Nel nostro sito ci siamo occupati in più di un’occasione delle difficoltà che a volte incontrano le persone con disabilità nell’intraprendere un viaggio aereo, difficoltà dettate anche dalla scarsa o confusa informazione del personale di volo. D’altronde, lo stesso Regolamento Europeo 1107/06, che fornisce indicazioni a tale proposito, non è chiaro in tutti i suoi passaggi: si veda a tal proposito, cliccando qui, un ampio dossier da noi recentemente pubblicato.
Abbiamo già segnalato in precendenza, anche nello stesso testo appena citato, situazioni gravi in cui dei viaggiatori con disabilità hanno subito discriminazioni senza potersi opporre. È il caso ad esempio di una donna francese cui una nota compagnia low cost ha negato il volo perché in carrozzina e senza accompagnatore. Le ragioni addotte, risultate vincenti, fanno riferimento a motivi di sicurezza. Esiste infatti una disposizione secondo cui un aeromobile deve poter essere evacuato in novanta secondi. Una persona con limitata capacità motoria e priva di accompagnatore impedirebbe la velocità di tali manovre.
In una situazione identica si è trovato anche un viaggiatore italiano, ma la sua vicenda ha avuto un esito diverso poiché la compagnia – per coincidenza la stessa – di fronte alle sue minacce legali ha preferito negoziare, ammettendo in qualche misura di non essere sicura delle proprie ragioni. Poiché il comportamento della compagnia costituisce un interessante precendente che potrebbe tornare utile anche ad altri lettori, abbiamo voluto intervistare quel passeggero e farci raccontare l’accaduto.
Vincenzo Russo è un “passeggero abituale”, nel senso che utilizza di frequente il mezzo aereo per spostarsi. Si muove in Italia e all’estero e fino alle vacanze di Pasqua del 2009 non aveva mai avuto nessun tipo di problema a questo proposito. È una persona con disabilità, che utilizza la carrozzina, ma che non ha bisogno di accompagnatori durante il volo, non assume farmaci ed è in grado di mangiare, bere e recarsi al bagno autonomamente. L’unica fase in cui necessita di assistenza è quella della salita e discesa dall’aeromobile, per via delle scale. Fase, tiene a sottolineare, di competenza dell’aeroporto e non della compagnia aerea.
Ma che cosa è successo durante le vacanze di Pasqua del 2009?
«Da Milano, dove abito, mi sono recato a Napoli per qualche giorno, in visita a mia madre. Ho prenotato online un biglietto con una compagnia low cost e ho volato tranquillamente fino a Napoli, come tutte le altre volte. Quando però, qualche giorno dopo, mi sono presentato all’aeroporto di Napoli per il volo che mi avrebbe riportato a casa, è successa una cosa inaspettata».
Fino a quel momento non aveva mai incontrato nessun tipo di problema?
«Mai. Volo spesso e mi era già capitato di volare proprio con quella compagnia senza intoppi. Fino a quel momento non mi era mai neppure stato chiesto se avevo con me un accompagnatore. Invece, la hostess di terra incaricata di farmi la carta d’imbarco a Napoli quel giorno mi pose proprio quella domanda. Non solo. Di fronte alla mia risposta negativa replicò che ero tenuto ad essere accompagnato».
Come mai, secondo lei, è accaduto questo?
«Disinformazione, credo. La donna non sapeva come comportarsi. Forse non le era mai capitata una situazione simile prima di quel momento. Tanto che alla fine decise di farmi arrivare comunque all’imbarco, con l’intenzione di confrontarsi con il comandante. Io ero arrabbiato. Dicevo: “Scusate, o avete sbagliato all’andata e mi avete fatto volare senza le condizioni di sicurezza, oppure state sbagliando adesso a mettere in discussione la mia possibilità di salire a bordo, perché la situazione è identica”».
E il comandante come si è comportato?
«Non sono riuscito a parlargli. Hanno comunicato con lui al telefono e io più volte ho chiesto di incontrarlo, ma non me l’hanno nemmeno passato. Non ha voluto confrontarsi con me. A quel punto ero arrabbiatissimo. Stavo vivendo un’umiliazione personale, una forma grave di discriminazione».
È riuscito a tornare a Milano quel giorno?
«Sì ma non con quella compagnia. Loro si sono rifiutati di imbarcarmi e non mi hanno neppure restituito il prezzo del biglietto. Ho dovuto acquistare un altro biglietto per un volo che partiva tre ore dopo con la compagnia Lufthansa, con la quale non ho avuto problemi».
Fino a questo punto la sua storia sembra del tutto idendica a quella da noi raccontata qualche mese fa, della passeggera francese lasciata a terra dalla medesima compagnia. Nel suo caso, invece, come sono proseguite le cose?
«Una volta atterrato a Milano mi sono recato da un amico avvocato e abbiamo agito subito. Abbiamo preparato una lettera in cui chiedevamo un indennizzo di 10.000 euro, altrimenti saremmo ricorsi al tribunale e avremmo denunciato la vicenda agli organi d’informazione».
Alla donna francese la compagnia ha risposto che per motivi di sicurezza il suo volo senza accompagnatore non poteva essere effettuato. Nel suo caso invece?
«Nel mio caso, invece, questa stessa compagnia non ha voluto arrivare alle aule di tribunale e ha proposto il pagamento di un rimborso di 5.000 euro, proposta che ho accettato perché l’ho ritenuta ragionevole».
Ma la compagnia ha ammesso di avere sbagliato?
«No, anche se nella lettera di accompagnamento dell’assegno c’è in effetti un riferimento a una situazione ambigua che si era creata tra il personale di terra. Però il pagamento di una somma di denaro (la metà di quanto avevamo chiesto, ma avevamo di proposito avanzato una richiesta eccessiva) dimostra che la compagnia era consapevole di avere torto».
Personalmente ritiene che la sua presenza in aereo senza accompagnatore sia in conflitto con le regole sulla sicurezza?
«Certo che c’è un problema di sicurezza. Non mi alzo dal sedile tanto velocemente quanto gli altri né deambulo altrettanto agilmente. Ma bisogna capire di cosa stiamo parlando. Anche una donna incinta, un uomo anziano, un passeggero con una gamba fratturata o cardiopatico possono causare lo stesso tipo di rallentamenti».
Il “caso Russo”, quindi, è da tenere bene a mente: le compagnie aeree non amano la cattiva pubblicità ed essere accusati di discriminazione è sicuramente una cattiva pubblicità. È importante saperlo, nell’attesa di una normativa specifica più severa e precisa o almeno di una sentenza passata in giudicato che sancisca il diritto delle persone con disabilità ad usufruire del mezzo aereo a parità di trattamento con tutti gli altri.