Un recente fatto di cronaca relativo a una donna francese costretta dall’equipaggio di un volo easyJet a scendere dall’aereo Parigi-Nizza, perché persona in carrozzina senza accompagnatore, ha riportato all’attenzione dell’opinione pubblica il tema delle discriminazioni subite dai passeggeri con disabilità sui voli aerei.
Dopo quasi due anni, dunque, dall’entrata in vigore del Regolamento Europeo CE 1107/06, che disciplina i diritti delle persone con disabilità nel trasporto aereo, questo episodio di cronaca è l’occasione giusta per riflettere su alcuni punti deboli del Regolamento stesso e per individuare strategie che consentano di ovviare a tali debolezze. In questa prima puntata del nostro viaggio all’interno delle pieghe del Regolamento, partiremo dall’analisi della recente vicenda riguardante easyJet, per analizzare il delicato e controverso rapporto tra le presunte esigenze di sicurezza dei voli e il diritto alla mobilità delle persone con disabilità.
In relazione al fatto di cronaca in oggetto, le agenzie di stampa hanno riferito che una volta che la passeggera in carrozzina è salita sull’aereo Parigi-Nizza, «uno steward di easyJet l’ha invitata a scendere perché non aveva un accompagnatore e questo costituiva un pericolo per ragioni di sicurezza». Chiamata in causa, la compagnia avrebbe dichiarato che «la sicurezza è la priorità di easyJet e la compagnia non può scendere a compromessi in merito. […] Conformemente alla regolamentazione europea è necessario poter evacuare un aereo in 90 secondi».
Dunque la tesi di easyJet sarebbe che la passeggera non poteva restare a bordo perché, essendo sprovvista di un proprio accompagnatore, non avrebbe consentito di rispettare uno dei tanti criteri di sicurezza dei voli. Da notare tra l’altro la discrezionalità nell’interpretazione e applicazione della citata norma di sicurezza, se si considera che sul precedente volo di andata Nizza-Parigi la signora aveva viaggiato da sola, senza che ciò sollevasse alcun problema. Da notare ancora la natura piuttosto irrealistica dello standard di sicurezza in questione: il buon senso induce a ritenere che nessun aereo possa essere evacuato in 90 secondi, a prescindere che esso trasporti passeggeri con disabilità, con o senza accompagnatore.
Ma a parte queste considerazioni, è importante domandarsi come possa essere interpretato l’episodio alla luce del Regolamento Europeo 1107/06. L’articolo 3 di quest’ultimo stabilisce un principio fondamentale di non discriminazione, ovvero che – per motivi di disabilità o mobilità ridotta – una compagnia aerea non può rifiutare di accettare una prenotazione, né di imbarcare una persona con disabilità (purché ovviamente in possesso di un biglietto valido e di prenotazione).
Il successivo articolo 4 del Regolamento introduce però delle deroghe consistenti a tale principio. Esso sancisce infatti che – nonostante le disposizioni dell’articolo 3 – un vettore aereo può rifiutare – per motivi di disabilità o mobilità ridotta – di accettare una prenotazione per una persona con disabilità o di imbarcarla, se vale uno dei seguenti casi: «a) per rispettare gli obblighi in materia di sicurezza stabiliti dalla normativa internazionale, comunitaria o nazionale ovvero gli obblighi in materia di sicurezza stabiliti dall’autorità che ha rilasciato il certificato di operatore aereo al vettore aereo in questione; b) se le dimensioni dell’aeromobile o dei suoi portelloni rendono fisicamente impossibile l’imbarco o il trasporto della persona con disabilità».
Un successivo paragrafo dell’articolo 4 può essere applicato direttamente al caso di cronaca della signora francese. Esso stabilisce infatti che – per rispettare gli obblighi di sicurezza sopra elencati – il vettore aereo può «esigere che una persona con disabilità o a mobilità ridotta sia accompagnata da un’altra persona in grado di fornirle l’assistenza necessaria».
Pertanto – data per buona la normativa europea che prevede si debba poter evacuare un aereo in 90 secondi – in base all’articolo 4 del Regolamento CE, il comportamento di easyJet verso la passeggera francese potrebbe considerarsi legittimo e non sanzionabile, in quanto finalizzato al rispetto di uno fra i vari obblighi di sicurezza esistenti in materia di trasporto aereo.
Si tratta certamente di un episodio che costituisce un precedente preoccupante e che apre una forte incognita su un aspetto molto delicato del Regolamento Europeo: fino a che punto le esigenze di sicurezza fissate dalle normative sono compatibili col diritto al volo delle persone con disabilità? E da quale punto in poi tali esigenze finiscono per tradursi in una pesante limitazione di quel diritto?
Se la possibilità di evacuare un aereo in 90 secondi è da considerarsi obbligo di sicurezza valido ai fini dell’articolo 4 del Regolamento CE, allora di fatto le compagnie aeree potrebbero sempre pretendere che i passeggeri con disabilità o a mobilità ridotta viaggiassero con un accompagnatore: chi di loro infatti potrebbe garantire in autonomia il rispetto di quel tempo di evacuazione? Portando il discorso alle estreme conseguenze, è facile ipotizzare che – anche se accompagnato – un passeggero con disabilità non potrebbe comunque garantire un’evacuazione in 90 secondi e dunque, per assurdo, qualsiasi compagnia aerea potrebbe sempre pretendere di rifiutargli sia la prenotazione che l’imbarco, anche se egli fosse assistito da un accompagnatore.
