«Lentamente capimmo che l’assistente personale era solo l’inizio. Che gli aspetti burocratici non erano niente di fronte alla difficoltà più vera. Che prima che le persone riuscissero a pensare con la propria testa, c’era da costruirla, la propria testa. C’era, a monte di tutto, il rendersi conto dopo una trentina d’anni, finalmente, che la tua testa tu ce l’avevi. Era l’interruttore da girare, quello più incancrenito e arrugginito, perché nessuno l’aveva girato mai. Chi prima chi dopo, tutta l’armata Brancaleone della nostra stella lo girò. Faticosamente cominciarono ad andare al loro posto i primi pezzi del caotico puzzle. E da bianco e nero, il mondo apparve a colori».
È uno dei brani più belli e significativi di un opuscolo che abbiamo recentemente ricevuto in redazione e che si intitola Il Cuore della Stella. Vi si raccontano gli inizi e gli sviluppi dell’omonimo progetto di supporto alla pari (peer support) per la vita indipendente, avviato dall’Associazione Movimento Handicap di Negrar (Verona). Responsabile (anche del libriccino che ne illustra tutti i problemi incontrati e i risultati ottenuti) ne è Elena Skall, che spiega: «Questo progetto nasce dalla condivisione dei problemi e dei pensieri quotidiani di un gruppo di persone con gravi e gravissime disabilità fisiche e sensoriali, che da quattro anni si dà reciproco sostegno e aiuto, dal punto di vista pratico, psicologico e affettivo. Il percorso di vita che le accomuna è l’aver scelto, nonostante le loro disabilità pesantemente invalidanti, di non affidare la propria assistenza a servizi di tipo tradizionale, bensì di chiedere un finanziamento in base alla Legge 162/98, per assumere direttamente, con rapporti di lavoro regolari, i propri assistenti personali e gestirne assolutamente in proprio i tempi e le modalità di assistenza».
Ma perché Il Cuore della Stella? «Perché – si legge nell’opuscolo – ci accorgemmo che nel nostro Comune erano parecchie le persone che, con disabilità gravi e a volte anche gravissime, avevano sempre tuttavia combattuto per salvaguardare il loro diritto di restare a vivere nella propria casa e nell’ambiente in cui erano cresciute, con la loro famiglia. Fu così che cominciammo a pensare: se tutte queste persone le pensassimo come le punte ideali di una stella e creassimo una struttura centrale alla stella per supportarle, facendo in modo che possano restare nelle loro abitazioni, dove vogliono restare?».
Associazione nata in particolare per «affermare nella concretezza della vita quotidiana i diritti fondamentali della persona, con specifico riferimento alla Dichiarazione Universali dei Diritti dell’Uomo, alla Costituzione Italiana e alla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità», per Il Cuore della Stella Movimento Handicap – che aderisce alla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) – ha potuto finora avvalersi sia del finanziamento del CoGe (Comitato di Gestione) del Fondo Speciale Regionale per il Volontariato del Veneto, sia di quello del Comune di Negrar, oltre che del partenariato con l’ULSS 22 del Veneto. «Ma proseguiremo certamente – sottolinea ancora Elena Skall – con altri finanziamenti pubblici e privati».
È davvero un “bel viaggio”, quello delle persone coinvolte nel Cuore della Stella e l’opuscolo che lo descrive consente a tutti di farsene un’idea precisa, grazie anche al ricco corredo fotografico e alle testimonianze dirette delle persone con disabilità. Scrive ad esempio Andrea: «Mi piace il progetto, perché posso stare fuori di casa fino a sera e fare lavori vari come ad esempio scrivere a computer tutte le mie esperienze, come le visite alla Banca, alla Posta, al Comune; fare la spesa per imparare ad essere sempre più independente nella gestione dei soldi. Il Progetto Stella mi permette di fare tutte queste cose in una casa diversa dalla mia come sarebbe giusto per un ragazzo della mia età». E Federico: «Mi sento più indipendente dai miei genitori e ho imparato ad ascoltare me stesso. Mi chiedo cosa farò della mia vita, e vorrei poter vivere fuori dalla mia famiglia, magari con la mia ragazza. Sto anche imparando con i miei assistenti personali a gestire le mie economie».
Insomma, per dirla con Elena Skall, «un’avventura terribilmente difficile, ma anche fortemente esaltante, dalla quale nessuno vorrebbe oggi distaccarsi per tornare come era partito». Ed è un’avventura che merita di essere conosciuta da quante più persone possibili. (S.B.)
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