«Un giorno – avevamo scritto qualche tempo fa, riprendendo un messaggio inviatoci dalla casa editrice Mursia – ci arrivò un manoscritto. La singolare lettera di accompagnamento diceva: “Da anni sono immobile e tenuta in vita da un ventilatore polmonare e vivo una difficile ma sorprendente avventura che ho sentito il bisogno di raccontare ‘a cuore aperto’ con autoironia e senza nascondermi”. Fu quel sorprendente a conquistarci. Ora quel manoscritto è diventato un libro».
La lettera – come spiegavamo nell’ampia recensione da noi pubblicata di Cosa importa se non posso correre (disponibile cliccando qui, con il titolo La difficile e sorprendente avventura di Marinella) era firmata da Marinella Raimondi, insegnante di tedesco nelle scuole superiori, sposata, due figlie, che alla soglia dei quarant’anni si è trovata nel “ciclone” di quella grave malattia neurodegenerativa progressiva – la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) – che colpisce i motoneuroni, ovvero le cellule nervose cerebrali e del midollo spinale, e che a poco a poco l’ha privata di ogni movimento.
Nei suoi primi sintomi, la malattia di Marinella si era manifestata con una perdita di voce, preannunciando la completa afasia cui sarebbe stata costretta. Ma lei non ha mai perso la voglia di comunicare, prima con una lavagnetta, poi con un computer realizzato appositamente per persone con disabilità motoria. E anche il suo libro Cosa importa se non posso correre è stato scritto proprio grazie a questo ausilio informatico, con l’autrice che, per ogni singola lettera, dava un colpo al mouse tramite una contrazione delle gambe, unico movimento concessole oggi dalla SLA.
Una nuova presentazione della sua opera è prevista per mercoledì 14 aprile a Milano, presso la Libreria Mursia (Via Galvani, 24, ore 18), dove la stessa Autrice incontrerà i lettori, affiancata da Eva Banchelli dell’Università di Bergamo e da Anna Frassinetti, docente dell’ITT Pasolini di Milano, che leggeranno alcuni brani del libro.
«Ogni tanto – scrive Marinella Raimondi – bisogna fare la voce grossa. E chi la voce non ce l’ha? Chi non può nemmeno alzare un dito, una mano, la testa? Il malato di SLA ha bisogno di tutto: di essere lavato, cambiato, pulito, nutrito, vestito, svestito, mosso, alzato, pettinato. È evidente che non basta la buona volontà dei familiari, servono l’intervento delle istituzioni, aiuti concreti, personale esperto, assistenza. I gesti estremi, come lo sciopero della fame, servono per attirare l’attenzione su certe situazioni di abbandono molto frequenti, ma non bastano. Bisogna spiegare, mostrare, far capire, coinvolgere»: è solo uno tra i tanti esempi dello spirito battagliero che pervade Cosa importa se non posso correre in ogni sua pagina. (S.B.)
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