La morte a soli 39 anni di Claudio Fontana – persona con lesione al midollo spinale con 21 anni di tetraplegia [se ne legga in questo sito al testo disponibile cliccando qui, N.d.R.] – ci pone di fronte a una domanda non rinviabile: perché una persona con para e soprattutto con tetraplegia stabilizzata non trova la possibilità di potersi ricoverare in una struttura espressamente dedicata al trattamento di questa complessa patologia, come appunto una USU (Unità Spinale Unipolare)?
Nel nostro Paese, a fronte di 2.000-2.200 nuovi casi all’anno di persone che subiscono una lesione al midollo spinale, quelle che trovano la possibilità di essere ricoverate in strutture adeguate come le USU sono soltanto 300-350, mentre le altre finiscono in ospedali per acuti nei reparti di ortopedia, rianimazione, neurochirurgia e a volte in strutture di lungodegenza riabilitativa.
In Italia non esistono dati epidemiologici certi sia dell’incidenza che della prevalenza in materia di persone con lesione al midollo spinale: in tal senso si stima che siano viventi circa 75.000 persone con esiti di lesione al midollo spinale. Si tratta dunque di analizzare due canali di bisogni, due particolari percorsi che iniziano tutti dal trattamento in acuzie che dovrebbe avviarsi presso una USU, per continuare – dopo la definizione di un progetto personalizzato – nel territorio di riferimento, con la possibilità, in caso di necessità di secondi ricoveri, di essere accolti dalla struttura di riferimento e cioè di nuovo in una USU.
Voglio precisare che stiamo parlando seguendo il filo logico che è l’espressione dei documenti vigenti in materia, vale a dire le Linee Guida del 1998 e quelle del 2004, alla stesura delle quali la FAIP (Federazione Associazioni Italiane Paratetraplegici) ha fornito un contributo fondamentale.
A ragion di logica una persona che subisce una lesione al midollo spinale secondo la normativa esistente, dev’essere ricoverata in urgenza, dal Servizio di 118, presso una USU collocata in un Ospedale sede di DEA [Dipartimento di Emergenza e Accettazione, N.d.R.] di secondo livello, in cui devono essere disponibili tutti i servizi che garantiscono l’emergenza. Come ho già detto poco sopra, solo il 10-20 % di queste persone vengono ricoverate in strutture adeguate a rispondere efficacemente ai bisogni complessi di una lesione al midollo spinale. Di conseguenza, vista la limitata disponibilità di strutture adeguate ad accogliere le urgenze, le possibilità di ricovero per le persone con esiti stabilizzati risultano essere quasi nulle, stante l’esiguità dei posti letto disponibili.
Voglio anche ricordare che questa analisi domanda-risposta sopra menzionata riguarda il territorio del Centro-Nord del nostro Paese, dal momento che per le persone che subiscono una lesione al midollo spinale al Sud le opportunità di poter essere ricoverati anche immediatamente dopo la lesione stessa in una struttura con le caratteristiche di una USU sono assolutamente scarse, oserei dire nulle, figuriamoci quindi per una persona che voglia effettuare un secondo o terzo ricovero per curare gli esiti tardivi della patologia.
Questa, in estrema sintesi, è la realtà italiana riferita al trattamento delle persone con lesione al midollo spinale. Ora, a fronte di questo vero e proprio stato di “emergenza salute”, all’indomani della morte prematura di Claudio Fontana, dobbiamo prendere coscienza che tutti quanti stiamo rischiando di non poter contare più su di un diritto fondamentale sancito dall’articolo 32 della nostra Costituzione [«La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività…»].
Nelle azioni promosse in occasione della Giornata Nazionale delle Persone con Lesione al Midollo Spinale sia nel 2007 che nel 2008 e nel 2009, abbiamo sottoposto all’opinione pubblica tutta la drammatica situazione in cui vivono tali persone e le loro famiglie. Abbiamo proposto ipotesi di soluzione ai diversi problemi, abbiamo sollecitato le Società Scientifiche, quelle Professionali, i diversi Ministeri, le varie Istituzioni coinvolte, più o meno i politici di tutti gli schieramenti. Abbiamo ricevuto rassicurazioni, promesse, impegni, tutte attenzioni che durano il tempo di una trasmissione televisiva o il tempo di una intervista, ma che dopo poco vanno a finire nel dimenticatoio e nell’oblio dei ricordi.
Nella vita reale le persone con lesione al midollo spinale e le loro famiglie sono il più delle volte sole di fronte alla drammaticità degli eventi che si susseguono, senza che i servizi e le Istituzioni si prendano cura dei loro bisogni e delle loro necessità. La morte di Claudio, dunque, ci deve far riflettere sul fatto che non possiamo più permettere che si scherzi sulla nostra salute, sui nostri bisogni che oggi – ancor di più dopo la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità – sono diventati i nostri diritti e primo fra tutti il diritto alla vita, alla cura e alla soddisfazione delle principali garanzie di salute.
Dobbiamo essere tutti impegnati affinché sia possibile essere considerati titolari di diritti esigibili e per fare questo dobbiamo lavorare insieme tutti quanti per promuovere una grande iniziativa anche in occasione della Giornata Nazionale del prossimo anno e avviare tutte le azioni possibili affinché la morte di Claudio sia servita da monito e non si verifichino più vere e proprie “sentenze di morte” perché in Italia non ci sono posti letto per le persone con lesione al midollo spinale, sia che abbiano subito di recente una lesione o che ne abbiano bisogno per curare gli esiti secondari alla lesione medesima.
Su questo ultimo aspetto credo sia fondamentale avviare una seria riflessione, anche coinvolgendo i Direttori delle poche Unità Spinali Unipolari esistenti in Italia.
*Presidente della FAIP (Federazione Associazioni Italiane Paratetraplegici).
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