Conosciamo tutti i cani guida per non vedenti. Si tratta in genere di cani di grossa taglia addestrati per trainare una persona non vedente indicandole la strada e proteggendola dai pericoli che non è in grado di vedere. Conosciamo anche i cani che collaborano con la polizia e la protezione civile e che aiutano per esempio a cercare i corpi dei dispersi. Ma in Italia non sono in tanti a sapere che i cani possono aiutare l’uomo in ancora altri modi. Le loro sviluppate capacità sensoriali, olfattive e uditive, e la loro spiccata inclinazione all’obbedienza li rendono animali particolarmente adatti ad apprendere comportamenti specifici che possono essere utili alle persone con disabilità.
Chiediamo a Igor Facco, addestratore padovano in grado di formare cani per particolari esigenze, di spiegarci nel dettaglio le potenzialità nascoste del migliore amico dell’uomo.
«I cani sono in grado di apprendere comportamenti utili alle persone con limitata capacità motoria, innanzitutto. Sono in grado cioè di imparare a raccogliere gli oggetti che la persona gli indica, con un comando ad esempio vocale, e di consegnarglieli. I più bravi arrivano addirittura a raccogliere da terra una moneta, una carta di credito o un chiodo, oggetti piccoli e scivolosi piuttosto difficili da afferrare per chi non ha la mano prensile dell’essere umano. Se sono di taglia più grossa possono anche imparare a trainare la carrozzina, fungendo da locomotiva. Anche per gli anziani cani addestrati in questo modo possono essere molto utili».
Che altre capacità possono sviluppare?
«Possono diventare hearing dogs, e cioè cani per persone non udenti, in grado di segnalare i rumori e la provenienza degli stessi. I cani, cioè, possono venire addestrati a riconoscere alcuni suoni specifici, come un campanello, un bambino che piange o la suoneria di un cellulare, ad avvicinarsi alla persona non udente toccandola e, a un suo segnale, ad accompagnarla di fronte alla fonte del suono».
Ma come si fa a essere sicuri che il cane sarà sempre obbediente, non creerà mai problemi alla persona con disabilità, non gli disobbedirà e non aggredirà mai lui o terzi?
«Capita qualche volta, pur raramente, di sentire che cani per persone non vedenti abbiano morso qualcuno. Questo perché il cane percepisce la debolezza del proprio padrone, in questo caso non vedente, e assume il ruolo di suo protettore. Se un terzo rappresenta in qualche modo una minaccia nei suoi confronti, è possibile che il cane intervenga per difenderlo. Infatti, mi pare che negli autobus i cani per non vedenti debbano indossare o avere almeno vicino una museruola. Bisogna però anche tenere conto che quelli che hanno questo tipo di incarico devono essere per forza di grossa taglia ed è ovvio che la loro potenza fisica sia più significativa».
Nel senso che un cane più piccolo è meno pericoloso?
«Certo. Il cane per non vedenti non può essere piccolo perché la persona che viene trainata deve arrivare al maniglione che è legato alla sua pancia. Ma nel caso di animali che aiutano persone con disabilità motoria o uditiva si dovrebbero preferire taglie più piccole. È una tendenza questa che a dire il vero non c’è in Italia, anzi i pochi che addestrano cani con queste mansioni tendono a scegliere animali grandi. Invece secondo me il cane piccolo, oltre ad avere una minore forza nel caso di eventuale aggressione, è più gestibile dentro casa. È più facile tenerlo in generale, in macchina, in appartamento. Inoltre, è chiaro che l’addestratore gli insegna a non fare le feste saltando addosso al proprietario e lo istruisce in modo che non lo faccia inciampare. Un cane di piccola taglia si può anche tenere sulle gambe, per esempio».
Ci sono altre capacità del cane che possono venire sviluppate tramite un addestramento specifico?
«Possono imparare a lavorare utilizzando il loro olfatto, come già si fa ad esempio per cercare la droga. In particolare, vorrei segnalare una capacità che ha dello straordinario e che infatti non viene generalmente presa molto sul serio. In realtà si tratta di una scoperta che risale ormai a venti, venticinque anni fa quando, osservando dei cani utilizzati nel reparto di oncologia di un ospedale per la pet therapy, ci si è accorti che gli animali riuscivano a individuare e segnalare la presenza di particelle tumorali nei corpi dei malati. In Inghilterra e negli Stati Uniti questa loro capacità viene presa molto sul serio e regolarmente sfruttata, mentre da noi non ancora».
Come si fa ad addestrare un cane?
«Di solito si usa il metodo delle tre fasi, stimolo – risposta – premio. Si chiede al cane di eseguire un comando e quando si ottiene il comportamento desiderato lo si premia con il gioco, con delle carezze o con del cibo».
Per il cane quindi la fase dell’addestramento non è dolorosa?
«No, ovviamente non si usa nessun mezzo coercitivo, tanto più nel preparare cani che devono poi aiutare persone con disabilità. Bisogna lasciarli liberi di gestire le situazioni e non ci riuscirebbero se si sentissero repressi e spaventati. E poi, per come lavoro io e soprattutto per come ho imparato dal mio insegnante, il tecnico cinofilo Massimo Ricatti che si è formato nella sede londinese della Hearing Dogs, l’aspetto fondamentale dell’addestramento è il tipo di rapporto che si riesce ad instaurare con il cane. Un rapporto è fatto di molte cose, del prendersi cura di lui, conquistare la sua fiducia, accarezzarlo in un certo modo, parlargli in un certo modo. Comprende anche l’imparare a fidarsi di lui. Per esempio, ai cani che riconoscono le particelle tumorali si lascia agire soprattutto affidandosi al loro intuito».
