Quella legge non si tocca, anzi è l’ora di applicarla veramente!

di Roberto Speziale* e Gabriella d'Acquisto**
Si tratta della ben nota Legge 328 del 2000 (la Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali), i cui fondi nazionali - secondo fonti di stampa - si penserebbe di utilizzarli in Sicilia per far fronte alla difficile situazione economica della Regione. Un'ipotesi da non prendere nemmeno in considerazione, a parere dell'ANFFAS (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale), il cui presidente nazionale, insieme alla presidente dell’ANFFAS Sicilia, chiede chiarimenti al presidente della Regione e all'assessore al Bilancio, con una lettera aperta nella quale si sottolinea anzi come quella Legge sia stata finora assai male applicata in Sicilia

No scritto sulla mano di una donnaSul «Giornale di Sicilia» del 17 settembre scorso è apparso un articolo sulla difficile situazione economica della Regione Siciliana, nel quale, oltre a disegnare le cause delle difficoltà, si ipotizzano alcune possibili soluzioni fra le quali, con nostro grande stupore, quella di «utilizzare i fondi statali della L. 328/2000».
Non possiamo, innanzitutto, che attribuire alla forzata sintesi giornalistica di un discorso sicuramente assai più ampio e articolato l’allarmante riferimento ai fondi della Legge 328/00, ma ci corre obbligo di manifestare con forza come il riferimento stesso – nella sua lapidaria indicazione – desti un’autentica preoccupazione, sulla quale chiediamo l’autorevole intervento chiarificatore del Presidente della Regione Siciliana e dell’Assessore al Bilancio della stessa.

infatti, non occorre certamente rammentare quale sia la finalità della Legge 328/00 (Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali), le cui disposizioni «costituiscono principi fondamentali ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione» (articolo 1, comma 7). Detta finalità è infatti inequivocabilmente quella dI assicurare «alle persone e alle famiglie un sistema integrato di interventi e servizi sociali», promuovere «interventi per garantire la qualità della vita, pari opportunità, non discriminazione e diritti di cittadinanza», prevenire, eliminare o ridurre «le condizioni di disabilità, di bisogno e di disagio individuale e familiare, derivanti da inadeguatezza di reddito, difficoltà sociali e condizioni di non autonomia» (articolo 1, comma 1). Da tale legge, deriva per altro un ampio corpus normativo proprio della stessa Regione Siciliana, che è intervenuta con numerosi atti di recepimento e attuazione che in questa sede non elenchiamo in quanto universalmente noti.

Le associazioni e in genere gli organismi del Terzo Settore hanno del resto denunciato più volte la mancata piena attuazione della normativa, soprattutto sotto il profilo dell’enorme ritardo con cui i fondi destinati ai Distretti vengono poi tradotti in effettivi progetti. In sintesi – ed è ciò che in effetti ci preme – del ritardo con cui vengono trasformati in reali ed effettivi servizi alle persone e alle famiglie.
Ricordiamo che in Sicilia è ancora percentualmente maggiore – come ben chiarito anche dall’Istat – la quota di disabili la cui cura incombe ancora esclusivamente sulle famiglie, in carenza di quegli interventi che pure la stessa normativa regionale prevede come indispensabili e necessari nella programmazione di ciascun  Piano di Zona (Linee Guida per l’attuazione del piano socio-sanitario della Regione Siciliana, approvate con il Decreto del Presidente della Regione Siciliana n. 243 del 4 novembre 2002, paragrafo 5.7, [testo disponibile cliccando qui, N.d.R.]) e cioè: «– servizi di aiuto personale; – servizi di assistenza domiciliare; – centri diurni; – servizi di integrazione scolastica e lavorativa; – servizi di sostegno e di sostituzione temporanea della famiglia; – servizi di accoglienza residenziale; – programmi di aiuto alla persona ai sensi dell’art. 39, lett. L ter) della legge n. 104/92».

In questo quadro, alla solitudine e all’abbandono delle persone disabili e delle loro famiglie, alla sostanziale negazione del loro diritto di cittadinanza, si è cercato di porre un argine con quei servizi che comunque i Distretti più virtuosi hanno posto in essere nell’aspettativa di un’attuazione più omogenea e in sostanza meno discriminante.
Pertanto, anche la mera potenziale distrazione dei fondi della Legge 328/00 – oltre a profili di incompatibilità con la normativa vigente – costituisce un elemento dall’effetto dirompente, tale da incidere in modo immediatamente negativo sulla qualità della vita stessa delle persone destinatarie dei servizi, ledendo in sostanza in modo irrimediabile proprio quei diritti costituzionalmente garantiti che la Legge 328/00 si proponeva di tutelare con concreti provvedimenti.

In conclusione chiediamo assicurazioni in merito al rispetto delle finalità proprie della Legge 328/00 e della normativa regionale derivata, insieme alla conferma della “naturale” destinazione dei fondi nazionali a ciò vincolati e a tal proposito chiediamo un incontro presso la Presidenza della Regione, anche al fine di approfondire meglio le diverse problematiche inerenti la tutela dei diritti dei disabili e della loro famiglie.

*Presidente nazionale dell’ANFFAS (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale).
**Presidente dell’
ANFFAS Sicilia.

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