Quando un disabile grave potrà autogestirsi anche in Abruzzo?

di Nicolino Di Domenica*
Se lo chiede il responsabile del Movimento per la Vita Indipendente di quella Regione, facendo riferimento ai finanziamenti alla persona in forma indiretta, che consentono a quest'ultima di prendere decisioni riguardanti la propria vita e di svolgere attività di propria scelta, oltre che di affrontare le stesse difficoltà e di andare incontro alle medesime possibilità di successo o di fallimento di qualunque altro cittadino. Nel frattempo non ha ancora preso le mosse il tavolo tecnico promesso nell'estate scorsa dai funzionari preposti, per discutere una proposta di legge regionale sulla materia

Particolare di persona in carrozzina fotografata di spalleSono circa tre anni che cerchiamo, anche in Abruzzo, di far conoscere la filosofia della Vita Indipendente ai politici, ma con scarso successo. Siamo solo riusciti a fare approvare dalla Giunta Provinciale [di Chieti, N.d.R.], una Delibera per l’assegnazione di quattro progetti “sperimentali” di assistenza che comprendono due ore al giorno, da gestire secondo le esigenze della persona con disabilità, alla quale viene riconosciuto questo diritto dietro presentazione di una dettagliata domanda.
Va detto anche che a livello regionale è stata promessa –  durante un Convegno a Montesilvano (Pescara) del giugno scorso [se ne legga in questo sito cliccando qui, N.d.R.] – la realizzazione di un tavolo tecnico con gli assessori preposti – che ancora non è stato avviato – per discutere di una proposta di legge regionale.

Si tratta – è bene ricordarlo – di progetti basati su finanziamenti alla persona in forma indiretta, che risulterebbero più efficaci perché sarebbe la persona con disabilità a gestirsi, incrementando la propria consapevolezza all’autodeterminazione e annullando inoltre i costi di gestione della forma di assistenza diretta.
In altre parole, per un disabile Vita Indipendente significa prendersi cura di sé e soddisfare le necessità, i bisogni, le esigenze e il lavoro, curare i propri hobby, praticare sport, poter fare delle scelte e non subirle. Significa vivere liberi di scegliere nonostante la diversità. Non a caso il “cavallo di battaglia” del Movimento per la Vita Indipendente è questo: «Le persone con disabilità fisica hanno il diritto di scegliere e di autogestire il tipo di assistenza per la propria autonomia, compresa la possibilità di avvalersi di un assistente personale con cui stabilire un rapporto di lavoro diretto». Nulla a che fare, quindi, con le altre forme di sostegno alla disabilità, che possono essere garantite anche tramite assegni di cura e altri tipi di intervento indiretto o a domicilio. Si tratta infatti di progetti individuali e personalizzati, sottoposti a una commissione che deve valutare il grado di limitazione dell’autonomia personale, il reddito personale del soggetto, la consapevolezza, le altre risorse assistenziali di cui dispone, la situazione familiare e le condizioni abitative, per poi decidere se finanziare o meno il progetto stesso. Il rapporto di lavoro che si instaura poi con l’assistente personale varia in base alle ore assegnate e al tipo di aiuto che deve fornire: dalla cura della persona all’ambito domestico fino al trasporto, all’accompagnamento e al tempo libero.
In sostanza, con le parole Vita Indipendente si intende la possibilità per una persona adulta con disabilità grave di vivere come chiunque, prendendo decisioni riguardanti la propria vita e svolgendo attività di propria scelta, oltre che affrontando le stesse difficoltà e andando incontro alle medesime possibilità di successo o di fallimento di qualunque altro cittadino.

La Legge 162/98 aveva attribuito ai Comuni l’onere di garantire la Vita Indipendente – intesa nel modo in cui si è detto – permettendo così, a chi ne può godere, di non essere sradicato dal proprio ambiente e di viverci da persona libera. Di questo ha bisogno chiunque intenda essere intellettualmente e psicologicamente autonomo. Purtroppo, invece, ancora oggi, per le persone con disabilità, si preferisce ricorrere alle Comunità, agli Istituti, ai Centri Diurni, anche quando non è necessario. Oppure si preferisce lasciare che siano altri (gli esperti, i tecnici, i familiari, i volontari) ad occuparsene, anche quando non è necessario. Le persone con disabilità devono essere considerate le uniche esperte della propria vita e non hanno bisogno di progetti confezionati su di loro, sapendo riconoscere bene i loro problemi e le loro soluzioni.
Sappiamo anche che l’assistenza non deve ricadere sulle spalle di genitori o familiari. Bisogna infatti che i familiari stessi abbiano la loro vita, che non debbano essere “precettati” ad assistere i loro cari per sempre. Per questo occorre però che lo Stato, le Regioni, le Province e i Comuni si facciano carico dell’assistenza e in particolare dell’assistenza personale autogestita, finanziandola e aprendo specifici capitoli di spesa. Ciò rappresenta l’unico modo possibile per garantire alle persone con grave disabilità i diritti di cui godono i cittadini liberi.

Ricordiamo in conclusione che i progressi compiuti dalla società negli ultimi decenni sono il frutto degli sforzi congiunti degli amministratori e dei cittadini, che hanno espresso i bisogni e proposto le soluzioni. Queste, dunque, sono al momento le richieste del Movimento per la Vita Indipendente dell’Abruzzo.

*Responsabile Movimento per la Vita Indipendente dell’Abruzzo. Componente del Consiglio dell’AIAS (Associazione Italiana Assistenza Spastici) di Lanciano (Chieti).

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