Sport e disabilità, ovvero dove l’Italia può essere un esempio*

Grande difficoltà nel trovare strutture ricettive per colmare la domanda sportiva delle persone con disabilità, problemi di tipo informativo e un mondo della scuola dove lo sport viene ancora concepito come una sorta di "ricreazione allargata": sono questi i tre grandi problemi ancora da risolvere in Italia, per lo sport delle persone con disabilità, che tuttavia - grazie alla vera e propria "rivoluzione culturale" degli anni più recenti - viene oggi studiato come "modello" addirittura da Paesi di antica cultura sportiva, quali l'Inghilterra e la Spagna, come sottolinea Luca Pancalli, presidente del CIP (Comitato Italiano Paralimpico)

Luca Pancalli, vicepresidente nazionale del CONI e presidente del CIP (Comitato Italiano Paralimpico)«Negli ultimi anni – ha dichiarato Luca Pancalli, vicepresidente del CONI e presidente del CIP (Comitato Italiano Paralimpico), durante un convegno tenutosi qualche giorno a Firenze, con il titolo Sport insieme. Lo sport per tutte le abilità – l’Italia ha colmato un grande gap nello sport per persone con disabilità e ora, attraverso una vera e propria “rivoluzione culturale”, siamo una delle realtà più avanzate a livello europeo, tanto che Paesi come Inghilterra e Spagna studiano il nostro modello».
«Naturalmente – ha aggiunto Pancalli – c’è ancora tanto da fare e a tutt’oggi esistono grandi lacune. Purtroppo non abbiamo una vera cultura sportiva, bensì una cultura del tifo, della medaglia, della vittoria. In ogni caso, lo sport ultimamente ha mostrato grande rispetto e tolleranza delle diversità ed è stato uno degli strumenti con maggior capacità unificanti a livello sociale».

Il presidente del CIP ha individuato tre problemi principali che lo sport per disabili deve affrontare. «Innanzitutto c’è grande difficoltà nel trovare strutture ricettive per colmare la domanda sportiva delle persone con disabilità, soprattutto perché c’è carenza di operatori sportivi specializzati. In secondo luogo, esistono difficoltà di tipo informativo: molto spesso il disabile che intende fare sport non sa proprio dove andare. Infine c’è il problema nel mondo della scuola, dove lo sport è sottovalutato e viene concepito come una sorta di “ricreazione allargata”. Lo sport dev’essere invece uno strumento educativo e questo fattore è stato sottovalutato per troppo tempo in Italia, con la conseguenza che anche lo sport per disabili ne ha risentito».

Pancalli è intervenuto anche sui cori razzisti negli stadi. «Io noto un peggioramento nella società – ha dichiarato – non un peggioramento negli stadi. Basta infatti girare per le nostre città e vedere gli atteggiamenti che ci sono, spesso anche nelle scuole, dove ragazzi di colore sono vittime di sfottò. Non accade solo negli stadi: lo stadio è il concentrato del nostro vivere».
«Lo sfottò – ha concluso Pancalli – non può mai cadere nel razzismo: questa è una cosa che va sempre condannata. In passato, da disabile, anch’io sono stato oggetto di sfottò per via della disabilità: bisogna fare qualcosa e va fatta tutti insieme; è evidente, del resto, che debba essere fatta qualsiasi cosa possibile per evitare questi fenomeni che certamente non rendono onore al mondo dello sport, ma che anzi sono condannabili e deprecabili. Bisogna però sfuggire dalla facile demagogia e dalla facile retorica. Il problema non si risolve con atteggiamenti troppo semplicistici: non c’è una sola soluzione o una sola ricetta».

*Testo pubblicato da «Redattore Sociale», con il titolo di Disabili e sport, Pancalli: “Italia modello seguito in Europa”, e qui ripreso, con alcuni adattamenti, per gentile concessione.

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