Quella «pistola scarica»

di Franco Bomprezzi*
È davvero triste che soltanto di fronte a un’emergenza esistenziale estrema e alla minaccia di eutanasia da parte della famiglia Crisafulli, si trovino le soluzioni istituzionali per venire incontro a un diritto fondamentale, quello a una vita dignitosa nella propria dimensione familiare, anche quando si è in presenza di un grave handicap. Ed è triste che i media ormai servano solo da "detonatori" delle tragedie familiari, rinunciando a svolgere in modo autonomo il ruolo di informazione completa e seria sullo stato dei servizi destinati alle persone con disabilità non autosufficienti

Ombra sfuocata di persona in carrozzinaAvevo ragione, ma forse era troppo facile. Salvatore Crisafulli non andrà in Belgio, ha deciso di non morire. La mia cronaca annunciata, dunque, ripresa anche da Superando [la si legga cliccando qui, N.d.R.] si conclude con un lieto fine. Il colpo di scena avviene con tanto di troupe della trasmissione televisiva Le Iene, con domanda e risposta ripetuta, «se vuoi partire per il Belgio, sbarra gli occhi, sennò chiudili». E finalmente Salvatore chiuse gli occhi, permettendo al fratello di annunciare che il viaggio in Belgio, per cercare l’eutanasia e porre fine alla sua condizione di vita priva di assistenza 24 ore al giorno, non avverrà più.

Bene. Che cosa è cambiato in così pochi giorni? C’è stata una nuova massiccia dose di talk-show, di espressioni di solidarietà, di dichiarazioni di politici, di articoli on line. Salvatore ha rotto il muro del silenzio utilizzando una minaccia estrema, che io avevo definito come una “pistola alla tempia”. Adesso Salvatore pare abbia avuto «rassicurazioni concrete» per un nuovo intervento di assistenza finanziato dalla Regione Sicilia.
È davvero triste, se le cose stanno veramente così, che soltanto di fronte a un’emergenza esistenziale estrema si trovino le soluzioni istituzionali per venire incontro a un diritto fondamentale, quello a una vita dignitosa nella propria dimensione familiare, anche quando si è in presenza di un grave handicap. Ed è triste che i media ormai servano solo da “detonatori” delle tragedie familiari, rinunciando a svolgere in modo autonomo il ruolo di informazione completa e seria sullo stato dei servizi destinati alle persone con disabilità non autosufficienti.
Sono contento che Salvatore voglia vivere, aggiungo che ne ero certo fin dall’inizio. Aspetto la prossima “scena madre”, non so dove avverrà, ma sono certo che è solo questione di tempo.

*Testo apparso anche in «FrancaMente», il blog senza barriere di Vita.blog, con il titolo: La pistola è scarica.

Sulla vicenda suggeriamo anche la lettura, sempre nel nostro sito di: Come una pistola alla tempia (di Franco Bomprezzi), disponibile cliccando qui e Bisogna chiedere di morire per poter vivere con dignità? (di Giorgio Genta), disponibile cliccando qui.
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