Dura presa di posizione da parte della FIADDA (Famiglie Italiane Associate per la Difesa dei Diritti degli Audiolesi) – organizzazione aderente alla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) – nei confronti della Prima Commissione Affari Costituzionali del Senato, con la quale ha rifiutato un incontro indetto per il 24 novembre, allo scopo di discutere il Disegno di Legge sui Diritti delle persone sorde e riconoscimento della lingua dei segni italiana (se ne legga cliccando qui l’iter).
Tale decisione è stata innanzitutto motivata da ragioni di tempo. «Infatti – dichiara Silvana Baroni, presidente della FIADDA – l’incontro è stato convocato a sole due ore dalla presentazione deliberante del testo e pertanto bisogna dire quanto meno che i nostri rappresentanti non sono stati convocati in tempi adeguati e sufficienti per poter discutere su un Disegno di Legge che disciplinerà su un tema di vitale importanza».
Ma oltre a ciò, la posizione della FIADDA è assai netta anche su varie ragioni di merito. «Il nostro disaccordo – continua infatti Baroni – nasce anche dalla realtà odierna e da una serie di precise motivazioni: il linguaggio gestuale non può diventare la lingua dei sordi, cioè di tutte le persone sorde, ma, eventualmente, solo di coloro che decidono di utilizzare questa modalità di comunicazione. Considerato poi che il 95% dei bambini nasce da genitori udenti, è possibile, umano, naturale, morale sostenere che questi genitori possano accettare che i propri figli siano considerati parte di un’etnia? È possibile che nel 2009 ci si debba ancora dividere in categorie antropologiche e culturali per un problema di disabilità? Per i genitori i figli appartengono alla loro famiglia, alla loro cultura, alla stessa territorialità dettata dalle proprie radici».
«Oggi – sottolinea ancora la presidente della FIADDA – grazie alla scienza medica, alla tecnologia avanzata, allo screening neonatale effettuato al terzo giorno dalla nascita, i nostri figli – molti oramai uomini – possono parlare, scrivere, leggere nella lingua del nostro Paese: l’italiano. Lo Stato Italiano, pertanto, non può imporre una presunta lingua e una presunta identità sociale a dei cittadini, discriminandoli sulla base della loro disabilità. Il Linguaggio dei Segni (LIS) è già tutelato dalla normativa vigente e la FIADDA non si oppone per coloro che non possono utilizzare altra modalità comunicativa, ma al tempo stesso non possiamo permettere che questa lingua assuma un ruolo di egemonia assoluta rispetto ai protocolli ri/abilitativi oralisti, per fornire a chi è colpito dalla disabilità uditiva il diritto alla parola. Né possiamo accettare la definizione di LIS come di “lingua dei sordi”, mentre, in realtà, essa è solo uno strumento di comunicazione utilizzato da alcuni gruppi che, se si definiscono di cultura differente o addirittura di “appartenenza etnica diversa”, dovrebbero rientrare nel riconoscimento delle “lingue minoritarie”».
«Infine – evidenzia Silvana Baroni – non esiste solo l’ENS [Ente Nazionale per la Protezione e l’Assistenza dei Sordi, N.d.R.] a tutela della persona sorda che possa avanzare richieste e favorire la promulgazione di un siffatto Disegno di Legge, ma anche la FIADDA, che raccoglie giovani, famiglie di minori con sordità e che si oppone e confida che gli oneri che andrebbero a favorire impegni di spesa ormai obsoleti e non utilizzabili, vengano impiegati per l’apertura di servizi ambulatoriali di terapia ri/abilitativa alla parola, purtroppo assenti nella maggior parte del nostro pur avanzatissimo Paese. E anche per le protesi acustiche, indispensabili per una persona sorda». (S.B.)
La Presidente Fiadda Nazionale
Silvana Baroni
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