Tutti i cani possono venire addestrati?
«Molti sono fissati con le razze ed è vero che ce ne sono alcune che si prestano particolarmente. Ma secondo me si può lavorare con tutti i tipi di cane, anche meticci. Si potrebbero recuperare anche quelli del canile, certo, previo test selettivo, e sarebbe un bellissimo modo di reintegrare animali destinati a vivere nelle gabbie e senza un padrone. La cosa fondamentale, ripeto, è il tipo di rapporto che si riesce a instaurare con il singolo animale».
Allo stesso modo, quindi, sarà importante anche il rapporto che si instaura tra il cane e la persona con disabilità con cui dovrà lavorare. Come si fa ad addestrare un animale senza che conosca la persona che dovrà poi aiutare?
«Giusta osservazione. Infatti, io e Massimo Ricatti, il mio insegnante, l’anno scorso abbiamo fondato U-dog, un’associazione di volontariato che ha lo scopo di addestrare cani di utilità sociale su misura. Cerchiamo di far sì che la persona cui il cane è destinato e il cane stesso possano, diciamo così, andare d’accordo e stare bene insieme. Per cui prima facciamo un’analisi preliminare di entrambi e poi procediamo lavorando sulle esigenze specifiche della persona, addestrando il cane a fare esattamente quello di cui lei ha bisogno e insegnandogli a muoversi all’interno dello specifico spazio abitativo».
In cosa consiste l’analisi preliminare della persona?
«Dobbiamo capire se è una persona a cui un animale può venire affidato, sia in termini di sensibilità, assicurandoci quindi che il cane verrà trattato amorevolmente, sia in termini pratici. Per una persona con disabilità il cane non deve essere un problema in più da gestire. Occorre trovare delle soluzioni in modo che possa dargli da mangiare e anche per l’espletamento dei bisogni occorre pensare a come si può fare nel caso specifico. Ai cani di piccola taglia destinati a vivere in appartamento, ad esempio, possiamo insegnare a utilizzare la sabbietta come i gatti. Per questo occorre supervisionare la casa e ascoltare bene le richieste specifiche della persona».
La relazione che la persona instaura con il cane che le viene affidato sarà una relazione di tipo affettivo e, come ogni relazione affettiva, avrà degli effetti curativi. Le basi della cosiddetta pet therapy si applicano anche in questo caso?
«Certamente. Instaurare un rapporto affettivo con un animale porta sempre dei benefici e in generale diminuisce il senso di solitudine, ad esempio di chi vive da solo. Massimo Ricatti lavora all’interno di progetti di pet terapy nelle carceri, con gli anziani, con pazienti psichiatrici e perfino con i bambini nelle scuole per lavorare sull’autostima e intervenire in dinamiche di bullismo. Inoltre, ci tengo a dire che il cane aiuta anche nei rapporti sociali. Mi spiego. Come associazione, ad esempio, abbiamo addestrato un cane per una persona con difficoltà motorie che cammina con l’aiuto delle stampelle. In questo caso ci siamo limitati, come richiesto, a insegnare l’obbedienza ad alcuni comandi. Ma la persona in questione ci ha detto che la presenza dell’animale l’ha aiutata anche nell’incontro con gli altri. Il cane infatti avvicina le persone, anche quelle che di fronte alla disabilità provano diffidenza».
Quanto costa avere un cane addestrato nei modi di cui abbiamo parlato finora?
«Ci può essere il costo in sé dell’animale se è di razza e in più il costo del lavoro dell’addestratore. Ma i cani di utilità sociale, per persone non udenti, non vedenti e con disabilità motoria non devono costare nulla. Occorre trovare degli sponsor, e infatti la nostra associazione si sta muovendo in questo senso. In realtà, al momento ci è difficile non solo trovare sponsor, ma anche persone con disabilità interessate alle nostre proposte».
Perché?
«Credo sia una questione culturale. U-dog non si propone di addestrare solo cani per non vedenti, ma anche cani per non udenti, i cosiddetti hearing dogs, e per persone con disabilità motoria, i cosiddetti cani protesi. Ci piacerebbe anche addestrare i cani sentinella, quelli capaci di scoprire le particelle tumorali. Si tratta di attività che non siamo abituati qui in Italia a vedere svolte dai cani e le stesse persone con disabilità non ci pensano o non si fidano. Al momento la nostra associazione ha addestrato alcuni cani per scopi dimostrativi, per cui chi fosse interessato può chiamarci e possiamo mostrargli concretamente quello che siamo in grado di fare. Ad esempio, possiamo mostrargli quello che ha imparato a fare Dafne, il cane che aiuta una ragazza con osteogenesi imperfetta appoggiandole in grembo gli oggetti che lei le indica».
Per ulteriori informazioni:
U-dog (Igor Facco), Via Mincio, 35136 Padova, tel. 339 5754872, igor@u-dog.org