Insegnanti di sostegno e Corte Costituzionale: Giustizia è fatta!

di Francesco Marcellino*
E al di là di questa doverosa esclamazione d'impulso, la Sentenza pronunciata in questi giorni dalla Corte Costituzionale segna realmente un punto fermo sul rispetto del diritto all'istruzione delle persone con disabilità. Eventuali prossimi interventi legislativi o amministrativi non potranno non tenerne conto

Alunna in carrozzina si gira e guarda l'obiettivo della macchina fotograficaCon la Sentenza depositata il 26 febbraio 2010n. 80, la Corte Costituzionale ha dichiarato «l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 413, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008), nella parte in cui fissa un limite massimo al numero dei posti degli insegnanti di sostegno; e dichiara, altresì, l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 414, della legge n. 244 del 2007, nella parte in cui esclude la possibilità, già contemplata dalla legge 27 dicembre 1997, n. 449, di assumere insegnanti di sostegno in deroga, in presenza nelle classi di studenti con disabilità grave, una volta esperiti gli strumenti di tutela previsti dalla normativa vigente». Giustizia è fatta! Questa potrebbe essere l’esclamazione d’impulso.

Quando le Leggi Finanziarie del 2007 e del 2008 abrogarono la previgente modalità di assegnazione degli insegnanti di sostegno per gli alunni con disabilità (sostanzialmente fondata sul criterio del rapporto 1 insegnante di sostegno : 138 alunni, e la possibilità dell’insegnante di sostegno “in deroga” in ipotesi di connotazione di gravità dell’alunno), molti giuristi fecero notare alcuni dubbi di costituzionalità delle norme.
Personalmente già in altre pubblicazioni (Superando, la rivista cartacea «HandyLexPress» ecc.) ebbi modo di esporre una serie di ricerche scientifiche sul tema, sostenendo la validità complessiva della normativa introdotta, ma non condividendone l’applicazione pratica (ben lo sanno, purtroppo, molti alunni e famiglie) e ritenendo esistente un’illegittimità costituzionale nella parte in cui l’ordinamento giuridico così modificato, di fatto, non prevedeva più distinzione alcuna (e quindi alcuna forma di “priorità negli interventi e servizi”, come invece storicamente voluto dall’assetto normativo in tema di disabilità gravi) tra connotazioni di disabilità (lieve – grave).
Per le idee manifestate sul punto già diverso tempo fa, sia consentito innanzitutto il rinvio al contributo Insegnanti di sostegno «in deroga»: le norme e le questioni costituzionali, leggibile in questo stesso sito (cliccando qui). Nel citato contributo – con umiltà, ma con il desiderio del rigore scientifico e in attesa dell’odierna sentenza della Corte Costituzionale – si tentava di compiere alcune osservazioni di ampio respiro, che così possono sintetizzarsi:

1) Il diritto dello studente con disabilità ad ottenere un insegnamento di sostegno non può essere condizionato, nella sua concreta attuazione, dalle disponibilità finanziarie dello Stato (per approfondimenti, si rinvia ad art. cit.): si tratta di un diritto soggettivo perfetto.

2) Il sistema dell’effettiva esigenza rilevata rende “personalizzata” alle obiettive necessità l’integrazione scolastica e quindi (dovrebbe automaticamente essere) efficace ed efficiente; D’altra parte è noto – e deve esserlo sempre più – l’eterogeneità del mondo della disabilità che così, per sua intrinseca natura, presenta aspetti soggettivi e variabili caso a caso.

3) Il principio normativo
è quello delle “effettive esigenze rilevate” dell’alunno con disabilità (quale diritto soggettivo perfetto) e il rapporto matematico di 1:2 (un insegnante ogni due alunni con disabilità) non è un vincolo normativo, ma una tendenza media, che non può ledere, appunto, il vincolo normativo delle “effettive esigenze rilevate”.

4) Forse il sistema della certificazione
dell’effettiva esigenza rilevata e, quindi, della personalizzazione del bisogno scolastico, poteva sopperire al sistema delle “deroghe” previgente per gli alunni con disabilità gravi, ma rimaneva la particolarità che la disciplina introdotta (a differenza del complessivo “panorama del diritto delle persone con disabilità”) non prevedeva nulla di specifico (e di più favorevole) a beneficio delle connotazioni di gravità.

Si immaginava possibile una Sentenza della Corte Costituzionale di tipo interpretativo e invece oggi si scopre (con gioia) un pronunciamento di illegittimità costituzionale delle norme in alcune loro parti. Adesso, quindi, possiamo analizzare il tema, non tanto su più o meno fantasiose o rigorose osservazioni scientifiche, ma con la Sentenza di Costituzionalità (rectius: incostituzionalità) che il Giudice delle Leggi ha emesso.

