 17 giorni e di queste solo 400 saranno disabili (lo 0,01%).
Sono rimasta allibita. Basta fare una piccola ricerca su internet per scoprire che solo nella città di Roma i soggetti ritenuti “fragili” sono circa 50.000 (si veda ad esempio la fonte raggiungibile cliccando qui) e che dieci, venti posti ricoprono meno dello 0,025% delle persone con disabilità romane. A volere pensar male, sembra quasi che si sia organizzato tutto per bene, non dimenticandosi nemmeno dei disabili, ma garantendo loro il minimo indispensabile. Tutte le istituzioni coinvolte probabilmente alla fine riceveranno anche qualche meritato elogio sulla civiltà dimostrata nell’aver destinato “addirittura” dieci posti per dei disabili e sicuramente nessuno farà i conti con la calcolatrice per dimostrare che in fondo in certe manifestazioni i disabili recitano sempre il ruolo del minimo indispensabile. Qualcuno potrebbe essersi detto: «E i disabili? Dove li mettiamo? Un po’ ce ne vuole sempre!». «Certo, e poi danno sempre un’immagine di solidarietà e di organizzazione che non guasta mai…». «Vabbè, ma limitiamoci all’indispensabile, perché questi, se ci va bene, pagano poco e se pagano quel minimo, occupano un sacco di spazio e creano molti problemi. Quindi, sono sì indispensabili e perciò accontentali, dando loro un “cantuccio” senza però esagerare!». Fantasie? Forse. Anzi certamente non sarà andata così, sicuramente si sarà cercato di fare il massimo, come sempre, il massimo per garantire il minimo.
Io sono solo una dignitosa rappresentante di quel “minimo indispensabile” cui sono orgogliosa di appartenere ed è proprio da me che arrivano i primi elogi, ancor prima che la manifestazione inizi, per aver dimostrato che lo sport è per tutti e che per qualcuno è addirittura garantito, il minimo sì, ma garantito!
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