Lavoro: anche qui una legge all’avanguardia, ma l’applicazione…*

Sarà quello del 30 giugno il termine ultimo per la presentazione della quinta Relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della Legge 68/99, per l'inserimento lavorativo delle persone con disabilità. Ma le premesse non sono certo confortanti e ci sono tutti i presupposti perché quanto constatato dalle precedenti Relazioni - applicazione della legge "a macchia di leopardo", con disomogeneità territoriale dei servizi offerti, oltre ad assenza di standard qualitativi di riferimento - venga sostanzialmente confermato o peggio. Ecco l'ulteriore caso di una legge italiana all'avanguardia anche in Europa, applicata però ancora con grandi difficoltà

Persona in carrozzina lavora con la fiamma ossidricaManca poco alla quinta Relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della Legge 68/99 per l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità: il 30 giugno, infatti, sarà il termine ultimo per avviare una discussione su quanto è stato fatto e quanto ancora resta da fare per garantire in Italia lavoro e occupazione a chi vive una disabilità.
La Legge 68 – per quanto ritenuta nell’Unione Europea una norma d’avanguardia nella predisposizione e nell’organizzazione degli strumenti utili al collocamento mirato delle persone con disabilità – trova nella sua applicazione “a macchia di leopardo” e nell’assenza di standard qualitativi di riferimento i suoi limiti maggiori. A ben vedere, infatti, l’ultima Relazione al Parlamento – quella del 2008 su dati del 2006 e 2007 – indicava proprio nella disomogeneità territoriale dei servizi offerti e nell’assenza di standard di prestazione il vulnus del mancato assorbimento di tante richieste di lavoro. Così anche le Relazioni precedenti. A fronte di un numero di domande in costante aumento, emergono difficoltà reali non solo nell’organizzazione dei servizi di offerta di lavoro, ma anche nella soddisfazione delle quote d’obbligo.

Al 31 dicembre 2007, dunque, risultavano iscritte al collocamento obbligatorio 768.394 persone di cui il 48% donne, a fronte dei 699.886 del 2006 e dei poco meno di 550.000 del 2005. Il 60% delle domande è ascrivibile a cittadini del Sud Italia. A questa crescente domanda – che diventa poi aspettativa per molte persone con disabilità – non corrisponde una reale messa a punto degli strumenti predisposti dai Centri per l’Impiego.
Secondo dati prodotti nel 2005 dall’ISFOL (Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei Lavoratori), emerge chiaramente la fatica di questi istituti nell’attivare quanto è loro richiesto dalla Riforma per i Servizi per l’Impiego (il cosiddetto “Pacchetto Treu”). Soltanto la metà dei Centri per l’Impiego, infatti, ha attivato sportelli per il collocamento mirato, dove non solo elaborare progetti individuali di presa in carico, ma anche pensare a nuove forme di inserimento lavorativo. E solo due terzi dei Centri sono accessibili alle persone in carrozzine o a quelle con disabilità sensoriale. Inoltre, salgono gli avviamenti al lavoro, ma a causa della crisi si abbassano le quote d’obbligo nelle aziende private che via via riducono i dipendenti.

E del resto la Legge 68 parla chiaro: il legislatore promuove l’inserimento e l’integrazione lavorativa della persona disabile. Come? Attraverso due strumenti: il collocamento mirato e le assunzioni obbligatorie. Il collocamento mirato comprende quell’insieme di strumenti tecnici e di supporto per valutare le persone (il cosiddetto “bilancio di competenze”) e inserirle nei posti più adatti alle loro capacità residue. Le assunzioni obbligatorie per quote, invece, riguardano sia gli enti pubblici che le aziende private. Incentivi alle assunzioni e convenzioni a chiamata nominativa aiutano a completare il quadro.
La riforma dei Servizi per l’Impiego ha affidato alle Regioni il compito di provvedere all’organizzazione dei sistemi regionali per l’impiego e delle politiche attive per il lavoro, riservando allo Stato un ruolo di coordinamento, secondo quanto stabilito dal  Decreto Legislativo 469/97. Con tale Decreto – decentrando alle Regioni e alle Province Autonome le funzioni e i compiti in materia di mercato del lavoro – si è sostanzialmente dato avvio a un modello regionale del sistema dei Servizi per l’Impiego, che ha permesso il superamento del vecchio collocamento basato sulle Sezioni Circoscrizionali per l’Impiego.
Promozione, orientamento, tirocini, incontro tra domanda e offerta sono diventati dunque gli strumenti d’azione aggiuntivi, mentre le nuove strutture – i già citati Centri per l’Impiego – affidate alla gestione delle Province, sono state chiamate a un nuovo ruolo di azione sul territorio, con la finalità di portare a pieno regime la funzionalità di tutti i servizi entro il 2006, in concomitanza con la chiusura della programmazione del Fondo Sociale Europeo. Un appuntamento, questo, al quale l’Italia non è arrivata prerparata, nonostante la sua Legge 68 sia, come detto, all’avanguardia.

Va ricordato infine che l’Unione Europea, nel proprio Piano d’Azione 2008-2009, aveva indicato nella messa in atto della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità e nell’elaborazione di una direttiva antidiscriminazione, una serie di strumenti utili a coniugare disabilità e lavoro: accessibilità dei Centri per l’Impiego, occupazione all’insegna di flessibilità e assistenza, inclusione attiva, misure positive e supporto al reddito per i periodi di disoccupazione.

*Testo pubblicato da «Redattore Sociale», con il titolo di Lavoratori disabili: legge 68 applicata “a macchia di leopardo”, qui ripreso, con lievi adattamenti, per gentile concessione.

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