L’ospedale non dev’essere un carcere

Lo ha dichiarato il noto oncologo Umberto Veronesi, già ministro della Sanità, rilanciando il suo progetto di umanizzazione delle corsie, che dovrebbe passare anche per una serie di cambiamenti riguardanti ad esempio gli orari di visita, il numero di letti per stanza, la qualità del cibo, la distribuzione dei pasti. «Cenare alle sei di sera, ad esempio, ha senso solo per consentire ai medici di tornare a casa. Così però - secondo Veronesi - si perde di vista il paziente che a quell'ora, probabilmente, non ha mai mangiato in vita sua»

Umberto VeronesiNei giorni scorsi Umberto Veronesi, già ministro della Sanità dal 2000 al 2001 e oncologo di fama, ha voluto ribadire sulle pagine del quotidiano «La Stampa» la necessità di ristrutturare l’intero sistema sanitario nazionale e di creare una rete che abbia il suo centro nei pazienti.
In tal senso lo stesso Veronesi – durante l’inaugurazione a Milano del nuovo polo dello IEO (Istituto europeo di Oncologia) – ha riproposto il suo progetto di umanizzazione delle corsie.

«I diritti della persona sono cresciuti – ha dichiarato – ma quelli dei pazienti lo hanno fatto pochissimo. Un paradosso perché chi si trova in ospedale vive già, per via della malattia, in una condizione di grande disagio. Penso ad esempio agli stessi orari di visita, di distribuzione dei pasti, al cibo e al numero di letti per stanza. Chi è ricoverato, in qualsiasi momento della giornata, deve poter contare sulla presenza dei propri cari, i soli capaci di confortare e dare affetto in un momento tanto critico. Cenare alle sei di sera ha senso solo per consentire ai medici di tornare a casa. Così però si perde di vista il paziente che a quell’ora, probabilmente, non ha mai mangiato in vita sua».
«In ogni stanza – ha concluso Veronesi – dovrebbe esserci un solo letto per garantire la privacy. So bene che adesso non è così, ma gli ospedali devono comunque sapersi adeguare». (F.D.)

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