Particolare di studentessa con disabilità a scuola che sta scrivendoLa Corte Costituzionale preliminarmente precisa «…che i disabili non costituiscono un gruppo omogeneo. Vi sono, infatti, forme diverse di disabilità: alcune hanno carattere lieve ed altre gravi. Per ognuna di esse è necessario, pertanto, individuare meccanismi di rimozione degli ostacoli che tengano conto della tipologia di handicap da cui risulti essere affetta in concreto una persona». Il Giudice delle Leggi, quindi, ci conferma l’importanza dell’eterogeneità del mondo della disabilità, suddiviso, in via esemplificativa, tra carattere lieve e grave dello stato psico-fisico.
Il Giudice delle Leggi, inoltre, ci conferma dal punto di vista normativo il considerevole numero di atti internazionali e nazionali che tutelano il diritto all’istruzione degli alunni disabili e, dopo un veloce elenco di essi, afferma: «Pertanto, il diritto del disabile all’istruzione si configura come un diritto fondamentale» (grassetto nostro). Affermazione, questa, che, ne sono certo, alcuni familiari ed associazioni sentono il bisogno che venga affissa all’ingresso di ogni istituzione scolastica!
Il diritto fondamentale, quindi, «…è assicurato attraverso “misure di integrazione e sostegno idonee a garantire ai portatori di handicaps la frequenza degli istituti d’istruzione (sentenza n. 215 del 1987). Tra le varie misure previste dal Legislatore viene in rilievo quella del personale docente specializzato, chiamato per l’appunto ad adempiere alle “ineliminabili (anche sul piano costituzionale) forme di integrazione e di sostegno” a favore degli alunni diversamente abili (sentenza n. 52 del 2000)».

Compiute queste premesse, la Corte Costituzionale va dritta nel merito della questione, focalizzando chiaramente due questioni:
1) da un lato, nella legittimità (o meno) di un limite massimo nella determinazione del numero degli insegnanti di sostegno;
2) dall’altro, nell’eliminazione della citata possibilità di assumerli in deroga.
E la Corte chiaramente ci dice che ciò si pone in «contrasto con il riportato quadro normativo internazionale, costituzionale e ordinario, nonché con la consolidata giurisprudenza di questa Corte a protezione dei disabili». E ciò già è sufficiente per esultare, che “giustizia è stata fatta”. Tanto più adesso, in un periodo in cui non solo molti studenti (e loro famiglie) hanno subìto la riduzione dell’insegnamento di sostegno, ma anche alcune famiglie, pur avendo ricorso all’autorità giudiziaria, non hanno trovato ristoro delle loro richieste, avendo alcuni Tribunali Amministrativi Regionali (TAR) ritenuto prevalente l’aspetto economico-finanziario (e/o matematico del rapporto 1/2) ai diritti di istruzione dell’alunno con disabilità.

Ma è doveroso continuare nell’esposizione della Sentenza Costituzionale, in quanto si approfondisce un tema complesso e delicato. La Corte dà atto infatti che il Legislatore «nella individuazione delle misure necessarie a tutela dei diritti delle persone disabili gode di discrezionalità (da ultimo, ex plurimis, sentenze n. 431 e 251 del 2008, ordinanza n. 269 del 2009). Ma «…detto potere discrezionale non ha carattere assoluto e trova un limite nel “[…] rispetto di un nucleo indefettibile di garanzie per gli interessati” (sentenza n. 251 del 2008 che richiama sentenza n. 226 del 2000). Risulta, pertanto, evidente che le norme impugnate hanno inciso proprio sull’indicato “nucleo indefettibile di garanzie” che questa Corte ha già individuato quale limite invalicabile all’intervento normativo discrezionale del legislatore».
Insomma: vero è che il Legislatore ha dei margini di discrezionalità nell’elaborazione normativa, ma è anche vero che questa discrezionalità non può certamente ledere i principi fondamentali dettati dalla Costituzione. E, fra questi, certamente il diritto all’istruzione del disabile, nella sua esplicazione di diritto a un adeguato livello di istruzione.
Fa anche piacere riscontrare che questo percorso logico-giuridico si era cercato di proporlo nel testo dal titolo Alunni con disabilità e livelli essenziali di istruzione: modalità d’uso (pubblicato da Superando e leggibile cliccando qui), laddove si affermava che «…in Italia esiste un livello essenziale di educazione e di istruzione per gli alunni con disabilità. Il principio costituzionale dell’articolo 34 della Carta (“La scuola è aperta a tutti”) non è quindi una “speranza” (o un portone di un istituto semplicemente “aperto”), ma è un vincolo normativo fissato a garanzia di un livello essenziale di prestazioni di educazione e istruzione che deve fornire la scuola italiana».
E così la Corte Costituzionale afferma che «la ratio della norma, che prevede la possibilità di stabilire ore aggiuntive di sostegno, è, infatti, quella di apprestare una specifica forma di tutela ai disabili che si trovino in condizione di particolare gravità; si tratta dunque di un intervento mirato, che trova applicazione una volta esperite tutte le possibilità previste dalla normativa vigente e che, giova precisare, non si estende a tutti i disabili a prescindere dal grado di disabilità, bensì tiene in debita considerazione la specifica tipologia di handicap da cui è affetta la persona de qua».
Bimbo a scuola con un grande cappello e la bocca spalancataDa ciò ne consegue l’illegittimità delle norme nelle parti in cui, per un verso, pongono il limite di un insegnante di sostegno ogni due alunni con disabilità, per altro verso, invece, escludono la possibilità di assegnazione di insegnanti di sostegno in deroga in presenza di alunni con disabilità grave.

