Sta dunque per finire la “cuccagna” per noi famiglie con figli con disabilità, di solito in situazione di gravità, mai autonomi e con prospettive di vita totalmente dipendenti da altri. Finora, infatti, “abbiamo vissuto alle spalle dello Stato” e ci siamo arricchiti con l’indennità di accompagnamento… Ogni mese abbiamo “incamerato avidamente” questi 480,47 euro, benedicendo la sorte di averci regalato (?) un figlio o magari due (raddoppiando l’indennità… sai che pacchia!) con le caratteristiche giuste: quelle di «totale e permanente inabilità lavorativa al 100% e con necessità di assistenza continua, non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita». Magari qualcuno, pensando di essere spiritoso, potrebbe paragonare l’esito positivo della visita di accertamento dell’invalidità come una vincita al nuovo gioco della Sisal Win for Life – Vinci per la Vita, Spensierati e Sistemati!…
Peccato però che tra la situazione reale e l’immaginario e immaginato della vita delle persone con disabilità ci sia un abisso. Chi vive una condizione di dipendenza non produce reddito e allo stesso tempo distrugge reddito. Esaurisce il reddito della famiglia che lo accoglie (magari fin dalla nascita) oppure consuma ed erode il reddito proprio dal momento in cui si presenta la disabilità e la dipendenza nelle cure e nell’assistenza; è un consumo che non puoi programmare, dilazionare, rimandare. Ci sono situazioni che richiedono la tua presenza 24 ore su 24, che ti obbligano a rinunciare al lavoro, al riposo, a una vita sociale, a una vita matrimoniale e di relazione.
E mentre consumi pensi al futuro di questi tuoi figli disabili. Un futuro che per i figli senza disabilità è ovvio e immaginabile, ma che per loro è di dipendenza personale ed economica fino al giorno della morte. E allora ti imponi il cosiddetto “budget di sopravvivenza”, non compri né per te né per tuo marito né per i tuoi figli. No alle vacanze, no al cinema, no al ristorante, scarpe solo se serve, abiti se necessario. Li convinci che è per il loro bene, che l’obiettivo è non lasciare in eredità un fratello che peserà sui loro redditi personali e familiari.
Ma cosa significa nel concreto 24 ore su 24? Significa che se tua figlia, magari di pochi anni, 4 o 5, deve sottoporsi alla dialisi e lo fa dalla nascita, scegli di farla a domicilio tutte le notti per permetterle di avere una vita diurna “normale”. E allora trasformi la casa in un “reparto dialisi”, ti alterni con tua moglie e una notte sì e una no fai l’infermiere specializzato, il genitore forte e preoccupato, accudisci gli altri figli, vai a lavorare e cerchi di condurre una vita normale di coppia e di famiglia, cosciente che la soluzione di questo problema sarà la morte di tua figlia.
Oppure significa che tuo figlio, giovane uomo di 23 anni, va accudito come un bambino di tre anni. E allora lo alzi, lo lavi, lo asciughi, lo imbocchi, lo pulisci, lo vesti, lo metti in carrozzina, lo porti al centro diurno, poi lo vai a riprendere, gli dai la merenda, lo porti in bagno, lo rilavi, lo rivesti, lo imbocchi per cena, lo prepari per la notte.
Oppure se è il partner che subisce un trauma o una malattia degenerativa, il nucleo familiare perde il suo reddito e devi sostituirlo anche nel ruolo di genitore verso i figli piccoli o adolescenti. Devi anche decidere se abbandonare il lavoro per accudire lui o lei e i figli oppure se andare a lavorare per integrare il reddito perso. Allora, però, devi assumere una persona che ti sostituisca nella cura.
Mi fermo qui perché non è possibile fare un elenco delle situazioni in cui vivono le persone con disabilità. Sono tante, una per ogni persona e certamente non risolvibili con la sola percezione dei famosi 480,47 euro dell’indennità di accompagnamento.
Possibile che solo su di loro si possa risparmiare? Mai sentito parlare di economia di scala? Forse è il caso di fare un’economia di scala, ovvero di prendere tutte le voci e di individuare dove risparmiare, ponendo delle scale di priorità che includano il mantenimento della dignità delle persone con disabilità e delle loro famiglie.
