Nato nel 1999 dalla trasformazione del CEDE (Centro Europeo per l’Educazione) e ulteriormente riordinato nel 2004 dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, l’INVALSI (Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo di Istruzione e di Formazione) ha come sua principale missione istituzionale quella di «fornire alle istituzioni scolastiche e alle famiglie degli studenti adeguate informazioni e affidabili criteri di giudizio, in aggiunta a quelli che ogni docente acquisisce quotidianamente attraverso il contatto con gli allievi». Tale compito viene innanzitutto svolto – come si può leggere nello stesso sito dell’INVALSI – attraverso «verifiche periodiche e sistematiche sulle conoscenze e abilità degli studenti e sulla qualità complessiva dell’offerta formativa delle istituzioni di istruzione e di istruzione e formazione professionale, anche nel contesto dell’apprendimento permanente». In particolare viene gestito il cosiddetto “Servizio Nazionale di Valutazione” (SNV), tramite specifiche “prove di apprendimento”. Viene infine prodotto un Manuale per il somministratore, che dovrebbe fornire tutte le indicazioni in vista delle prove che per quest’anno sono previste esattamente dal 6 al 13 maggio prossimi e che sempre per quest’anno riguarderanno le classi II e V della Scuola Primaria e la I della Scuola Secondaria di Primo Grado, con una forma di obbligatorietà mai imposta in precedenza.
Si tratta di premesse informative che riteniamo necessarie per meglio inquadrare le ragioni che portano Elena Duccillo, in questa sua nota, a ritenere come discriminanti – nei confronti degli studenti con disabilità – una serie di azioni condotte in questi anni dall’INVALSI. Nell’attuale contingenza, l’attenzione – e le critiche – si rivolgono in particolare a una Nota dell’INVALSI prodotta il 15 aprile scorso, «ritenuta opportuna, di fronte alle numerose domande pervenute», riguardanti appunto «la partecipazione degli alunni disabili alle prove SNV».
Non vorrei dilungarmi troppo sui sei anni finora passati ad opinare cose lapalissiane sulle discriminazioni compiute e perpetrate a danno degli alunni con disabilità dalle prove di apprendimento somministrate dall’anno di istituzione dell’INVALSI [2004, N.d.R.]. È infatti sufficiente soffermarsi su alcuni fatti recenti, nell’imminenza delle prove del presente anno scolastico, previste dal 6 al 13 maggio prossimi.
Mi riferisco in particolare alla Nota prodotta dall’INVALSI il 15 aprile scorso, che pur non avendo, a mio parere, forza di legge, arriva addirittura a contraddire le Circolari Ministeriali in materia di strumenti compensativi e dispensativi, ad esempio per gli alunni con Disturbo Specifico di Apprendimento (DSA). Infatti vi si scrive tra l’altro che «gli alunni con diagnosi di DSA partecipano alle prove SVN nelle stesse condizioni degli altri».
In linea generale, poi, ritengo che non vi siano affatto i presupposti per le opportune procedure a garanzia dei diritti di coloro che svolgeranno le prove tra i 188.000 alunni con disabilità tra i 6 e i 14 anni che i dati statistici (fermi al 1999) dichiarano frequentare le scuole italiane: essi, infatti, potranno svolgere le prove o esserne esclusi, a discrezionalità delle scuole stesse. Si scrive infatti nella Nota dell’INVALSI che «la decisione di far partecipare alle prove gli alunni con disabilità intellettiva (o di altra disabilità grave), seguiti da un insegnante di sostegno alle prve INVALSI è rimessa al giudizio della singola scuola. Questa può: 1) non far partecipare alle prove gli alunni con disabilità intellettiva o altra disabilità grave, impegnandoli nei giorni delle prove in un’altra attività; 2) farli partecipare insieme agli altri studenti della classe, purché sia possibile assicurare che ciò non modifichi in alcun modo le condizioni di somministrazione, in particolare se si tratta di classi campione».
Ma non è tutto. Se guardiamo infatti al Manuale per il somministratore – reso noto, tra l’altro, in versione definitiva solo in data 28 aprile, a pochi giorni dall’inizio delle prove – va notato che gli studenti con disabilità non vi vengono affatto menzionati e che questa carenza ha di fatto portato molti docenti – anche di sostegno – a pensare che le prove debbano essere somministrate senza nemmeno una “personalizzazione” per tutti gli alunni, quale che sia la loro condizione.
Detto infine che nemmeno le prove previste nella spefiica Sezione SID (Spazio INVALSI per la Disabilità) sono somministrabili sic et simpliciter ad alunni con una Programmazione Educativa Individualizzata, vorrei concludere tornando a levare la mia protesta per tutte queste continue decisioni discriminanti e nemmeno utili ai fini statistici: va ricordato infatti che le prove degli alunni con codice di disabilità restano agli atti della scuola e non vengono trasmesse (e quindi rielaborate) all’INVALSI. Tutto ciò rischia alla fine di penalizzare nei risultati delle prove di apprendimento proprio le scuole maggiormente inclusive, senza dar luogo a dati attendibili sulle prestazioni degli alunni italiani, o meglio di “tutti” gli alunni italiani.