Proviamo adesso a immaginare le conseguenze di questa pronuncia.
Innanzitutto, il primo pensiero va a coloro i quali (studenti e familiari) si trovano ancora in pendenze di giudizi di integrazione delle ore di sostegno ovvero abbiano subito il rigetto delle istanze. La prosecuzione del giudizio instaurato o la proposizione di appello fa presagire – a seguito della suddetta Sentenza Costituzionale – un positivo riscontro da parte dei Tribunali territorialmente competenti.
Il secondo pensiero, invece, va a coloro i quali si accingono a preoccuparsi della frequenza del prossimo anno scolastico. Il principio delle effettive esigenze rilevate – a seguito della Sentenza di cui si parla – ne esce rafforzato e (evidentemente) dichiarato costituzionalmente legittimo, nel suo rispetto della “personalizzazione” del progetto scolastico dell’alunno. Motivo per cui, anche per le connotazioni di gravità, ben si farà se le documentazioni scolastiche (propedeutiche e necessarie per l’assegnazione dell’insegnante di sostegno) continueranno a certificare, documentare e motivare le effettive esigenze scolastiche dell’alunno. Bene, quindi, hanno fatto quelle Unità di Neuropsichiatria territoriali che hanno continuato a mantenere nei modelli di individuazione dell’alunno con disabilità la possibilità della crocetta sulla connotazione di gravità o di non gravità.
Per coloro i quali, quindi, sarà riconosciuta la connotazione di gravità, l’ordinamento scolastico dovrà organizzarsi, prevedendo anche la possibilità di assumere “in deroga” insegnanti di sostegno così da garantire il fondamentale diritto all’istruzione degli alunni disabili. E ciò, di conseguenza riverbererà effetti favorevoli anche agli alunni ritenuti non gravi.
Il terzo pensiero, invece, è un timore: ovvero, che la suddetta disciplina – da qui ai prossimi mesi – possa essere rivista con un intervento legislativo o amministrativo. Ma anche se così fosse, non si potrà di certo non prendere atto e quindi partire, dai punti fermi ottenuti tramite le Sentenze dei tribunali territoriali e della Corte Costituzionale. Se poi gli interventi legislativi – o gli eventuali interventi amministrativi – riuscissero anche a prendere spunti dalle esperienze suggerite dalla società civile (insegnanti, alunni, familiari, sindacati, associazionismo ecc.), potrebbe magari darsi definitiva soluzione non solo al tema della “quantità” di insegnamento di sostegno, ma anche a quello della “qualità” del sostegno.

A tal proposito risultano ancora sul tavolo temi assai complessi, ma non meno gravosi come quelli del diritto alla «continuità didattica dell’insegnamento di sostegno» (anziché l’assegnazione annuale del docente con la conseguente possibilità di mutamento nell’anno scolastico successivo, foriero di disorientamento per l’alunno, i familiari e gli altri docenti); quello del diritto alla sostituibilità dell’insegnante di sostegno non idoneo o che non abbia raggiunto un adeguato livello di empatia con l’alunno; quello del diritto a “un solo” insegnante di sostegno e non già a due (al solo fine di completare le ore, così come, ad esempio, spesso avviene in ipotesi di accoglimento del cautelare innanzi al TAR) e quindi, infine, trovare il coraggio di discutere delle norme scolastiche che disciplinano il lato professionale dell’insegnamento di sostegno (accesso, specializzazione, assegnazione, graduatorie ecc.) e non già solo quello dei diritti dell’alunno.
Ciò diventerebbe anche un segno di attenzione nei confronti di quei tanti insegnanti di sostegno che, al di là delle “ore assegnate” con l’alunno, si prodigano per una vera inclusione dello studente, anche con una serie di interlocuzioni con la neuropsichiatria, con i familiari e con tutti gli altri soggetti che operano per lo sviluppo psico-fisico dell’alunno.
In attesa di ciò, esultiamo della pronuncia Costituzionale. A conferma che il funzionamento degli organi di garanzia del nostro ordinamento giuridico dimostrano che il sistema di “pesi e contrappesi” tra poteri dello Stato determina un rispetto e un controllo democratico delle istanze, tutte legittime, e dei diversi interessi, tutti legittimi, che le varie parti rappresentano.
Si ritiene che oggi, dopo questa sentenza, la famosa “bilancia tenuta in mano dalla dea bendata della giustizia” abbia trovato maggiore equilibrio di quanto non sia stato nel recente passato.

*Avvocato (fmarcellino@videobank.it). L’Autore del presente testo ha rilasciato la concessione alla pubblicazione solo ed esclusivamente al sito Superando.it. Senza il consenso dell’Autore non è consentita alcuna duplicazione del contributo (né in tutto né in parte), tranne il mero rinvio con link ipertestuale alla presente pagina internet.

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