Il Ministero del Tesoro, quello del Welfare e mettiamoci anche quello della Funzione Pubblica annunciano importanti recuperi di fondi attraverso operazioni di maquillage sulle provvidenze economiche a favore delle persone con disabilità (scusate… gli invalidi). Ben vengano, le auspichiamo, le vogliamo, ma non fatene un “roboante programma pubblicitario”, capace solo di far nascere nell’opinione pubblica – se mai ne avessimo bisogno – un sentimento di astio e rancore nei confronti delle persone con disabilità, percepite come “parassiti” e come tali da combattere ed eliminare.
Chi ne ha la responsabilità faccia ad esempio:
– pulizia profonda sui cittadini che hanno indebitamente percepito provvidenze economiche, insieme a quanti (medici che hanno certificato false invalidità nelle Commissioni e funzionari compiacenti) hanno operato per mantenere questo sistema truffaldino;
– una seria ed efficace operazione di strategia politica, arrivando ad esempio alla definizione e all’applicazione dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) e dei LIVEAS (Livelli Essenziali di Assistenza Sociale), affinché sia possibile per i cittadini accedere ai servizi necessari;
– la piena attuazione della Legge 68/99 sull’inserimento lavorativo affinché le persone con disabilità con tale capacità possano far ricorso al proprio reddito da lavoro e contribuire alla vita del Paese attraverso il pagamento delle tasse;
– l’approvazione e l’applicazione del nuovo Nomenclatore Tariffario, per permettere, tramite gli ausili, il superamento della menomazione e quindi la partecipazione alla vita sociale ed economica della comunità sociale;
– la definizione del Piano Nazionale sull’Infanzia, dove il bambino con disabilità, insieme alla sua famiglia, dovrebbe avere una visibilità ampia e non solo legata alle necessità sanitarie;
– l’applicazione dell’articolo 14 della Legge 328/00 che parla di «progetto individuale costruito sulla persona e sul suo contesto di riferimento»;
– l’elaborazione e l’applicazione di politiche economiche e fiscali sui nuclei familiari, che contengano incentivi e benefìci, sgravi e indennità per le situazioni che mettono a serio rischio di povertà le famiglie che hanno al loro interno minori, disabili e non autosufficienti;
– una seria ed efficace lotta all’evasione fiscale, per porre fine allo scandalo dei “veri parassiti”, quelli che sottraendosi al pagamento dei contributi vivono sulle spalle dei cittadini e anche sulle spalle dei cittadini con disabilità e delle loro famiglie;
– un veloce reintegro dei fondi ai Comuni derivanti dall’eliminazione dell’ICI affinché gli Enti Locali possano mantenere, migliorare e ampliare i servizi essenziali di cui per legge hanno la responsabilità. Elliminare l’ICI, infatti, è stato semplicemente un “cavallo di battaglia”, o meglio uno “specchietto per le allodole”, per attirare consenso. Si trattava infatti di un tributo locale, pagato dai cittadini al loro Comune di riferimento, controllabile e immediatamente spendibile. Chissà chi pagherà per questa distruzione.
E per tornare alla nostra indennità di accompagnamento, povera somma a disposizione di quanti si trovano per disabilità a non aver mai prodotto e a non produrre reddito, vorrei ricordare a questi “Sceriffi di Nottingham” – famosi per combattere Robin Hood – che l’azione da loro prospettata porterà a un ulteriore impoverimento delle persone con disabilità e delle loro famiglie. Un’azione che li trasformerà in ladri di dignità.
*Presidente del CND (Consiglio Nazionale sulla Disabilità).
Sui temi qui affrontati, suggeriamo anche – sempre nel nostro sito – la lettura di: Ci risiamo: ancora i «falsi invalidi», mentre quelli veri sono in ginocchio… (di Franco Bomprezzi; disponibile cliccando qui) e La FISH contro il paventato taglio delle indennità di accompagnamento, disponibile cliccando qui.