Sono rimasto molto colpito, in questi giorni, da un’esternazione del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Lo hanno scritto, timidamente, i giornali. Nel suo comizio romano del 21 marzo scorso, fra le varie promesse ha parlato anche del cancro. Ha dichiarato, con le pause e gli sguardi che lo contraddistinguono, che entro il 2013 «guarirà l’Italia dal cancro, che colpisce 250 mila persone all’anno nel nostro Paese».
Ho letto su questo tema un finissimo commento di Massimo Gramellini nella sua rubrica quotidiana “Buongiorno”, in prima pagina della «Stampa» [“Il guaritore”, disponibile cliccando qui, N.d.R.]. Forse troppo fine, troppo educato, tanto da non fare il nome del Guaritore. Ho atteso qualche giorno, ho contato fino a tre, e anche fino a dieci. Ho visto che in linea di massima questa vergognosa promessa non ha suscitato adeguata risposta, se non singoli interventi di cittadini, nei blog, nei forum, nelle private conversazioni.
Nessuna protesta ufficiale. Almeno da parte delle grandi organizzazioni che si occupano seriamente e da sempre di lotta ai tumori. Perché? Non si ritiene il presidente del Consiglio in carica un interlocutore autorevole, degno di risposta? Si teme, intervenendo, di schierarsi politicamente? Peggio, si ha paura, esponendosi di fronte alla stupidaggine detta e ripetuta (si legga a tal proposito l’intervista disponibile cliccando qui), di perdere i necessari collegamenti con il Governo in carica?
Si preferisce il silenzio, aspettando il responso delle urne? Possibile che non si riesca neppure a dire, a mezza voce, che al momento in Italia sono stati tagliati i fondi alla ricerca scientifica? Possibile che nessuno abbia l’ardire di argomentare che la lotta al cancro è mondiale e nessuna grande scoperta potrà mai essere un privilegio di una singola nazione? Tutti sappiamo perfettamente che oggi i ricercatori, anche quelli finanziati grazie alla generosità dei cittadini, lavorano in una rete mondiale, e che non potrà mai accadere che una scoperta decisiva per le terapie sia appannaggio di un singolo Paese.
Ma c’è quel numero di 250 mila persone all’anno che da solo dà la spiegazione dell’annuncio. 250 mila voti non si buttano via così, se questi 250 mila cittadini colgono almeno il senso di speranza che è contenuto nel grido di Berlusconi, probabilmente, prima di morire, votano per lui. Io retoricamente ho chiesto, nel mio profilo di facebook, quando il premier mi farà guarire dall’osteogenesi imperfetta. Ma mi sono anche subito risposto: mai. Per il semplice motivo che io appartengo a una minoranza elitaria di qualche centinaio di italiani, uno ogni 25 mila nati vivi, che hanno la “fortuna” di questa singolare malattia genetica. Non portiamo voti a nessuno.
Mi sento sinceramente offeso più dal silenzio generale che dalle farneticazioni demagogiche di un premier che gioca perfino sul ricordo di una personale esperienza di malattia (un tumore alla prostata nel 2000). Il silenzio è connivenza, è accettazione di questo declino intellettuale e morale. Io mi indigno. Mi arrabbio. Non ci sto. Sul cancro non si gioca, nessuno lo deve fare. Nemmeno Berlusconi.
*Testo apparso anche in «FrancaMente», il blog senza barriere di Vita.blog, con il titolo: Il cancro no, per favore.
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