La leucodistrofia metacromatica è una patologia neurodegenerativa progressiva appartenente al gruppo delle malattie lisosomiali e causata dal deficit di un enzima deputato al metabolismo di una categoria di sostanze chiamate sulfatidi. Essa è caratterizzata appunto dall’accumulo di sulfatidi in alcuni tessuti dell’organismo e in particolare nella guaina mielinica, una struttura che avvolge le cellule nervose.
A seconda dell’età di insorgenza e della gravità dei sintomi si distinguono quattro principali forme cliniche: tipo tardo-infantile (insorgenza tra i sei mesi e i due anni); tipo giovanile precoce (insorgenza a 4-6 anni); tipo giovanile tardivo (insorgenza a 6-12 anni); tipo adulto (insorgenza dopo i 12-16 anni).
Tutte le forme comportano un progressivo deiterioramento – anche se di differente gravità – delle funzioni motorie e neurocognitive. Le forme infantili e giovanili sono le più gravi e sono in genere letali.
Trasmissione
La malattia di solito è dovuta a mutazioni del gene codificante per l’enzima lisosomiale arilsulfatasi A (Arsa). Si trasmette con modalità autosomica recessiva: i genitori, cioè, sono portatori sani delle mutazioni e hanno il 25% di probabilità di trasmettere la malattia a ciascuno dei figli. In alcuni pazienti il deficit non riguarda l’arisulfatasi A, ma un’altra proteina coinvolta nel metabolismo dei sulfatidi (Sap-B).
Diagnosi
La diagnosi viene effettuata sulla base dell’osservazione clinica e di esami strumentali e di laboratorio, tra cui:
– il dosaggio dell’attività enzimatica dell’Arsa, che può essere effettuato su cellule del sangue o della pelle;
– il dosaggio dei sulfatidi non metabolizzati nelle urine;
– la misurazione della velocità di conduzione nervosa;
– l’analisi genetica con ricerca delle mutazioni del gene Arsa.
Le tecniche di neurovisualizzazione (tomografia e risonanza magnetica) evidenziano anomalie nella sostanza bianca del cervello. Nelle gravidanze a rischio può essere effettuata la diagnosi prenatale tramite villocentesi o amniocentesi.
Nelle famiglie a rischio, infine, il dosaggio dell’attività Arsa può essere utile per l’identificazione dei portatori sani.
Trattamenti possibili
Al momento non esiste una terapia risolutiva. In alcuni casi selezionati viene proposto il trapianto di midollo osseo o di cellule staminali da cordone ombelicale, che può stabilizzare le funzioni neurocognitive.
Da dire che nell’aprile del 2010 ha preso il via presso l’Istituto San Raffaele-Telethon per la Terapia Genica (HSR-TIGET) di Milano la sperimentazione della terapia genica su pazienti ancora asintomatici.