In riferimento al testo da noi pubblicato qualche giorno fa, intitolato Il linguaggio gestuale non può diventare la lingua di tutti i sordi (disponibile cliccando qui), ove riportavamo le posizioni espresse da Silvana Baroni, presidente della FIADDA (Famiglie Italiane Associate per la Difesa dei Diritti degli Audiolesi), sulla discussione in corso in Senato, relativa a un Disegno di Legge sui “Diritti delle persone sorde e il riconoscimento della lingua dei segni italiana”, riceviamo e ben volentieri pubblichiamo il seguente intervento di Ida Collu, presidente dell’ENS (Ente Nazionale per la Protezione e l’Assistenza dei Sordi), associazione direttamente chiamata in causa in quel testo.
Egregio Direttore, ho letto sul vostro sito un articolo dal titolo Il linguaggio gestuale non può diventare la lingua di tutti i sordi, che riporta la posizione della Signora Silvana Baroni, presidente della FIADDA, in merito al riconoscimento della Lingua dei Segni (LIS), il cui Disegno di Legge è attualmente in discussione dinanzi alla I Commissione Affari Costituzionali del Senato.
Ritengo essenziale fornire qualche informazione al riguardo, per mettere un po’ di ordine nella confusione che si è ingenerata. Vorrei poter fugare i timori della FIADDA, che leggo tra le righe dei suoi comunicati, rassicurandola circa il fatto che questo Disegno di Legge di certo non ha la pretesa di risolvere tutte le problematiche relative alla disabilità uditiva: riconoscere una lingua non significa precludere percorsi di abilitazione logopedica, opporsi alla diagnosi precoce, alle protesi acustiche o all’impianto cocleare.
Il Disegno di Legge attualmente in discussione non sancisce affatto «l’egemonia assoluta della Lingua dei Segni rispetto agli altri percorsi riabilitativi», anche perché si tratta di una lingua, non di uno strumento terapeutico, né tanto meno considera le persone sorde come “facenti parte di un’etnia”, come fossero Boscimani o Tuareg.
Il provvedimento si limita a riconoscere la LIS e a promuoverne l’uso, senza per altro prevedere alcun onere di spesa per lo Stato. La prospettiva è esattamente opposta: o vietiamo l’utilizzo della LIS da parte di chiunque decida di utilizzarla oppure garantiamo che questa libertà venga garantita e tutelata a norma di legge. Proprio perché già migliaia di persone – sordi e udenti – ogni giorno utilizzano la Lingua dei Segni Italiana (LIS), riconoscerla significa non solo garantire libertà di espressione, di accesso alle informazioni, di comunicazione, ma vedere finalmente delineati percorsi formativi omogenei e di qualità e profili professionali ben definiti.
Un’ultima precisazione. Cerchiamo di utilizzare i termini corretti, evitando di aggiungere confusione a confusione: l'”entità” di cui parliamo non si chiama né linguaggio gestuale, né pantomima, né mimica, né linguaggio mimico-gestuale, ma – come è consuetudine consolidata da oltre mezzo secolo in tutto il mondo – Lingua dei Segni, come chiaramente affermato anche nella Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità.
Per completezza di informazione, rispetto a quanto scrive la presidente dell’ENS, riteniamo opportuno riportare alcuni brani della citata Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità:
«Articolo 2 – Definizioni. Ai fini della presente Convenzione […] per “linguaggio” si intendono le lingue parlate e la lingua dei segni, come pure altre forme di espressione non verbale; […]
Articolo 21 – Libertà di espressione e opinione e accesso all’informazione. Gli Stati Parti adottano tutte le misure adeguate a garantire che le persone con disabilità possano esercitare il diritto alla libertà di espressione e di opinione, ivi compresa la libertà di richiedere, ricevere e comunicare informazioni e idee su base di uguaglianza con gli altri e attraverso ogni mezzo di comunicazione di loro scelta, come definito dall’articolo 2 della presente Convenzione, provvedendo in particolare a: […] (b) accettare e facilitare nelle attività ufficiali il ricorso da parte delle persone con disabilità, alla lingua dei segni, al Braille, alle comunicazioni aumentative ed alternative e ad ogni altro mezzo, modalità e sistema accessibile di comunicazione di loro scelta; […] (e) riconoscere e promuovere l’uso della lingua dei segni. […]
Articolo 24 – Educazione. […] 4. Allo scopo di facilitare l’esercizio di tale diritto, gli Stati Parti adottano misure adeguate nell’impiegare insegnanti, ivi compresi insegnanti con disabilità, che siano qualificati nella lingua dei segni e o nel Braille e per formare i dirigenti ed il personale che lavorino a tutti i livelli del sistema educativo. Tale formazione dovrà includere la consapevolezza della disabilità e l’utilizzo di appropriati modalità, mezzi, forme e sistemi di comunicazione aumentativi ed alternativi, e di tecniche e materiali didattici adatti alle persone con disabilità».
Articoli Correlati
- Il linguaggio gestuale non può diventare la lingua di tutti i sordi Lo afferma la FIADDA (Famiglie Italiane Associate per la Difesa dei Diritti degli Audiolesi), che in questi giorni ha rifiutato un incontro con la Prima Commissione Affari Costituzionali del Senato,…
- Quel disegno di legge sui sordi va ancora modificato Lo sostiene Silvana Baroni, presidente della FIADDA (Famiglie Italiane Associate per la Difesa dei Diritti degli Audiolesi), prendendo spunto da un articolo recentemente pubblicato, riguardante l'approvazione del disegno di legge…
- Perché la FIADDA non è d'accordo con quella Proposta di Legge Come avevamo scritto nei giorni scorsi, non sono univoche - nemmeno da parte delle stesse associazioni impegnate per i diritti delle persone sorde - le posizioni nei confronti della Proposta…