La nuova Legge sulle cure palliative e sulle terapie del dolore (Legge 38/10, Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore) è stata approvata il 9 marzo 2010 dalla Camera, praticamente all’unanimità, con 476 voti a favore e due astensioni. Il provvedimento interessa più di 250.000 famiglie di malati cronici e 11.000 bambini (oltre il 50% colpito da malattie tumorali). Sono spesso persone che affrontano le fasi avanzate di una patologia non guaribile e muoiono dopo inutili sofferenze. L’ultima Relazione sullo Stato Sanitario del Paese, prodotta dal Ministero della Salute, ci dice che è grave la carenza di strutture per le cure palliative. E il Rapporto 2007 sugli Hospice in Italia, sempre del Ministero della Salute, segnala che l’offerta di posti letto copre meno del 45% del fabbisogno programmato, con enormi differenze tra le varie Regioni.
Ora la Legge 38/10 colma finalmente una grave lacuna, con la definizione chiara della rete delle cure palliative, distinta da quella della terapia del dolore, l’ulteriore precisazione sulle cure palliative come livelli essenziali di assistenza, la semplificazione nella prescrizione dei farmaci antidolore, la formazione specifica rivolta al personale, l’istituzione di un monitoraggio ministeriale dell’attuazione della rete.
Le cure palliative sono definite dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come «un approccio che migliora la qualità della vita dei malati e delle loro famiglie che si trovano ad affrontare le problematiche associate a malattie inguaribili, attraverso la prevenzione e il sollievo della sofferenza per mezzo di una identificazione precoce e di un ottimale trattamento del dolore e delle altre problematiche di natura fisica, psicosociale e spirituale». Con le cure palliative, dunque, la questione cruciale è riconoscere il diritto di ogni persona a vivere sino all’ultimo istante con dignità e con la minore sofferenza possibile. Questo diritto non si afferma “spontaneamente”, ma – e di questo si occupa la nuova Legge – solo se l’assistenza è organizzata, se la programmazione regionale e locale dedica attenzione adeguata e se garantisce risorse. Perché servono operatori con professionalità elevata, capaci di relazioni difficili, con persone – malati e familiari – che stanno soffrendo o si avvicinano alla morte.
In questo ambito è particolarmente significativo il lavoro degli operatori, nel quale il gesto tecnico e la relazione umana con l’ammalato sono componenti inscindibili della professionalità e qualificano l‘assistenza. Certamente è un’assistenza più impegnativa, ma anche immensamente più ricca, per chi la esercita e per chi la riceve. Un’assistenza in cui ha evidenza scientifica la maggiore efficacia dell’approccio globale, dove lo sguardo clinico diventa sguardo alla persona e all’insieme dei suoi bisogni fisici, psicologici, sociali, affettivi. Un modello assistenziale impraticabile senza riconoscere la soggettività del malato.
La legge sulle cure palliative e sulla terapia del dolore può così aiutarci a ritrovare la dimensione più autentica dell’assistenza sanitaria. Ora inizia il compito più impegnativo, attuarla.
*Responsabile Politiche della Salute e Contrattazione Sociale della CGIL, Dipartimento Welfare e Nuovi Diritti.
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