Il problema nasce in realtà dal fatto che l’articolo 4 del Regolamento 1107/06 fonda la possibilità di rifiutare la prenotazione e/o l’imbarco sulla base di criteri ampi e generici, quindi non circoscrivibili a priori, e soggetti a margini di discrezionalità nell’applicazione da parte delle diverse compagnie aeree e – al limite – da parte dei vari equipaggi di una stessa compagnia.Tale articolo si limita infatti a parlare genericamente di «obblighi in materia di sicurezza stabiliti dalla normativa internazionale, comunitaria o nazionale ovvero gli obblighi in materia di sicurezza stabiliti dall’autorità che ha rilasciato il certificato di operatore aereo al vettore aereo in questione».
La Circolare ENAC (Ente Nazionale Aviazione Civile) dell’8 luglio 2008 viene sì in aiuto, ma chiarisce e circoscrive solo l’ultima parte della norma, laddove afferma che per «obblighi in materia di sicurezza stabiliti dall’autorità che ha rilasciato il certificato di operatore aereo al vettore aereo in questione» si intende il soddisfacimento dei requisiti OPS 1 (pubblicati come allegato al Regolamento CE 1899/06). A tal proposito la Circolare ENAC precisa che la compagnia aerea potrà rifiutare il trasporto di un passeggero con disabilità (in sigla: PRM), in base all’articolo 4 del Regolamento 1107/06, «solo se trasportando quel passeggero PRM venisse a superare il limite massimo imposto dalle norme OPS 1 o se non rispettasse le condizioni e le procedure stabilite per rispondere alle norme medesime».
Infine, sempre la Circolare ENAC dell’8 luglio 2008 introduce e ribadisce in più punti un importante principio di chiarezza e trasparenza verso l’utenza con disabilità: «L’operatore aereo deve definire in base alle norme OPS 1 e alla configurazione dei propri aeromobili, le politiche di sicurezza che applica al trasporto dei passeggeri PRM, specificando procedure e eventuali restrizioni, e deve metterle a disposizione del pubblico in formati accessibili. Tali informazioni devono comprendere anche le eventuali restrizioni applicate sul trasporto dei dispositivi di mobilità».
Il fatto che le regole di sicurezza applicate dall’operatore aereo al trasporto di passeggeri con disabilità e le relative restrizioni debbano essere rese disponibili a tutti e in formati accessibili è un passo avanti importante e traccia la strada da seguire, poiché fa uscire questi aspetti dall’anonimato, riducendo i margini di discrezionalità che la compagnia potrebbe esercitare qualora queste regole non fossero rese pubbliche. Spetta pertanto all’ENAC, in prima battuta, ma anche alle associazioni delle persone con disabilità, vigilare affinché la divulgazione di queste informazioni venga effettivamente posta in essere dagli operatori aerei.
Del resto è comprovato che i gestori aeroportuali e le compagnie aeree non gradiscono intromissioni laddove si tratta di fissare le politiche di sicurezza per i passeggeri con disabilità, poiché questo garantisce loro una posizione di vantaggio e ampi margini di discrezionalità. E tuttavia, pretendere che questi vincoli vengano resi pubblici rappresenta un primo passo per ridurre lo svantaggio informativo degli utenti e aprire un confronto più equilibrato, in attesa che le associazioni delle persone con disabilità acquisiscano il peso necessario per cominciare a incidere anche sui criteri con cui vengono fissate le regole per la sicurezza.
Ad esempio, per tornare all’episodio di partenza, pare ragionevole rivendicare la possibilità di mettere in discussione una norma che prevede 90 secondi di tempo per evacuare un aereo, quando il buon senso dice che quel breve lasso di tempo non sarebbe sufficiente nemmeno se i passeggeri fossero tutti “super-eroi dotati di ultrapoteri”. Un conto, infatti, è sentirsi dire che si deve scendere dall’aereo per imprecisate ragioni di sicurezza – non contestabili in quanto non specificate – un conto è scoprire che tali ragioni sono assai irrealistiche e ben poco “ragionevoli”: nel secondo caso si può aprire per le associazioni delle persone con disabilità uno spazio di pressione e rivendicazione.
Non va tra l’altro dimenticato nemmeno che – al di là dello specifico del trasporto aereo – da tempo le politiche securitarie si sono rivelate espedienti efficaci per limitare i diritti di inclusione delle persone con disabilità in tutti gli ambiti del vivere sociale, stroncando sul nascere le rimostranze dei malcapitati, in base a un preteso principio di “causa di forza maggiore”. Ad esempio – per presunte ragioni di sicurezza in caso di emergenza – è prassi costante che sempre più persone con disabilità si vedano negare l’accesso a cinema, teatri e concerti.
Per chi li impone, i vincoli di sicurezza hanno il vantaggio di venir presentati all’esterno come “parametri oggettivi inconfutabili”, come “princìpi d’autorità” non contestabili, garantendo ampi margini di interpretazione a chi ha il potere di applicarli. Ma oggi più che mai la battaglia per l’inclusione sociale delle persone con disabilità deve passare anche attraverso la messa in discussione dei principi securitari: essi vanno visti per ciò che realmente sono, ovvero non come vincoli oggettivi insiti nell’ordine delle cose, ma come scelte e convenzioni fissate da appositi organismi in base a valutazioni, mediazioni e compromessi fra diversi interessi. E quando l’applicazione di tali regole entra fortemente in conflitto con i diritti di cittadinanza di alcune categorie sociali, i principi securitari dovrebbero essere passibili di confronto e discussione con tutti i portatori di interesse coinvolti.
In controtendenza, dunque, rispetto alla “deriva securitaria” attualmente in atto a tutti i livelli nella società, è questa una delle vie da seguire per contrastare la logica del “principio d’autorità” e rimettere al centro i diritti delle persone con disabilità.
*Responsabile dello Sportello Vacanze Disabili AIAS Milano (Associazione Italiana per l’Assistenza agli Spastici) ed esperto della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap)in materia di applicazione del Regolamento CE 1107/06.
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