«Il mio primo atto ufficiale? Entrerò con la mia inseparabile sedia a rotella in tutti gli spazi di Palazzo Santa Lucia accompagnata da un’impresa edile: ascensori stretti, scalinate saranno solo un brutto ricordo. Ovviamente questa è una provocazione: il mio primo atto sarà infatti concludere l’accreditamento definitivo delle strutture sanitarie». Era stata questa la prima dichiarazione al «Corriere del Mezzogiorno» di Anna Petrone, donna con disabilità, consigliera nazionale della UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) e rappresentante di quest’ultima nella FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), felicemente eletta nel Consiglio Regionale della Campania, dopo le recenti Elezioni Amministrative (il nostro sito le aveva anche dedicato, qualche settimana fa, un’ampia intervista, disponibile cliccando qui).
Ebbene, a questo punto quella che doveva essere una provocazione rischia di diventare la pura e semplice realtà. Infatti, per consentire a Petrone di entrare in aula, di votare, di svolgere insomma tutte le funzioni da consigliere regionale, Palazzo Santa Lucia di Napoli – sede del Consiglio – dovrà necessariamente essere adeguato in modo sostanziale. Come riferisce infatti «Disablog.it», in quell’edificio «mancano o non funzionano scivoli e pedane per dar modo ai disabili di entrare nel palazzo e ne relativi uffici. Se Petrone vorrà accedere dal piano terra, dunque, gli uscieri della Palazzina F13 dovranno aprire sempre la porta di emergenza e poi accompagnarla per le scale che conducono al piano -1, dove è ubicata l’aula del Parlamentino; se vorrà invece accedere dal parcheggio posizionato al piano -2, dovrà prendere l’ascensore e poi essere aiutata ad entrare nella strettoia che porta al Consiglio; se infine vorrà salire al piano che le sarà assegnato, sarà difficile fare entrare la carrozzella nell’ascensore riservato solo ai consiglieri che vi accedono tramite apposito badge, di ampiezza ridotta rispetto a quelli normali».
Il proposito espresso da Anna Petrone, riguardante «la necessità di un vero e proprio piano regolatore delle barriere architettoniche in Campania» trova dunque una prima, clamorosa conferma sin dal luogo dove lei stessa dovrebbe svolgere le sue funzioni. «La rivoluzione sulle politiche sociali – aveva dichiarato ancora al “Corriere del Mezzogiorno” – deve essere a trecentosessanta gradi e cioè entrare nel quotidiano, non dev’essere qualcosa di “estraneo” alla comunità». E ancora, sul Terzo Settore nel Meridione d’Italia, «abbiamo ereditato una sorta di subcultura del volontariato che spesso maschera lavoro nero. Il volontariato è gratuità, l’impresa sociale è una strategia per favorire l’inserimento lavorativo delle fasce deboli. Se qualcuno lo confonde ancora è semplicemente in malafede».
Idee lodevoli e da noi del tutto condivise, ma per farle diventare buone prassi, prima di tutto bisognerà consentire alla neoconsigliera di accedere senza problemi al luogo dove dovrebbe agire. E se questo servirà a rendere finalmente accessibile uno dei tanti edifici pubblici del nostro Paese “ricchi” di barriere, ben venga. (S.B.)
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