Tutto ciò lo chiediamo non per pietà, ma per diritto!

Protestano le associazioni di persone con disabilità del Torino e del Piemonte contro la Manovra Finanziaria del Governo, i cui tagli agli Enti Locali si ripercuoteranno pesantemente anche su chi ha maggiormente bisogno di interventi di sostegno. Ma protestano anche contro la Regione Piemonte, che sembra voler "rilanciare" con ulteriori propri tagli in ambito sociale. Per tutto ciò e soprattutto per chiedere la fine di un trattamento da "persone di Serie B", molte associazioni di persone con disabilità e dei loro familiari scenderanno in piazza a Torino il 1° luglio

In primo piano ruota di una carrozzina, in mezzo alla quale si vedono sullo sfondo altre persone con disabilitàNon basta – secondo il Coordinamento Interassociativo Persone con Disabilità di Torino e Piemonte, organismo cui aderiscono tra l’altro anche la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e la CPD (Consulta per le Persone in Difficoltà) – l’abrogazione del primo comma dell’articolo 10 del Decreto Legge 78/10 (Manovra Finanziaria Correttiva), che prevedeva l’innalzamento della percentuale di invalidità dal 74 all’85%, ai fini della concessione dell’assegno mensile agli invalidi civili parziali (256,67 euro mensili) (se ne legga nel nostro sito cliccando qui).
Nonostante quel provvedimento, infatti – adottato anche a seguito della forte opposizione espressa dalle associazioni di persone con disabilità – saranno proprio queste ultime, come si legge in una nota del Coordinamento, «a pagare pesantemente le conseguenze dei tagli decisi da Tremonti e dalla maggioranza di governo al trasferimento di soldi da destinare alle Regioni e ai Comuni, costretti così a ridurre i servizi destinati alle persone che hanno bisogno di interventi di sostegno».

La presa di posizione si rivolge poi anche alla Giunta della Regione Piemonte, rispetto alla quale, si scrive nel documento, «non solo essa approverebbe un taglio alla crescita del numero delle pensioni di invalidità (come sostenuto dall’assessore Elena Maccanti nel corso della seduta del Consiglio regionale del 15 giugno), anche se, in realtà, l’Italia non figura in Europa tra i principali erogatori di assegni di invalidità civile, spendendo meno ad esempio della Polonia e dell’Ungheria, ma condivide i contenuti della Manovra Finanziaria e rilancia. Infatti, nella proposta di Bilancio ora in discussione, l’assessore alla Sanità e alle Politiche Sociali Caterina Ferrero ha previsto la riduzione di 1 milione di euro per le misure sociali dedicate ai malati psichiatrici; di 4,5 milioni sulla compartecipazione sociale per la non autosufficienza e una significativa riduzione delle risorse da trasferire ai Consorzi Socio Assistenziali» (di tale questione si era occupata su queste pagine, qualche giorno fa, anche Marina Cometto, presidente dell’Associazione “Claudia Bottigelli” – Difesa dei Diritti Umani e Aiuto alle Famiglie con Figli Disabili Gravissimi di Torino. Se ne legga cliccando qui).

Per questo il Coordinamento ha deciso di promuovere un presidio per giovedì 1° luglio a Torino, di fronte alla sede della Giunta Regionale, in Piazza Castello (ore 10.30), per rilanciare a propria volta una serie di istanze, elencate nella nota citata. «Riteniamo indispensabili – vi si scrive – più soldi per progetti di vita indipendente autogestita, di vita in autonomia assistita, di cure domiciliari, di sostegno alle famiglie, per continuare a vivere a casa propria e non in istituto; chiediamo poi l’inserimento “protetto” in abitazioni civili, in gruppi di non più di quattro-sei persone e ancora, più investimenti per l’istruzione, la formazione professionale e il lavoro alle persone con disabilità. Ci opponiamo altresì allo smantellamento del servizio sanitario pubblico, il solo che può garantire la difesa della salute di tutti e diciamo basta alle barriere che ci impediscono di usare edifici, sedi di servizi e attività commerciali, e mezzi di trasporto per lo più negati a quanti si trovano in difficoltà. Soprattutto diciamo basta ai pregiudizi che ci targano come “persone di serie B”».
«Occorrono certamente soldi – conclude il documento – da far uscire possibilmente dalle tasche di coloro che non pagano le tasse, ma soprattutto scelte politiche che indirizzino diversamente l’utilizzo delle risorse disponibili: più servizi domiciliari e meno istituti, più lavoro e meno elemosine, più servizi sanitari pubblici per tutti e meno cliniche private per pochi. E tutto ciò lo chiediamo non per pietà, ma per diritto». (S.B.)

Share the Post: